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La storia delle armi chimiche (mai trovate) di Saddam Hussein

L’Iraq ha avuto un rapporto decennale con le armi chimiche, che cominciò a sviluppare sin dagli anni’ 60, per poi farne largo uso nella guerra contro la Repubblica Islamica dell’Iran (1980-1988). È nel giugno 1981, infatti, che Baghdad diede vita al Progetto 922, gestito direttamente dal Ministero della Difesa di Saddam Hussein. Si trattava di un progetto ambizioso che attingeva risorse e competenze dal complesso di laboratori al-Rashad, capace di produrre decine di tonnellate di gas mostarda. Secondo Nti, l’Iraq di Saddam iniziò a usare armi chimiche contro le truppe iraniane sin dal 1982, benché l’uso di tali armi in un conflitto bellico fosse vietato sin dal 1925, quando fu firmato il Protocollo di Ginevra. Nel corso della guerra – e nel silenzio tombale della “comunità internazionale”, nonostante le proteste iraniane – Baghdad continuò a impiegare iprite, gas lacrimogeni e infine l’agente nervino tabun contro l’esercito nemico: si stima che gli attacchi con armi chimiche da parte delle truppe di Hussein provocarono, in otto anni di guerra brutale, complessivamente oltre un milione di vittime iraniane entro la fine del 1988.

Durante la guerra tra Iraq e Iran, secondo quanto riportato da Al-Jazeera, circa “7.500 militari e civili iraniani sono stati uccisi dalle truppe irachene” usando gas nervino e gas mostarda. Il dato emerge da un rapporto di Shahriar Khateri, un alto funzionario dell’Opac, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche con sede a L’Aia. Tale rapporto afferma che circa un milione di iraniani sono stati “esposti” ad agenti chimici durante la guerra. Ancora oggi, a circa quarant’anni di distanza da quel conflitto, 75mila feriti ricevono ancora cure per “lesioni croniche da armi chimiche”. Un rapporto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite datato marzo 1986 descrisse come “angosciante” il numero di “vittime per armi chimiche” e l’entità e la gravità delle loro ferite.

Dalle armi chimiche contro l’Iran alla Guerra del Golfo (1991)

Gli Stati Uniti erano a conoscenza del fatto che l’Iraq impiegava al tempo armi chimiche nei confronti delle truppe iraniane. Come nota il Wilson Center, la documentazione declassificata della CIA (Central Intelligence Agency) e della DIA (Defence Intelligence Agency) degli Stati Uniti confermarono che l’amministrazione del presidente Ronald Reagan sostenne l’Iraq di Saddam Hussein contro l’Iran degli Ayatollah e chiuse non un occhio, ma due, sull’impiego di armi chimiche da parte del dittatore iracheno. In particolare, un documento declassificato della Cia datato 23 marzo 1984, dimostra che gli Usa erano perfettamente consapevoli dell’uso gas nervino da parte di Baghdad contro le truppe iraniane nella città irachena di Bassora, che nel 1987 divenne il campo di battaglia più sanguinoso dell’intera guerra, e del piano di “impiegarlo in quantità militarmente significative” entro il tardo autunno di quello stesso anno.

Il sostegno Usa a Hussein durò fino alla fine della guerra, nel 1988. Tutto cambiò il 2 agosto 1990, quando il Ràis ordinò l’invasione e l’occupazione del Kuwait, provocando la dura risposta militare degli Stati Uniti e della coalizione occidentale – la più significativa è “Desert Storm” del gennaio 1991 – e portando gli iracheni rapidamente alla sconfitta (Hussein rimase invece al potere). La Risoluzione 687 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, approvata il 3 aprile 1991 dopo la sconfitta dell’Iraq nella Guerra del Golfo, impose a quel punto il completo smantellamento dei programmi di armi di distruzione di massa dell’Iraq e di tutte le sue armi chimiche prodotte nei decenni precedenti. Tale Risoluzione delle Nazioni Unite stabilì anche che una Commissione speciale dell’ONU (UNSCOM) avrebbe supervisionato e guidato il processo di smantellamento. “Nel dicembre 1998 – riporta sempre il Wilson Center – gli ispettori dell’UNSCOM avevano supervisionato la distruzione di 38.537 munizioni chimiche piene e vuote, 690 tonnellate di agenti CW, più di 3.275 tonnellate di precursori chimici e oltre 425 pezzi di apparecchiature di produzione chiave”.

La Seconda Guerra del Golfo

Il 19 marzo 2003 una coalizione guidata dagli Stati Uniti invase l’Iraq e rovesciò Saddam. Secondo gli Stati Uniti e il Regno Unito, Saddam Hussein aveva nel frattempo rilanciato il suo programma di armi chimiche, in aperta violazione della Convenzione sulle armi chimiche del 1997. In particolare, gli Stati Uniti sostennero che l’Iraq non aveva distrutto 1,5 tonnellate dell’agente nervino VX, 1.000 tonnellate di gas mostarda, violando altresì la risoluzione 1441 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. L’accusa di Washington, tuttavia, si rivelò infondata poiché la Commissione di monitoraggio, verifica e ispezione delle Nazioni Unite (UNMOVIC – che aveva sostituito l’UNSCOM – stabilì che non c’erano prove della continuazione o ripresa da parte dell’Iraq dei programmi di armi di distruzione di massa.

