Ripiegamento russo nel Donetsk e segni di controffensiva ucraina: cosa succede lungo il fronte
I russi hanno lasciato alcune postazioni nel Donetsk”
Le ultime settimane di guerra non hanno visto particolari cambiamenti della linea del fronte. Anzi, se guardiamo una mappa, possiamo notare che i guadagni territoriali russi sono irrisori ormai da mesi e che l’offensiva messa in atto dal Cremlino per conquistare l’intero territorio del Donbass si è arenata.
Arenata l’offensiva russa
I russi, in alcuni settori, segnano il passo: l’obiettivo annunciato il 22 dicembre scorso dal capo di Stato maggiore russo Valery Gerasimov di conquistare i confini amministrativi di Donetsk e Luhansk entro il 31 marzo non è stato raggiunto.
L’offensiva invernale di Mosca, che come abbiamo avuto modo di dire si è sviluppata in modo non eclatante, non ha ancora permesso al Cremlino di ottenere gli scopi che si era prefissato, in particolare la conquista del Donetsk lungo la linea Kupyansk-Svatove-Kreminna-Lyman.
Il ripiegamento russo dal Donbass
Nella giornata di domenica 2 aprile, il capo del centro stampa delle forze militari di Kiev, Aleksey Dmitrashkovsky, ha affermato che l’esercito russo è stato costretto a ritirarsi da alcune posizioni in direzione di Donetsk, dove le truppe ucraine stanno installando posizioni difensive, e che “sta subendo perdite significative”. Allo stesso tempo, l’intelligence ucraina indica un accumulo di attrezzature militari russe nell’area di Verkhnetoretsky, a nord del capoluogo della regione, che fa pensare che vogliano lanciare operazioni militari più rilevanti in questa direzione.
Non c’è modo di avere conferme visive di questo spostamento, ma attraverso strumenti OSINT si può notare che poco a nord e a ovest di Verkhnetoretsky, nelle ultime 2 settimane, gli scontri si sono intensificati e parimenti nella zona dell’aeroporto di Donetsk.
Le operazioni di Kiev a sud
Utilizzando gli stessi strumenti open source salta però all’occhio un altro dettaglio che può essere indicativo delle future operazioni: nella parte meridionale del fronte, lungo la linea che grossomodo da Donetsk va sino al fiume Dnepr passando per Vuhledar, Velika Novosilka e Orichiv l’attività di fuoco è andata aumentando, soprattutto nei primi quindici giorni del mese di marzo. Inoltre si può anche notare che gli attacchi ucraini effettuati in profondità (con HIMARS ma a quanto pare anche con GLSDB) lungo quasi tutto il settore meridionale si sono fatti più frequenti bersagliando depositi, centri logistici e di comando.
L’attività ucraina notata è riconducibile a ricognizioni in forze di elementi di fanteria/meccanizzati leggeri e da azioni di SoF (Special Operation Forces) e partigiani nelle retrovie. Questo “risveglio” di quel settore farebbe pensare che Kiev possa mettere in atto una controffensiva, visione condivisa anche dallo Stato maggiore russo che ha sostituito il comandante delle Forze Sud.
L’esercito ucraino sembra quindi che stia preparando il terreno per un’azione più importante, grazie a bombardamenti di artiglieria e aerei: a tal proposito sono giunte notizie di fonte ucraina che riferiscono l’utilizzo del kit JDAM (Joint Direct Attack Munition) su munizionamento dei cacciabombardieri di Kiev.
I problemi nelle operazioni ucraine
In dettaglio il territorio contestato in quel settore, in particolare intorno a Orichiv, Novoandriivka e Charovmy è ora controllato dagli ucraini. Fonti russe confermano questo schema, segnalando attacchi ucraini effettuati in modo continuativo, ma la mancanza di copertura aerea è un fattore che degrada l’efficacia di quest’attività di ricognizione in forze, pertanto non sempre gli attacchi hanno successo. In ogni caso gli ucraini, con queste azioni, sono ora in grado di capire i punti deboli di quel settore, dove i russi sono trincerati ma senza quella continuità e profondità che permetterebbe loro di resistere e respingere un assalto in forze.
