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La prima base all'estero dell'U.S. Space Force

La guerra è un atto di violenza sancita socialmente per raggiungere un obiettivo politico. Come disse Clausewitz, “la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi” e in quanto tale, nella storia, nessun dominio su cui gli esseri umani avanzano obiettivi politici è mai stato esente dalla possibilità di vedere una guerra.

Lo spazio, da quando ne è iniziata l’esplorazione e l’utilizzo per fini politici, economici, sociali e scientifici, è diventato pertanto uno dei domini in cui si sviluppa l’agire di quei Paesi che possono accedervi al pari di quanto avviene negli altri, ovvero quello terrestre, marittimo, aereo e, ultimo arrivato, quello cyber.

Sebbene, a livello del diritto internazionale, venga riconosciuto un uso pacifico dello spazio, questa condizione sta mutando sempre più velocemente anche per via del carattere estremamente aleatorio della legislazione vigente (l’Outer Space Treaty del 1967) che lascia spazio a interpretazioni diverse ma soprattutto non è aggiornata per includere le nuove possibilità di militarizzazione dello stesso.

Gli Stati Uniti, come altri Paesi, riconoscono che lo spazio va usato per scopi pacifici, ma si stanno preparando a difendere quel dominio in considerazione della realtà dei fatti che dimostra la volontà di alcuni attori di cercare di “indebolire” le risorse spaziali altrui attraverso azioni aggressive condotte all’interno del dominio stesso e al di fuori di esso.

Il contesto della guerra varia, e può variare da ostilità dichiarate tra avversari rappresentati da Stati sovrani, alla violenza limitata tra attori non statali, proxy e altre entità asimmetriche.

Si è sviluppato quindi un ambiente conflittuale multidominio, in cui le nuove tecnologie diventano pervasive, e soprattutto ci si trova ad affrontare un continuum altamente competitivo che include la coesistenza (o alternanza) di azioni al di sotto della soglia del conflitto armato con altre di tipo militare convenzionale, anche ad alta intensità, come ha dimostrato l’invasione dell’Ucraina.

L’analisi di questo nuovo scenario ha portato Washington nel 2019 a creare una nuova forza armata, la U.S. Space Force, per meglio gestire la multiformità del nuovo teatro bellico: una scelta in controtendenza rispetto a quella fatta dalla Russia, che invece ha accentrato i comandi con la creazione delle Vks (Vozdushno-kosmicheskie Sily), le forze aerospaziali che hanno preso il posto della Vvs (Voyenno-Vozdushnye Sily).

Il processo di sganciamento del ramo spaziale da quello aeronautico era in atto già da tempo: nel 2016 era stata creata la Smf (Space Mission Force) ovvero un reparto inquadrato nell’U.S. Air Force posto sotto il controllo diretto del Comando Spaziale (Afspc) con il compito di monitorare ed impiegare al meglio tutti i sistemi satellitari militari e di intraprendere azioni offensive e difensive volte a mantenere la supremazia americana in questo campo di battaglia. Successivamente abbiamo assistito alla nascita degli Space Corps, un reparto che dipende dal Dipartimento dell’Air Force così come i Marines dipendono dall’U.S. Navy, senza dimenticare la nascita dell’U.S. Space Command, primo vero comando “autonomo” che presiede alle attività spaziali.

Anche Italia e Francia, come la Russia, hanno deciso di accentrare in un unico comando congiunto le operazioni nel dominio aeronautico e in quello spaziale: a Poggio Renatico (Fe), il Coa (Comando Operazioni Aerospaziali) gestisce, oltre alle operazioni aeree, quelle spaziali attraverso il neonato C-Ssa (Centro Space Situational Awareness).

Negli Stati Uniti la U.S. Space Force sta plasmandosi con costanza e celermente dotandosi di comandi diffusi (come a Thule, in Groenalndia), per avere una rete di monitoraggio e gestione delle operazioni su scala globale. Nel 2020, infatti, abbiamo assistito al primo dispiegamento all’estero di un distaccamento della neonata forza spaziale statunitense in Qatar: 20 avieri del 16esimo Expeditionary Space Control Flight e del 609esimo Air Operations Center avevano preso servizio il primo settembre presso il complesso Silent Sentry della base Usa di al-Udeid.

A novembre del 2022, invece, è stato aperto il primo insediamento permanente dell’U.S. Space Force al di fuori degli Stati Uniti continentali quando alle Hawaii, presso la base Hickam di Pearl Harbor, si è tenuta la cerimonia di inaugurazione del distaccamento della forza spaziale presso il comando statunitense dell’Indo-Pacifico (Indopacom). Inizialmente è stato deciso di assegnare 21 membri del Servizio guidati dal generale Anthony Mastalir, ex comandante dello stormo preposto ai lanci spaziali di Vandenberg, in California.

Nonostante le sue dimensioni ridotte, l’U.S. Space Force Indo-Pacific svolgerà un ruolo importante nel supportare le crescenti esigenze di capacità spaziali di Indopacom come la navigazione satellitare, le comunicazioni e l’allarme missilistico. Da quell’evento, vera pietra miliare della nuova dottrina di Space Warfare statunitense che, come reso noto, è focalizzata principalmente al contrato alla Cina, la Space Force sta istituendo nuovi distaccamenti presso le forze armate statunitensi in Corea (un sottocomando all’interno di Indopacom), e in Europa, presso U.S. Central Command e l’U.S. European Command.

A metà dicembre, infatti, gli Usa hanno attivato il loro primo comando dell’U.S. Space Force su suolo straniero in Corea del Sud. Questo reparto è stato creato anche per affrontare meglio la rinnovata minaccia data da Pyongyang, che ha ripreso alacremente la sua attività di lanci missilistici (anche di vettori a lunghissimo raggio come gli Icbm – Intercontinental Ballistic Missile). La nuova unità, come si legge nel comunicato ufficiale del Servizio, “avrà il compito di coordinare le operazioni spaziali e i servizi come l’allarme missilistico, la navigazione satellitare, i tempi e le comunicazioni satellitari all’interno della regione”. La cerimonia di inaugurazione si è tenuta il 14 presso la base aerea di Osan a Pyeongtaek, 65 chilometri a sud di Seoul, dove ha sede la Settima Air Force statunitense.

Alla domanda su cosa potenziali avversari come Pechino o Pyongyang potrebbero trarre dalla formazione dell’unità, il comandante delle forze spaziali coreane, il tenente colonnello Joshua McCullion, ha detto di sperare che avrebbe un effetto deterrente. “La speranza è che vedano che siamo pronti”, ha detto. Il generale Anthony Mastalir, che ha presentato la nuova unità, ha affermato che si tratta di un esempio di “deterrenza integrata” che mette in mostra la capacità “impareggiabile” degli Stati Uniti e dei suoi alleati di proiettare potenza sulla terra, in mare, in aria e nello spazio.

Proprio l’integrazione della capacità di deterrenza sottolinea quanto già affermato in apertura: il conflitto moderno è multidominio, le minacce provengono anche dallo spazio grazie alle nuove capacità antisatellite messe in campo dagli avversari del blocco occidentale (Cina e Russia) e pertanto è necessario avere la possibilità di effettuarne il contrasto attivo. Avere un comando avanzato per la space situational awareness è sicuramente il modo migliore per poter rispondere prontamente a queste minacce.

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