Celebre a quel punto fu lo “show” al Consiglio di Sicurezza dell’Onu dell’allora Segretario di Stato americano Colin Powell del febbraio 2003: secondo Powell, infatti, Hussein, era in possesso armi chimiche e biologiche ed era legato ad al-Qaeda. “L’Iraq – affermò – ha già precedentemente violato i suoi impegni, violando 16 passate risoluzioni durante gli ultimi 12 anni. La Risoluzione 1441 non aveva a che fare con una parte innocente, bensì con un regime che questo stesso consiglio ha condannato ripetutamente nel corso degli anni. La risoluzione 1441 ha dato all’Iraq un’ultima opportunità, l’ultima opportunità di collaborare o affrontare serie conseguenze. Nessun membro del Consiglio presente durante la votazione quel giorno ebbe nessuna illusione sulla natura e gli scopi della risoluzione o su quali sarebbero state le serie conseguenze se l’Iraq non avesse collaborato”. Nonostante i dubbi sulle prove fornite da Powell, il 20 marzo la coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti invase l’Iraq e diede inizio alla Seconda Guerra del Golfo. Nel giro di pochi mesi Baghdad capitolò. Il 1º maggio 2003 il presidente George W. Bush atterrò sulla portaerei Abraham Lincoln, quella che aveva partecipato alle operazioni nel Paese, annunciando così la vittoria degli Stati Uniti. Il 30 dicembre 2006, l’ex Presidente e leader del partito Partito Baʿth, Saddam Hussein, venne giustiziato da un tribunale speciale iracheno.

Saddam Hussein era colpevole di innumerevoli crimini, ma non aveva ricostituito il programma destinato alla produzione di armi chimiche o addirittura di armi di distruzione di massa, come si evinse da un rapporto della CIA del 2004 e dalle conclusioni della commissione d’inchiesta inglese presieduta da Sir John Chilcot, secondo la quale Bush e Blair trascinarono l’Occidente in una guerra contro l’Iraq sulla base di prove inesistenti, destabilizzando un Paese e causando la morte di migliaia di civili e militari. Peraltro, nell’aprile 2003 gli stessi Stati Uniti incaricarono l’Iraq Survey Group (ISG), guidato dall’ex ispettore delle Nazioni Unite David Kay, di localizzare scorte e attrezzature sospette di armi di distruzione di massa. Tuttavia, Kay respinse l’ipotesi che ci fossero state attività significative di armi di distruzione di massa irachene dalla fine della prima guerra del Golfo. L’ex membro dell’UNSCOM Charles A. Duelfer sostituì così David Kay come capo dell’ISG e confermò la tesi infondata dell’amministrazione Bush e di Colin Powell.

Dopo il 2003

Benché le armi di distruzione di massa fossero un’invenzione – e pretesto per dare avvio al “regime change” in Iraq – va precisato, tuttavia, che il governo iracheno non aveva smaltito come avrebbe dovuto le armi chimiche che aveva prodotto nei decenni precedenti e, in particolare, negli anni ’80. Un’inchiesta del New York Times di CJ Chivers ha svelato che, complessivamente, le truppe americane trovarono circa 5.000 testate chimiche, proiettili o bombe aeronautiche, secondo interviste con dozzine di militari, funzionari iracheni e americani, e documenti di intelligence ottenuti ai sensi del Freedom of Information Act. Sebbene tutte queste munizioni siano state prodotte prima del 1991, rappresentavano un pericolo per i militari; almeno 17 soldati americani e sette agenti di polizia iracheni furono esposti ad armi chimiche. Una successiva indagine di Chivers ed Eric Schmitt rivelò un importante tentativo della CIA volta ad acquisire vecchie armi chimiche che nel frattempo erano finito sul mercato nero.

Membro dell’OPCW

Benché il Paese sia tutt’altro che stabile sotto il profilo politico, le armi chimiche sembrano essere un lontano ricordo: l’Iraq, infatti, è dal 2009 membro attivo dell’OPCW. In qualità di organo di attuazione della Convenzione sulle armi chimiche, l’OPCW, con i suoi 193 Stati membri, sovrintende allo sforzo globale per eliminare definitivamente le armi chimiche. Dall’entrata in vigore della Convenzione nel 1997, è il trattato di disarmo di maggior successo che ha eliminato un’intera classe di armi di distruzione di massa. Come sottolineato in un comunicato congiunto nel 2021 dell’OPCW e del governo iracheno, nonostante le enormi sfide affrontate, l’Iraq è riuscito ad adempiere in anticipo ai suoi obblighi contenuti nella Convenzione sulle armi chimiche. Baghdad ha infatti annunciato la distruzione dei resti del precedente programma chimico e nel marzo 2018 il direttore generale dell’OPCW ha rilasciato un certificato che acclara questo importante traguardo, chiudendo definitivamente una pagina nera della storia del Paese.

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