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La Cina può colpire le basi Usa nel Pacifico con armi ipersoniche?

La Defense Intelligence Agency (Dia) lancia l’allarme e ricorda che la Cina sta sviluppando le possibilità di colpire le basi Usa nel Pacifico con armi ipersoniche. Paul Freisthler, capo della divisione scientifica e tecnologica della Dia, ha testimoniato la scorsa settimana di fronte al Comitato per le Forze Armate della Camera dei Rappresentanti Usa sottolineando che l’agenzia d’intelligence delle forze armate a stelle e strisce sta monitorando da vicino i progressi di Pechino.

Anzi, ha dichiarato Freisthler, la Cina è ancora più minacciosa della Russia per gli Usa in questo campo: “Mentre sia la Cina che la Russia hanno condotto numerosi test di successo di armi ipersoniche e hanno probabilmente messo in campo sistemi operativi, la Cina sopravanza la Russia sia nel supporto delle infrastrutture che nel numero di sistemi” efficaci a disposizione e secondo la Dia avrebbe in potenza le armi per colpire le basi Usa nell’Indo-Pacifico, da Guam a quelle stanziate in Corea del Sud e Giappone.

I vettori in interesse sono il Dongfeng-17 (Df-17) e il Dongfeng-41 (Df-41). Il primo è un vettore balistico a medio raggio che può colpire oltre i 1.500 km; il secondo, invece, come ha ricordato Paolo Mauri su queste colonne, è un Icbm, un missile balistico intercontinentale. I missili cinesi sono in carico alla Plarf (People’s Liberation Army Rocket Forces), l’unità missilistica delle forze armate che controlla anche i potenziali “killer di portaerei” Df-21, missili antinave dalla grande proiezione per la capacità cinese di interdizione delle coste della Repubblica Popolare.

Freisthler è lanciatissimo nell’individuare in Pechino la minaccia numero uno. La Dia, da tempo, spinge nel considerare, come il resto del Pentagono e i generali più in vista degli Usa, la Cina piuttosto che la Russia come il nemico numero uno dell’America con cui il confronto può essere diretto. E l’allarme del capo scienziato della Dia serve a mandare un monito ai legislatori di Washington sulla necessità di inseguire Pechino (e Mosca) ritenute oggi dominanti nel campo delle armi ipersoniche.

“È una sorta di corsa verso la Luna”, ha detto a Science il professor Iain Boyd, docente di Ingegneria Aerospaziale presso l’Università del Colorado. “È in gioco l’orgoglio nazionale”, ha aggiunto, ricordando che nella corsa a vettori capaci di superare Mach 5 o Mach 10 di velocità si gioca una grossa fetta della competitività militare e balistica di domani. Il Pentagono mette un miliardo di dollari l’anno nella ricerca di armi che per ora, negli Usa, sono alla fase di prototipo mentre la Cina disporrebbe già di almeno due basi di ricerca e di ben ventuno gallerie del vento per testare i suoi missili.

La Russia è concentrata sull’utilizzo di armi ipersoniche come vettori per le sue offensive balistiche in Ucraina. I preziosi missili ipersonici suppliscono alla carenza di testate tradizionali. “L’esercito cinese”, prosegue Science, “vede invece le armi ipersoniche (così come la guerra informatica e gli attacchi a impulsi elettromagnetici) come una “mazza assassina”: un termine folcloristico per un’arma che dà un vantaggio contro un nemico meglio armato”. In quest’ottica uno scenario d’impiego è chiaramente regionale: “se le tensioni dovessero aumentare su Taiwan o sul Mar Cinese Meridionale, ad esempio, la Cina potrebbe essere tentata di lanciare attacchi preventivi con armi ipersoniche convenzionali che potrebbero paralizzare le forze statunitensi nell’Oceano Pacifico”. E in quest’ottica non va sottovalutata la possibilità che la Cina armi con testate nucleari i suoi vettori, capovolgendo l’equilibrio strategico a livello regionale. Un “piano caos” che è quello che la Dia avverte gli Usa debbano impedire a tutti i costi. La corsa alla supremazia balistica continua. E nonostante i continui, minacciosi sfoggi di potenza di Vladimir Putin i pensatoi strategici Usa non hanno dubbi: la vera minaccia, qui come in altri settori, si chiama Pechino.

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