Quando si parla di identità di brand (brand identity) i fattori che devono essere presi in considerazione per chi opera nel mondo della ristorazione sono molteplici. Si tratta di una combinazione unica di azioni che l’azienda ambisce a costruire e consolidare nel tempo, a supporto della promessa che si impegni a mantenere nei confronti dei consumatori. Ma quale è il modo per entrare nella mente del consumatore e convincerlo fino a farlo riconoscere in un marchio?
Quando l’identità lascia il segno il fatturato e la notorietà di un ristorante aumentano
Giacomo Pini, imprenditore, Ceo e fondatore di GpStudios, azienda di consulenza e formazione in ambito ristorazione e turismo, nonché autore dei fortunati libri “Risto Boom. Crea il successo del tuo locale“, “L’Arte del Breakfast” e “Il marketing territoriale dell’Italia che non ti aspetti. Come vendere i luoghi magici fuori dai circuiti turistici commerciali“, insieme al suo staff riorganizza i modelli di business, la comunicazione, la strutturazione dei servizi, il pricing e anche l’identità di brand delle aziende della ristorazione. Per il fondatore di GpStudios diventare un brand di successo è un obiettivo ambizioso ma solo chi riesce a pianificare e mettere in atto strategie ben pensate può arrivare a raggiungerlo.
Giacomo Pini
Dilemma: ristrutturare il format o costruire la propria brand identity?
La prima domanda da porsi per un imprenditore che opera nel mondo della ristorazione è sicuramente questa: «Viene prima la strutturazione del format o la costruzione della brand identity nel mondo della ristorazione?».
«È un po’ come dire “prima l’uovo o la gallina?”. Scherzi a parte, la realtà è che… dipende – ha spiegato Giacomo Pini – Certo è che in un classico progetto di startup o riposizionamento di un locale di ristorazione come tanti che abbiamo seguito in GpStudios, l’iter vuole che prima si crei il format poi si passa alla brand identity, difficilmente avviene il contrario. Questo perché la brand identity racchiude l’immagine che vogliamo dare del nostro locale al pubblico, quindi, se in primo luogo non definiamo chi siamo, cosa offriamo, a chi e come è difficile costruire poi una anagrafica visiva che calzi a pennello. È vero però che a volte arriva prima il brand del format. Basta pensare al Tommy’s Cafe, di recente apertura a Milano, il primo caffè al mondo del noto marchio di moda Tommy Hilfiger. Qui, l’identità del locale di ristorazione diventa estensione del brand principale, assumendone tutti i valori e traslandoli dal mondo del fashion al mondo del food.
L’interno del Foxtail Cofee di Miami, realizzato in partnership con il brand di Tommy Hilfiger
Il percorso mnemonico della brand identity
Per Pini i brand e quindi i locali e le attività di ristorazione si fanno ricordare se sono stati in grado di mettere sullo stesso piano tre elementi: ciò che vogliono essere, ciò che mettono sul mercato e ciò che i consumatori desiderano. «In questo modo è possibile far sì che la brand identity (quello che il ristorante vuole essere) sia omogenea e coerente con la brand image (quello che il cliente percepisce), aumentando dunque la brand awareness (il livello di riconoscibilità e dunque notorietà del brand stesso) – ha spiegato il fondatore di GpStudios – Questo significa avere bene in mente concept e modello di business, altrimenti finiamo per creare un marchio che a livello di comunicazione è fortissimo, ma si trasforma in una stella cadente, volando in alto per bruciare velocemente e finire nel nulla. E attenzione che brand non significa solo logo! Un brand per farsi ricordare deve costruirsi un’identità che sappia andare oltre gli elementi visivi. Certo, il primo impatto è importante, ma la realtà è che un brand deve trasmettere attraverso la sua identità un’idea e dei valori, generare emozioni e ricordi, deve essere legato a un gesto, un’attenzione, deve creare una relazione. Come? Attraverso, ad esempio, un jingle (“da da da da da, I’m lovin it!” Cosa fa venire in mente? La colonna sonora e un noto slogan di Mcdonald’s, ndr) o un payoff (è una frase breve associata normalmente al logo di un’azienda, ndr), un gadget o un cadeaux lasciato al cliente, una frase detta al momento giusto da chi ha diretto contatto con loro».
Un brand per farsi ricordare deve costruirsi un’identità che sappia andare oltre gli elementi visivi.
