Roma, 1 mar – Ora il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi “invita” i clandestini – o per meglio dire, potenziali tali – in Italia. Il titolare del dicastero, dopo la tragedia di Cutro e le penose accuse delle Ong al governo, è entrato evidentemente nel proverbiale “pallone”, gestendo la situazione nel peggiore dei modi possibili. Vediamo perché.

Piantedosi, la retromarcia umiliante sui clandestini: “Veniamo noi a prendervi”

Cominciamo col dire che il ministro ha ragione almeno su una questione. Nella fattispecie, quando sottolinea come il naufragio non c’entri assolutamente nulla con le nuove regole “imposte” (con tutte le virgolette del caso) alle Ong e quindi a chi – di fatto – incoraggia e attrae tutti gli altri sbarchi sulle nostre coste, pur non gestendone la maggioranza (come dimostrano chiaramente i numeri di arrivi del 2018 e del 2019: poche Ong al lavoro ha significato anche molti meno attracchi cosiddetti “fantasma”, con buona pace degli immigrazionisti). Il punto è esattamente quello: le nuove regole non stanno impedendo in nessun modo lo sbarco di clandestini in Italia, di conseguenza ha veramente poco senso prendersela – anche nell’ottica della solita propaganda dell’accoglienza – con il governo per la tragedia avvenuta a Crotone.

Poi, certamente, c’è la questione principale. Un ministro che torna indietro su precedenti e già goffe dichiarazioni, quando si mette nei guai sottolineando un concetto magari anche plausibile, ma espresso in modo pessimo, considerato il dominio culturale degli immigrazionisti sempre pronto ad azzannare. Quasi a “incolpare” i clandestini, che non dovrebbero affidarsi a chi mette a rischio la loro vita: “Chi scappa da una guerra non deve affidarsi a scafisti senza scrupoli, devono essere politiche responsabili e solidali degli Stati ad offrire la via di uscita al loro dramma”, aveva detto. Il ragionamento di per sé non è sbagliato ma cammina su un sentiero delicato che, di fatto, lo fa finire nel tritacarne degli immigrazionisti. Così, dopo la scontata reazione e stigmatizzazione di Ong e sinistra, il ministro cambia di nuovo e lo fa ancora una volta nel modo peggiore, invitando, in pratica, organizzazioni e naviganti illegali a proseguire nelle loro attività di “trasporto” con queste parole, riportate da Tgcom24: “Fermatevi, verremo noi a prendervi. Questo è il senso dei corridoi umanitari”. Passaggi dialettici che denotano una caratteristica dannosa, specie si guida un ministero tanto importante: la debolezza.

La mancanza di polso è tutto

Dopo quattro mesi di mandato si può iniziare a tracciare una riga. Il ministero dell’Interno è complicato, uno dei più complicati e delicati che un governo debba controllare, in una fase storica come questa che, da dieci anni ma forse anche da trenta (se dobbiamo essere davvero precisi, l’immigrazionismo comincia a Brindisi, non certo dopo la guerra in Libia), affronta un problema come quello della clandestinità in modi mai visti nel passato più remoto. Ma i problemi complicati esigono risposte risolute e, soprattutto, sicurezza e coraggio. Il ministro Piantedosi finora ha dimostrato tanta incertezza. Prima “girando intorno” al problema degli sbarchi, tentando di scoraggiare invano Ong che hanno tranquillamente aggirato i suoi presunti ostacoli (continuando, in compenso, a lamentarsi di non si capisce cosa, e ovviamente strumentalizzando vergognosamente la tragedia di Crotone e prendendosela con un governo finora che non ha – di fatto – ostacolato il processo di immigrazione e di sbarchi clandestini), poi cincischiando, come in questa occasione, tra parole facilmente attaccabili dai signorotti dell’immigrazionismo e altre in cui, in pratica, li asseconda pienamente. Perché i signorotti dell’immigrazionismo sono senza scrupoli: e affrontarli in questo modo significa, praticamente, sottomettersi in un solo giro di Monopoli.

Stelio Fergola

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