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Vi spiego il voto degli italiani dal '46 a oggi. Parla Risso (Ipsos) – Formiche.net

Un saggio che traccia una panoramica delle dinamiche e degli esiti elettorali dal 1946 al 2018. Una corposa raccolta di numeri e un’analisi approfondita degli orientamenti politici degli italiani a cavallo delle fasi storiche del Paese. I politologi Ignazi e Wellhofer e il direttore scientifico di Iposos: “Chi nel 1987 votava Dc, per il 50% nel 2018 ha votato un partito di centrodestra. Chi invece votava Pci negli anni ’80, per il 62% è rimasto nell’alveo del centrodestra”

Un lungo viaggio nella storia della nostra Repubblica. Dal 1946 al 2018. Partiti, tendenze elettorali, orientamenti basati su condizioni sociali, congiunture economiche, età e sesso. Una vera e propria mappa che ripercorre, tra gli altri, i cambiamenti dei partiti della Prima Repubblica (dal 1953 al 1992), fino alla Terza Repubblica e alle penultime consultazioni politiche. È tutto racchiuso nel libro Elezioni e partiti nell’Italia repubblicana (il Mulino), scritto a sei mani dal politologo Piero Ignazi, il docente dell’università di Denver Spencer Wellhofer e dal direttore scientifico di Ipsos Enzo Risso. In vista della presentazione a Bologna (il prossimo 2 febbraio alla Feltrinelli di piazza Ravegnana), proprio il direttore dell’agenzia di sondaggi anticipa a Formiche.net i contenuti salienti del saggio.

Numeri, tendenze, analisi di comportamenti elettorali. Ma anche una lezione di storia della politica italiana dal Dopoguerra a oggi. Che tipo di lavoro avete fatto?

Il testo comprende un’analisi dettagliata e complessiva dei dati elettorali delle consultazioni politiche dal 1946 al 2018. C’è una mappatura dei cambiamenti a cui i partiti sono andati incontro durante la Prima Repubblica. Le evoluzioni del Pentapartito, fino all’anno di Tangentopoli. Non solo: abbiamo analizzato le relazioni tra le caratteristiche economiche e i risultati elettorali dal 1953 al 2018, oltre al “contributo” dei singoli partiti, prendendo in esame anche il fattore della “religiosità”.

C’è poi una sezione che prende in esame un campione di elettori e i loro orientamenti dal 1987 al 2018, anche in base al sesso di appartenenza, alla classe sociale e all’età.

Sì, e da questo campione emergono diversi aspetti interessanti proprio su come, una volta dissolti alcuni partiti, gli elettori hanno orientato le loro preferenze. Chi nel 1987 votava Dc, ad esempio, per il 50% nel 2018 ha votato un partito di centrodestra. Un 23% il centrosinistra e un altro 23,5% il Movimento 5 Stelle. Parimenti, chi votava Pci nell’87, cinque anni fa ha votato per il 62% un partito di centrosinistra, per il 22% il Movimento 5 Stelle e per il 9% una formazione di centrodestra.

Quali sono i “profili” di elettori che avete individuato?

Ce ne sono diversi. I fedelissimi, rappresentano il 23%: sono coloro che  dal 94 in poi hanno sempre votato per lo stesso partito (anche se ha cambiato pelle). Poi ci sono gli ondivaghi di area, che hanno votato diversi partiti ma sempre nella stessa area politica e rappresentano il 15% del campione. Ci sono poi i “mutanti confluenti”, che sono coloro che hanno votato per partiti di aree differenti o hanno cambiato il voto del partito perché non c’era più il partito di riferimento (il 6%). Gli arrabbiati, sono coloro che, al netto della tradizione politica a cui appartenevano,  hanno votato nel 2018 per il Movimento 5 stelle. E sono il 13%. Non mancano gli astensionisti doc, che mai sono andati alle urne: il 20% del campione. I “ritornanti” sono quelli che hanno votato per un’area, poi si sono astenuti, poi sono tornati a votare per uno stesso partito e consistono nel 7%. Infine, ci sono le new entry: coloro che hanno votato per la prima volta e rappresentano il 14%. 

Alla luce di questa grande fluidità dell’elettorato, ha ancora senso parlare di schieramenti, di destra e di sinistra?

Ha senso nella misura in cui li si considera attraverso nuove coordinate e mutazioni che gli schieramenti stessi hanno subito. In sostanza le parti politiche si sono de-ideologizzate, ora il confronto è tra chi immagina una società più protezionista e chiusa e dall’altra chi immagina una società più aperta e dialogica. In più il campo politico non è solo rappresentato da un asse politico orizzontale, ma ne è intervenuto uno verticale che mette in contrapposizione élite e popolo. Quest’ultimo, nel 2018, rappresentato dal Movimento 5 Stelle. Mentre l’élite, anche attualmente, è identificata da Terzo Polo e Forza Italia.

Più che un saggio di politica, è possibile considerare il vostro volume una sorta di strumento per chi vuole fare politica?

Non solo, ma anche per chi vuole conoscere sulla base di dati reali, le dinamiche elettorali e politiche del nostro Paese. È un libro che a suo modo rappresenta un elemento di unicità.

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