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Cosa aspettarsi dalla visita di Giorgia Meloni in Libia

Dopo la visita in Algeria, la prossima tappa internazionale di Giorgia Meloni riguarderà la Libia. Una scelta importante e, in fin dei conti, anche obbligata. Se Palazzo Chigi vuole imprimere un’accelerazione alla propria politica estera partendo dal nord Africa, impossibile non pensare a una trasferta a Tripoli.

Il dossier libico peraltro abbraccia diversi interessi seguiti dall’attuale governo: forniture di gas, immigrazione e il cosiddetto “piano Mattei” per l’area del Mediterraneo allargato. La visita di sabato è quindi molto importante. E arriva, tra le altre cose, in una fase cruciale per il Paese a noi dirimpettaio.

Le “tappe” che hanno condotto al viaggio di Giorgia Meloni in Libia

La missione diplomatica della Presidente del Consiglio non è arrivata casualmente. Al contrario, è stata preceduta da altre missioni sia della stessa Meloni che del ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Quest’ultimo nei giorni scorsi è stato in Egitto, Paese confinante con la Libia. Qui il titolare della Farnesina ha parlato con il presidente Al Sisi e con il suo omologo egiziano, Sameh Shoukry. La stabilizzazione della situazione a Tripoli è stato uno dei temi maggiormente discussi. Al pari ovviamente anche della questione energetica, con Il Cairo sempre più importante quale partner economico.

Pochi giorni invece Giorgia Meloni si è recata ad Algeri. Anche in questo caso, energia e situazione in Libia sono stati tra i temi principali affrontati. Nel giro di una settimana, sia la Presidente del consiglio che il Ministro degli Esteri hanno quindi visitato due capitali nevralgiche per l’area nordafricana.

Dopo Il Cairo e Algeri, Tripoli ha quasi rappresentato lo sbocco naturale dell’iniziativa diplomatica italiana volta a ridare vitalità alle politiche di Roma nell’area mediterranea.

Pronta la firma su un accordo tra Eni e Noc

La Libia, ancora una volta, è alle prese con il mai risolto problema del frazionamento interno. Da quando Muammar Gheddafi è stato ucciso nel 2011 e il suo regime ribaltato, il Paese non ha più trovato un governo unitario. Oggi a contendersi il potere sono il premier Abdul Hamid Ddeibah, riconosciuto dall’Italia e dalle Nazioni Unite, e Fathi Bashaga. Ossia l’ex ministro dell’Interno del governo di Fayez Al Sarraj, in carica fino al 2021, votato capo dell’esecutivo dal parlamento stanziato a Tobruck. Un esecutivo però con scarso appoggio e riconoscimento internazionale.

Di questa divisione Giorgia Meloni dovrà tenerne conto. Le prime indiscrezioni su alcune intese che verranno siglate a Tripoli, hanno già scatenato l’ira di Bashaga. In particolare, come anticipato dal presidente della Noc (National Oil Company) Farhat Bengdara ai media libici, sarebbe pronto un accordo da otto miliardi di Euro tra la stessa Noc e l’Eni. L’obiettivo riguarderebbe la creazione di due nuovi impianti offshore per il gas e il trasporto di 24 milioni di metri cubi di gas metano al giorno verso l’Italia.

Appresa la notizia, Bashaga ha subito messo in chiaro l’intenzione di boicottare l’eventuale accordo. “Sono sorpreso per la missione a Tripoli del premier italiano e gli incontri con un governo il cui mandato è scaduto – si legge in una dichiarazione diffusa dai media locali – e che dunque non avrebbe più alcuna legittimità”. L’allusione è al fatto che il governo di Ddeibah sarebbe dovuto rimanere al suo posto soltanto fino al dicembre 2021, data di elezioni tuttavia mai tenute.

“Sappiamo – ha proseguito Bashaga – di un accordo misterioso nel settore petrolifero tra Eni e la Noc: lo Stato libico non si atterrà ad alcun accordo dallo scopo ed esito sospetto, se è il caso si ricorrerà alla magistratura”. Le dichiarazioni di Bashaga indicano tra le altre cose che, molto probabilmente, la Presidente del consiglio si vedrà soltanto con le autorità di Tripoli e non anche con quelle del “governo parallelo”.

Il dossier immigrazione

Un altro tassello importante della visita di Giorgia Meloni ha a che fare con il nodo immigrazione. Non a caso, assieme a lei e ad Antonio Tajani, a Tripoli è atteso il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Dalla Libia parte la maggioranza dei barconi che raggiungono le nostre coste. Un problema che negli ultimi mesi è diventato ancora più grave: se prima infatti le basi di partenza per gli scafisti erano rappresentate solo dai porti della Libia occidentale, adesso le imbarcazioni salpano anche dall’est. Da quella porzione di Paese controllata dal Libyan National Army del generale Khalifa Haftar, altro attore importante nello scacchiere libico.

Haftar ha la sua base operativa alle porte di Bengasi, sembrerebbe più vicino a Bashaga che a Ddeibah, ma sono oramai risaputi anche i suoi legami con Tripoli. Ad ogni modo, il governo italiano proverà a strappare ai libici promesse più concrete sul pattugliamento delle coste e su una gestione meno torbida dei centri di detenzione. Strutture non lontane da critiche e polemiche per le condizioni di vita dei migranti che aspirano a partire verso l’Italia.

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