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L'alleanza nordica può essere una svolta nella strategia occidentale

La dichiarazione di intenti dei comandanti delle forze aeree di Svezia, Finlandia, Norvegia e Danimarca per creare una difesa aerea congiunta (Jdi) rappresenta un momento di svolta particolarmente interessante nello scacchiere strategico europeo.

La decisione, con la firma del 16 marzo avvenuta presso la base aerea di Ramstein, in Germania, si basa sulla creazione di una forza aerea composta da circa 250 aerei e con una serie di iniziative volte a rendere sempre più complementari e sinergiche le componenti aeree dei Paesi scandinavi. Una svolta di un percorso molto lungo, iniziato già negli Anni Novanta del secolo scorso, e che ora ha subito un’accelerazione legata soprattutto a due fattori: la guerra in Ucraina e la decisione di Finlandia e Svezia di aderire alla Nato. La tradizionale neutralità attiva di Helsinki e Stoccolma aveva infatti frenato, nel corso degli anni, la decisione di questi Paesi di fare blocco mettendo insieme le proprie forze.

La cooperazione tra questi Stati rappresenta però qualcosa in più di un semplice momento di sinergia reso possibile dalla futura (quanto ancora incerta) presenza dei due Paesi scandinavi nell’Alleanza Atlantica. Da un lato, infatti, va ricordato come Svezia e Finlandia, per quanto esterne alla Nato, siano da tempo del tutto ancorati alle logiche politiche e strategiche euro-americane. Dall’altro lato, proprio la possibile adesione a Bruxelles confermerebbe per certi versi la poca utilità di questa dichiarazione di intenti, dal momento che tra alcuni mesi, o al più pochissimi anni, le due forze aeree saranno perfettamente integrate nel sistema atlantico.

Proprio questi due fattori aiutano quindi a comprendere come quanto accaduto a Ramstein il 16 marzo può avere un significato strategico diverso. In primo luogo, la Jdi firmata da Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia è indice di una forte cooperazione dei Paesi del Nord Europa sotto il piano militare e politico. I quattro Stati che uniscono l’area scandinava e quella baltica, e che di fatto rappresentano l’Alto Nord così centrale per le strategie Nato, sono ormai da considerare sempre di più un blocco unico in grado di coordinarsi per rispondere alle principali sfide regionali: la Russia, in primis. Tema importante soprattutto perché, in caso di buona riuscita del modello, questo potrebbe essere anche esportato su altri domini, da quello navale a quello terrestre.

Strettamente collegato a questo tema è poi un secondo profilo, e cioè che questa nuova “mini Nato” potrebbe vedere – come accennato da Defense News – un coinvolgimento diretto di Canada e Stati Uniti in un’unica struttura di comando. L’idea, quindi, è che Washington, insieme alle varie difese europee protagoniste della nuova partnership, perori un ulteriore livello di cooperazione per l’High North all’interno della Nato. Un obiettivo che è visto con sempre maggiore interesse da parte degli strateghi Usa e di altre forze occidentali (in particolare il Regno Unito) che hanno da tempo spostato il loro focus sulla proiezione artica sia in chiave di contenimento della Russia sia di controllo delle operazioni cinesi nell’area, specialmente in vista dello sfruttamento delle risorse polari.

Questa novità può implicare quindi una forma di regionalizzazione delle forze europee o atlantiche, sempre più delegate a specifici compiti, identificate a livello geografico e con un rinnovato desiderio di cooperazione non più universale, ma settoriale.

Ciò non comporta inevitabilmente un declino dell’idea Nato, che anzi, la guerra in Ucraina ha rafforzato come elemento cardine della difesa di tutti i Paesi europei, ma può rappresentare un nuovo modello di concepire le partnership strategiche, con ulteriori alleanze utili per comporre forze adeguate a rispondere a determinate minacce o emergenze. Anche in assenza di un’appartenenza all’Alleanza, come confermato dal coinvolgimento di Finlandia e Svezia in questo progetto. L’Alto Nord, già ampiamente collaudato quanto a sinergia, può essere in questo senso un prototipo che avrebbe anche un facile gemello nell’area baltica. Più complesso il fronte mediterraneo: ma questo potrebbe anche essere foriero di partnership differenziate in base alle strategia del blocco occidentale.

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