L’obiettivo prioritario: soddisfare i bisogni del cliente
Su cosa bisogna lavorare quindi per far sì che la propria attività rimanga ben impressa nella mente del consumatore? «Innanzitutto, bisogna prendere il proprio posto sul mercato vedendo quali sono i bisogni dei consumatori, quali sono le tendenze e come possiamo coprire noi eventuali lacune – ha evidenziato Pini – Mi viene in mente il caso di Vegery, la piattaforma di delivery che raccoglie tutte le proposte vegane e vegetariane dei ristoranti vicini all’utente che la utilizza. A partire dal semplice quanto efficace ascolto delle esigenze del mercato, sia lato ristoratori sia lato consumatori, ha trovato uno spiraglio per entrare con una proposta di servizio efficace e vincente sul mercato. Se partiamo con una soluzione che incontra il bisogno del cliente, già abbiamo fatto centro, e più è ampia la platea di clienti di cui riusciamo a soddisfare i bisogni meglio è, ovviamente. Più facile sarà la crescita, il passaparola positivo, la risonanza e la notorietà del locale. In altre parole, maggiore sarà il fatturato e prima si avrà un ritorno sull’investimento sostenuto per lo sviluppo della brand identity e tutto ciò che è di contorno: analisi del mercato, consulenza grafica, insegna, divise, menu e in generale declinazione del pacchetto visivo e comunicativo su tutti i materiali di comunicazione online e offline».
Quanto pesano i costi di marketing in un progetto di startup
Sicuramente l’investimento marketing per una startup è molto più elevato, questo proprio perché bisogna sostenere tutti i costi vivi della costruzione dell’identità di marca e lanciare il locale. «Il budget da destinare a questi elementi e da inserire nel proprio business plan varia sulla base di diversi aspetti – ha dichiarato Pini – A partire dal format: se il mio locale vuole essere una dark kitchen o una ghost kitchen non avrò bisogno di un’insegna ben visibile su strada; al contrario se sono un ristorante dalla metratura importante in una zona di periferia, devo assolutamente rendermi visibile proprio a partire dall’insegna. Poi c’è da pensare anche alla zona geografica, al livello di concorrenza sul mercato, a chi sta aprendo il locale e al suo team di collaboratori».
Un ristorante dalla metratura importante in una zona di periferia deve assolutamente rendersi visibile a partire dall’insegna
Investire in brand identity quando si ha un locale già avviato
Non è invece sempre immediato capire come e quanto investire in brand identity quando si ha un locale già avviato. Per Giacomo Pini le strade sono principalmente due da percorrere. «Se si percepisce nella propria attività una debolezza nel saper attirare l’attenzione e convertire clienti potenziali in clienti paganti si può lavorare per ripensare il modello di business, e in questo caso si potrebbe pensare di passare a un vero e proprio riposizionamento del locale a partire da o passando per un processo di rebranding, una revisione dell’offerta, e una conseguente riformulazione dei codici comunicativi. Oppure, se l’identità è solida e davvero in linea con ciò che è l’immagine che vogliamo dare e i valori che vogliamo trasmettere anche tramite i nostri piatti, i nostri prodotti e servizi, allora bisogna lavorare sul percepito. Perché i clienti non percepiscono il tuo valore aggiunto? Dove sta la lacuna, il buco nero che fa in modo che il cliente non capisca perché dovrebbe scegliere te rispetto alla concorrenza? A volte basta lavorare sul visual, sul tono di voce (l’insieme di tutti gli elementi stilistici, linguistici, lessicali e semantici che costituiscono il modo in cui un brand esprime se stesso, ndr), sulla comunicazione per avere risultati certi».
Non è sempre immediato capire come e quanto investire in brand identity quando si ha un locale già avviato
Gli ingredienti per rendere un locale memorabile
Per Pini bisogna partire da una considerazione imprescindibile per chi vuole investire in brand identity nel settore della ristorazione. «È importante ricordare che i consumatori oggi intendono la comunicazione con i brand in maniera diversa rispetto al passato, a un livello molto più personale e intimo rispetto a prima – ha spiegato il fondatore di GpStudios – Inoltre, tendono a sfruttare più punti di contatto quando hanno necessità di reperire informazioni in risposta a uno stimolo (fame e frigo vuoto, cena di San Valentino, pranzo di lavoro), il che li rende il bersaglio di decine di migliaia di messaggi ogni giorno. Basta aprire il proprio canale social preferito per rendersi conto di quanti marchi popolano il web con la speranza di farsi notare e portare il cliente lungo tutto il funnel (termine anglosassone che identifica letteralmente un imbuto. Nel marketing è il processo che porta un utente a trasformarsi in cliente, e compiere quindi un’azione, ndr). Per farlo passare all’acquisto del proprio prodotto, alla prenotazione di un tavolo, alla richiesta di un servizio di consegna a domicilio. Per questo è fondamentale esserci ma in modo intelligente. Se hai un locale devi trasformarti in supereroe e usare il potere della multicanalità: così i clienti si ricorderanno di te e chiameranno il tuo nome quando avranno bisogno».