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Dalle urne avviso anche ai giornali: la “resistenza” in redazione non paga – William Zanellato

La vittoria del centrodestra alle elezioni regionali è innegabile. Entrambi i candidati hanno sfondato quota 50 per cento e si sono imposti sui loro avversari. Ora, alla luce di questo dato inequivocabile, la sinistra si trova davanti all’ennesimo bivio: continuare il rimpallo di accuse tra “alleati”, a cui stiamo tristemente assistendo da giorni, oppure, al contrario, cimentarsi in una lunga seduta di autocoscienza.

Noi, per il bene di un dibattito politico sano, preferiremmo la seconda. Il consiglio non è indirizzato solo alle opposizioni parlamentari, ma anche a chi, come i giornali cosiddetti “progressisti”, non fanno altro che impartire lezioni all’Esecutivo di centrodestra.

Siamo sicuri che il racconto battagliero di alcuni quotidiani abbia giovato alla sinistra? Siamo certi che l’atteggiamento da resistenza partigiana nei confronti delle “destre” al potere abbia mobilitato i lettori, e gli elettori, di sinistra? La risposta è nei numeri delle copie vendute e nelle urne vuote.

La distanza tra stampa e realtà

Una riflessione che va in questa direzione è arrivata da Paolo Mieli, saggista e firma del Corriere della Sera. Il coro dell’intellighenzia rossa, tra commenti surreali, musi lunghi e arrampicate sugli specchi, è stato spezzato da un solista. “Dovremo iniziare a fare una riflessione su come stiamo raccontando la realtà politica”.

Questo il mea culpa più unico che raro del giornalista che, per una volta, centra il punto della questione: la distanza siderale tra il racconto giornalistico e la realtà. Colmare questo gap è un obiettivo che, sia per questioni ideologiche che politiche, sembra del tutto fuori portata. Ridurlo al minimo potrebbe essere una giusta via di mezzo. Di questo lungo e tortuoso processo, al momento, non v’è traccia.

Solo nell’ultimo mese sono molti gli esempi che non ci fanno ben sperare. Se prendiamo i primi 100 giorni dell’Esecutivo Meloni come orizzonte temporale, sono due le grandi questioni che hanno aumentato la distanza tra giornali “progressisti” e realtà: da un lato lo scontro verbale Eliseo-Palazzo Chigi e, dall’altro, il caso Cospito e il suo riverbero parlamentare.

Schierati con Macron

In merito al primo grande nodo, i quotidiani di sinistra l’hanno combinata grossa. Oltre a descrivere un “isolamento” dell’Italia, smentito nei fatti, in sede europea e internazionale, hanno aggravato la loro posizione schierandosi di fatto con il numero uno dell’Eliseo, Emmanuel Macron.

Quella dell’isolamento italiano, oltre ad essere una ricostruzione ad hoc più volte utilizzata contro gli esecutivi di centrodestra, Silvio Berlusconi ieri Giorgia Meloni oggi, è una narrazione che colpisce tutte le istituzioni italiane.

Compiacersi di un presidente del Consiglio ai margini dei vertici che contano, come quello tra Volodymyr Zelensky, Emmanuel Macron e Olaf Scholz, non è un buon servizio per l’Italia e per i suoi cittadini. La solita distanza: elettori da una parte, giornali progressisti dall’altra. Due strade parallele.

Dal caso Cospito al caso Donzelli

Il caso Alfredo Cospito, l’anarchico detenuto al 41-bis, ne è una ulteriore prova. Invece di prendere seriamente il pericolo anarchico, si sono scagliati contro il duo Donzelli-Delmastro, rei di aver diffuso carte “segrete” in Parlamento. E come se non bastasse, dopo la smentita ufficiale del Guardasigilli Carlo Nordio a discarico dei due esponenti di Fratelli d’Italia, alcuni giornali hanno continuato imperterriti ad attaccare l’Esecutivo. Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.

La realtà che raccontano, o meglio si raccontano, i grandi quotidiani di sinistra è lontana anni luce dalle sensibilità degli elettori. I due esempi sopraccitati, che per comodità abbiamo preso, rappresentano solo una minima parte del racconto surreale della sinistra.

La risposta degli italiani

La risposta degli italiani è arrivata in occasione delle consultazioni regionali in Lazio e Lombardia: i candidati, Francesco Rocca nel Lazio e Attilio Fontana in Lombardia, hanno entrambi superato il 50 per cento dei voti. Le opposizioni, divise anche alle regionali, non sono mai state in gara.

Il governo di destra-centro, isolato sul piano internazionale, nelle grane sul caso Cospito e attaccato sul piano culturale e mediatico a Sanremo, è vicino alla disfatta. Al momento, giova ricordarlo, governa “solo” 15 regioni su 20. Il capro espiratorio, nemmeno a dirlo, è stato trovato anche questa volta: l’astensionismo galoppante.

E allora, archiviato il caso Donzelli, messo da parte il gelo con la Francia, l’intellighenzia rossa ha un’altra, l’ennesima, carta da giocare. Giorgia Meloni, finché questa è l’opposizione politica e culturale, può dormire sonni tranquilli.

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