Roma, 21 mar – Ue e Italia continuano ufficialmente a “dialogare” sull’immigrazione di massa e ovviamente clandestina. Ma ogni nuova occasione di queste sedicenti aperture di Bruxelles (culminate da sostegni economici onestamente imbarazzanti, per portata e incisività, come vedremo) rappresenta il nuovo tassello di un quadro che si dimostra giorno dopo giorno inconcludente e, francamente, abbastanza triste.

L’Ue “apre” all’Italia sull’immigrazione clandestina: ma come?

L’ultima occasione è la lettera di preconsiglio che ieri Bruxelles ha inviato ai 27 Paesi membri, in vista, appunto, del Consiglio europeo in programma. Una missiva in cui si parla anche di immigrazione, la solidarietà, la ricollocazione. Insomma, tutti temi immigrazionisti, sebbene mitigati da qualche programma buttato qui e li di “controllo confini” che – ci permettiamo di fare una previsione – non ci sarà mai. O che ci sarà solo e soltanto quando i clandestini saranno sostituiti dagli ormai quasi richiesti “immigrati regolari” sul nostro territorio. Insomma, un gioco delle tre carte già visto: sposta il clandestino per far giungere il regolarizzato.

Il presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen scrive così nella missiva in cui strizza l’occhio all’Italia, ovviamente partendo dalla tragedia di Cutro come misura unica ed esclusiva di tutte le cose:  “Il terribile naufragio a largo della Calabria è stato un vivido richiamo all’urgenza della nostra azione. Una soluzione equa e duratura è possibile solo attraverso un approccio europeo e bilanciato. Possiamo raggiungere più traguardi se agiamo assieme”. Sì, è vero, si parla di “rafforzamento dei confini esterni, procedure di frontiera e di rimpatrio rapide; affrontare il tema dei movimenti secondari e assicurare un’effettiva solidarietà; lavorare con i nostri partner per migliorare la gestione della migrazione”, ma non si molla mai l’osso della cosiddetta “emigrazione economica legale”, dunque alla fine il sospetto è sempre lo stesso: i controlli saranno rafforzati quando i flussi saranno regolarizzati. Ovvero, il giochino suddetto, che poco sposta. Almeno se si vuole fronteggiare seriamente un problema verso cui prevale, per ora, la resa o la compiacenza.

La “soddisfazione” del governo e le ridicole cifre di sostegno

Per un dialogo triste è necessario che siano tristi entrambi i dialoganti. Dunque alla triste Ue e alle sue non proposte si contrappone la triste Italia con le sue “non soluzioni”. Che, ovviamente, da fonti governative, esprime “soddisfazione” per le presunte aperture di Bruxelles, anche se non si capisce bene quali siano. Peraltro in un punto della lettera la Commissione si dice pronta a “una misura di sostegno da 200 milioni per l’accoglienza, affrontando questioni chiave come l’accoglienza di minori non accompagnati, aumentando le capacità in prossimità delle frontiere esterne e soddisfacendo le esigenze di specifici Stati membri”. Insomma, più soldi per accogliere, far entrare, nell’attesa di far atterrare. Peraltro, spiccioli, se si pensa al dissanguamento di miliardi di euro all’anno che l’Italia spende per gestire solo gli approdi sulle nostre coste e relativi mantenimenti (almeno, così era prima del Covid, poi la cifra è naturalmente scesa, ma immaginiamo sia destinata a risalire vertiginosamente). Elemosine, come da tradizione di Bruxelles. Ma questo diventa perfino secondario, rispetto a una filosofia perdente su tutta la linea che si ostina a venire riproposta. Per chiudere, infine, con il trionfalismo suiì soliti ricollocamenti, ovvero la pratica più immigrazionista che possa esistere dopo quella della clandestinità regolarizzata: cifre di spartizione, di accettazione di un processo drammatico che non ha nessuna intenzione, ad oggi, di essere contrastato.

Stelio Fergola

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