Si starebbe quindi plasmando quello che avevamo ipotizzato sin dallo scorso dicembre, ovvero una controffensiva ucraina diretta verso sud, in quel settore, per arrivare sino al Mare d’Azov per tagliare le linee di comunicazione russe tra la Federazione e la Crimea, disarticolando la stessa unità del fronte. Si tratta dell’unica manovra d’attacco possibile per cercare di recuperare l’iniziativa, ormai saldamente nelle mani russe da mesi, e possibilmente costringere i russi a un cessate il fuoco da posizioni di vantaggio.
I tempi della possibile controffensiva
La tempistica sarebbe ormai stretta: entro la metà di aprile o forse l’inizio di maggio, gli ucraini avranno in teatro abbastanza personale addestrato per equipaggiare 40 Marder, 90 Stryker, 50-100 Bradley, un certo numero di M-113 (probabilmente un centianio), e circa 100 veicoli tipo MRAP. Per quanto riguarda i carri armati prossimi ad arrivare (o già presenti in linea), sappiamo di 30 PT-91 polacchi, probabilmente circa 40 T-72 cechi, 14 Challenger 2 e 30/40 Leopard 2. Si tratta di circa 100-120 MBT (Main Battle Tank) sufficienti a formare tre o quattro battaglioni corazzati, e basta un solo battaglione di questo tipo per comporre una brigata meccanizzata, che utilizzerebbe gli APC/AIFV di fabbricazione occidentale (circa 300) che Kiev può raccogliere grazie alle spedizioni effettuate dall’inizio dell’anno sino al prossimo maggio.
Quindi l’esercito ucraino avrebbe una forza d’attacco di quattro nuove brigate meccanizzate, a cui si aggiungerebbe, molto probabilmente, la 46esima brigata meccanizzata già equipaggiata con carri T-55 potenziati secondo gli standard Nato.
I dubbi dietro le operazioni di Kiev
Esistono, ovviamente, delle incognite: le azioni offensive sul fronte meridionale potrebbero essere solo un diversivo in vista di un contrattacco nella regione Donetsk-Bakhmut-Kramatorsk, e naturalmente ci sono i russi, che non resteranno a guardare un tentativo di sfondamento nel settore meridionale che permetterebbe di tagliare fuori la Crimea e il territorio a est del fiume Dnepr, lasciando così la penisola a dover essere rifornita solo attraverso il mare e il traballante ponte sullo Stretto di Kerch (che a quel punto diventerebbe un obiettivo primario per i sistemi di artiglieria a lungo raggio ucraini).
Mosca, come sappiamo, per la leva primaverile (che è partita il primo aprile e durerà sino al 15 luglio) conta di mobilitare più di 140mila uomini. Si tratta comunque di numeri in linea con la semestrale coscrizione russa: per dare un’idea, lo Stato maggiore russo ha riferito di aver incorporato 127 mila persone per la leva dell’autunno 2021 e 134 mila per quella primaverile su 672 mila uomini chiamati alle armi. Il numero di coscritti è relativamente costante anno dopo anno, con 263 mila nel 2020 e 267 mila nel 2019.
Le nuove leve di quest’anno, non vedranno il campo di battaglia prima di agosto: secondo la legge russa i coscritti non possono essere impiegati in operazioni militari se non hanno effettuato almeno quattro mesi di addestramento.
Si sta ultimando, però, l’arrivo ai reparti della coscrizione autunnale dell’anno scorso (1 ottobre – 31 dicembre) stimata tra i 120 e i 130 mila uomini. Il problema russo però è rappresentato dai mezzi disponibili, in particolare quelli pesanti come gli MBT: la mobilitazione dei T-54/55 – dopo quella dei T-62 effettuata lo scorso anno – è un segno che Mosca sta dando fondo alle sue riserve (comunque immense, va detto) di mezzi obsoleti per sostenere lo sforzo bellico.
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