Il politologo sulla linea estera del nuovo Pd è sicuro: “Schlein confermerà la linea di appoggio all’Ucraina assunta dal precedente segretario, Enrico Letta”. E sulle alleanze: “È giusto che, qualora si trovino temi comuni, si imposti una collaborazione proficua con il Movimento”
Emancipazione, giustizia sociale. Al fianco “dell’Italia che fa più fatica”. Elly Schlein all’assemblea del Pd che ha ratificato la sua elezione alla segreteria nazionale del partito ha rimarcato punti rassicuranti e identitari. È andato tutto come doveva andare: nessuno strappo. E Stefano Bonaccini incassa i dividendi di un fair play autentico, con l’elezione a presidente del Pd. “Quella di Bonaccini è stata una scelta obbligata, ma il suo atteggiamento realmente collaborativo da tanto mancava nel Pd”. Lo dice a Formiche.net il politologo e già docente di Unibo, Piero Ignazi.
Professore, il governatore emiliano-romagnolo è stato coerente. Non se lo aspettava?
Non mi colpisce la coerenza, ho letto invece con grande favore la sua capacità di garantire stabilità e unità al Pd. Un fatto non scontato. L’atteggiamento assunto è quello di un vero leader. Nonostante, immagino, una grande delusione per la mancata scalata alla segreteria.
Il leader, ora, è Elly Schelin.
Sì, e mi pare che l’inizio sia stato più che positivo. Sia per le scelte fatte all’interno del partito, sia per le prime prese di posizione che ha tenuto sui temi dell’agenda politica, a partire da quello sui migranti.
Ora c’è spazio per un ritorno al campo largo con il Movimento 5 Stelle?
Penso sia molto presto per parlare di alleanze. Bisognerà vedere se ci saranno temi comuni sui quali lavorare. Ed è giusto che, qualora si trovino, si imposti una collaborazione proficua con il Movimento 5 Stelle.
E con il Terzo Polo? Calenda non è stato particolarmente lusinghiero neo confronti di Schelin.
Calenda cambia idea ogni mezz’ora. È capace di dire tutto e il suo contrario. Non è, in ogni caso, un partner particolarmente affidabile.
Molti temono per la linea che Schlein possa assumere sulla politica estera e in particolare sull’Ucraina. Lei come la vede?
Mi sembra un timore infondato. Schelin confermerà la linea di appoggio all’Ucraina assunta dal precedente segretario, Enrico Letta. Peraltro è bizzarro che i timori in questo senso si concentrino su Elly e non su un leader di governo, Silvio Berlusconi, che non fa mistero della sua amicizia con Putin.
Non teme che il Pd con Schlein perda la sua antica vocazione maggioritaria?
Non conosco nessun partito che voglia prendere pochi voti. Tutti vogliono ampliare la loro base elettorale. Così succederà con il Pd guidato da Schlein.
Pare che in questo nuovo corso ci sia spazio anche per gli ex democristiani: Castagnetti ne è un esempio.
Anche questo non mi stupisce. Il Pd è sempre stato un partito plurale. Continuerà ad esserlo, anzi forse lo sarà ancora di più.
Un ultimo accenno all’esito delle primarie. Come si spiega il fatto che il risultato dell’elettorato abbia ribaltato quello degli iscritti che avevano incoronato Bonaccini?
Schlein ha interpretato la voglia di cambiamento e la grande partecipazione ha dimostrato questo aspetto. Ma la discrasia tra i due esiti conferma ciò che sostengo da sempre: le primarie vanno abolite.