L‘ennesimo anno in chiaro-scuro. Sarà ricordato così il 2022 per il vino italiano, dove a buoni risultati di mercato raggiunti dalle imprese si affiancano criticità in grado di minarne le prospettive future. La nona edizione del Forum Wine Monitor di Nomisma, che si è tenuta in data odierna a Bologna, si è posta l’obiettivo di decifrare i trend del momento per individuare le possibili traiettorie di sviluppo per il settore vinicolo italiano. Secondo stime Wine Monitor, nello scorso anno, il vino italiano ha raggiunto gli 8 miliardi di euro nell’export, con una progressione rispetto all’anno precedente del 12%. Anche la Francia è risultata in crescita, arrivando a toccare i 12,5 miliardi di euro in esportazioni nel settore vinicolo, mentre la Spagna (terzo esportatore mondiale) si è dovuta “accontentare” di un aumento di circa il 6% (raggiungendo i tre miliardi di euro).
Rispetto al posizionamento di prezzo dei vini italiani, il differenziale esistente con quelli francesi resta elevato: il nostro prezzo medio all’export dei vini fermi imbottigliati è risultato inferiore del 40% nell’anno appena trascorso, la medesima distanza esistente già dieci anni fa (e non ancora chiusa). Sul mercato interno, i dati forniti da NielsenIQ hanno invece mostrato come il 2022 abbia visto una flessione nelle vendite dei vini venduti nel canale della Distribuzione a Libero Servizio soprattutto a volume (-6,4% rispetto all’anno precedente) a fronte di un calo a valori dell’1,8%, sebbene occorra segnalare come i livelli di vendita siano risultati superiori (sia nei valori che nelle quantità) a quelli pre-pandemici del 2019.
I dati sull’export del vino
Sull’export ha pesato l’inflazione
«È indubbio come sul trend dell’export e delle vendite nel canale GDO in Italia abbiano pesato diversi fattori come l’inflazione, il cambio euro/dollaro e il rallentamento economico, ma gli stessi andamenti sottendono anche uno spostamento nei consumi del periodo estivo e di inizio autunno verso il fuori-casa, trainati altresì dalla ripresa del turismo dopo gli anni più critici della pandemia» ha dichiarato Denis Pantini, responsabile Wine Monitor di Nomisma.
Germania, il mercato tedesco è il secondo per l’export del vino italiano
Parlando di rallentamento economico, un focus di approfondimento del Forum ha riguardato la Germania, vale a dire il secondo mercato per valore dell’export di vino italiano. Grazie ad un’indagine originale sul consumatore tedesco, sono emersi spunti importanti per capire quali potranno essere i trend del 2023.
L’interesse per il vino in Germania
«Se è vero, come era presumibile, che i tedeschi ridurranno i consumi di vino a seguito dell’incerta congiuntura economica, è anche vero che questi cali non saranno indifferenziati ma riguarderanno soprattutto i consumi fuori-casa e toccheranno meno i vini bio e sostenibili. Anche per quanto riguarda l’origine, saranno soprattutto i francesi a pagare pegno, mentre quelli italiani dovrebbero soffrire meno, al pari dei vini locali» ha commentato Emanuele Di Faustino, senior project manager Wine Monitor di Nomisma.
L’analisi del mercato italiano e mondiale
Accanto agli approfondimenti presentati dagli esperti di Wine Monitor, si sono succedute testimonianze di imprese che hanno arricchito il dibattito e l’analisi dello scenario, a partire dai trend sul mercato interno con Francesca Benini, responsabile di vendite e marketing di Cantine Riunite & CIV a quelli sul mercato tedesco e internazionale con Massimo Tonini, export director del Gruppo Zonin1821, per arrivare alle performance dei vini a denominazione con il contributo dei dati esposti da Francesco Liantonio, presidente Valoritalia. Un altro importante focus di approfondimento ha infine riguardato la fase di acquisizioni e fusioni che sta portando il settore a fenomeni aggregativi tra imprese – anche come risposta alle nuove sfide di mercato – attraverso l’analisi e l’esperienza di Stefano Baldi, associate director agribusiness di CBRE, e la testimonianza di Massimo Romani, amministratore delegato di Argea.
E proprio il rallentamento economico rappresenta la principale minaccia che incombe sulle prospettive di crescita del settore vinicolo nell’anno appena iniziato. Un rallentamento previsto da mesi anche se le ultime previsioni di dicembre della Banca d’Italia stimano un Pil a +0,4% sul 2022 rispetto ad una variazione negativa (-0,2%) ipotizzata ad ottobre dal Fondo Monetario Internazionale. Certo è che se le quotazioni del gas (oggi pari alla metà del picco raggiunto a novembre scorso) non dovessero subire ulteriori fiammate, così come il prezzo del petrolio dovesse assestarsi (e qui molto dipenderà dalla situazione economica e relativa domanda energetica della Cina), anche l’inflazione – che già a dicembre ha mostrato un primo segnale di flessione – dovrebbe ridursi, portando con sé minori restrizioni nella politica monetaria europea e che, unita agli investimenti che saranno messi in atto grazie alle risorse del Pnrr, fornirebbero quello slancio necessario alla ripresa dei consumi, vino compreso.