Roma, 14 feb – Il trionfo alle elezioni regionali della destra si poggia su una sinistra suicida, incapace perfino di vergognarsi almeno un minimo per le sue tendenze spiccatamente lontane da qualsiasi interesse sociale e nazionale. Un mondo, quello progressista, che non è quello reale. E questo voto lo ha dimostrato per l’ennesima volta. Ma ci sono anche altre ragioni, molto più “tecniche”, per così dire, a spiegare il “capitombolo” dem.

Alle regionali trionfo della destra su una sinistra in coma

Dopo il voto di settembre, una ben poco acuta Alessia Morani aveva lamentato quali presunte “ragioni” della sconfitta del Pd e soci il fatto di non essere “credibile”. Si dirà, ha un senso. Non molto in verità, dal momento che l’esponente dem aveva elencato quali ragioni di “non credibilità” questioni come il Ddl Zan, ius scholae e le quote rosa. Ossessioni ideologiche completamente scollate dalla società e di cui, sostanzialmente, non interessa a nessuno, a parte lobby Lgbt “che non esistono” e poche altre minoranze. Non è un caso che molti abbiano legato la batosta subita dai dem nelle tornate di Lazio e Lombardia alle “prestazioni” di Fedez al Festival, sottolineando un’ovvietà: una propaganda di quel tipo, su una tv pubblica, può anche “piacere” a certi tipi di persone. Ma quando si vota, come è logico che sia, si pensa a ben altro. Dunque Lgbt e fluidosessualismo non possono minimamente spostare equilibri che sono anzitutto inerenti a quei temi socioeconomici di cui la sinistra stessa ha deciso non solo di non occuparsi, ma anche di farlo sapere agli elettori: difficile che questi ultimi votino nelle loro direzioni. Per essere gentili. E allora diventa assolutamente agile che Francesco Rocca e Attilio Fontana sfondino come presidenti delle regioni Lazio e Lombardia con affermazioni ben superiore al 50%.

I dem italiani si spaccano e si sconfiggono da soli

La seconda ragione del disastro della sinistra alle regionali appena concluse sta nell’incredibile capacità di dividersi che sta dimostrando in questa fase storica. Pd, M5s e cosiddetto “Terzo Polo” avrebbero potuto fare ciò nelle coalizioni o nelle aree politiche di centrosinistra si persegue da sempre: fingere divisione rimanendo sostanzialmente uniti. In questo caso la divisione appare più profonda che in occasioni passate, per due ragioni fondamentali: il tentativo futile dei grillini di fare concorrenza al Pd come “partito guida” del centrosinistra e le ambiguità di un “Terzo Polo” che non sa ancora cosa vorrà “fare da grande”. Allora, la frittata si fa ancora più grossa, i tre vanno divisi anche al voto e il risultato finale è che si consegnano al gruppo “Giorgia Meloni & compagnia”. I quali, senza tanti complimenti, accettano la generosa offerta. Poi, è probabile che soprattutto in questa fase politica, anche un centrosinistra unito avrebbe perso comunque, per le ragioni già sovraesposte. Ma la differenza percentuale così abissale, probabilmente, è stata favorita dalle spaccature. Insomma, il verdetto delle elezioni Regionali è chiarissimo e la vittoria della destra non è in discussione. Qualche motivo per ridimensionarla, però, esiste. Su tutti, quella di aver avuto un avversario che non ha opposto nessuna resistenza, nonostante i suoi mezzi infiniti.

Alberto Celletti

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