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Rischiosi, obsoleti, ma necessari: la nuova vita dei carri armati in Ucraina

La guerra in Ucraina sta per diventare la guerra dei carri armati. La consegna degli Abrams americani e dei Leopard tedeschi a Kiev non solo permetterà all’esercito ucraino di formare almeno tre battaglioni, ma sarà la prima volta che mezzi corazzati di produzione statunitense si scontreranno sul campo contro l’armata russa.

Uno sforzo immane per Berlino, reticente per alcuni giorni prima di cedere definitivamente alla richiesta dei tanto agognati Leopard, ma anche per Washington, protagonista di un braccio di ferro con il cancelliere Scholz che Biden ha evidentemente perso.

In generale, però, queste maxi forniture vanno controtendenza. Già, perché a partire dalla fine della Guerra fredda si è fatta strada l’idea che per vincere un conflitto, o quantomeno per accumulare un vantaggio strategico, sarebbe sufficiente raggiungere la supremazia aerea.

È questa la ragione per la quale la Nato ha seguito la cosiddetta dottrina dei bombardamenti umanitari in Jugoslavia, evitando a qualsiasi costo di schierare i suoi soldati contro le truppe di Milosevic, nonostante le resistenze di Tony Blair e José Aznar, sostenitori di un intervento via terra. Poi l’Afghanistan e l’Iraq, quest’ultimo teatro, durante la prima guerra del Golfo, di una delle migliori operazioni militari della storia, Desert Storm, dove gli Abrams furono protagonisti. Da qui l’interrogativo: i tank sono obsoleti?

Il ruolo dei tank in Ucraina

Lo si diceva già durante la Guerra fredda, quando i primi missili anticarro sono entrati in circolazione. Ed effettivamente le immagini che ci sono arrivate dall’Ucraina nei primi mesi di guerra, a parte le atrocità, hanno mostrato un profluvio di tank in fiamme, abbandonati o rubati dagli ucraini, abili a fermare gli attacchi per certi versi improvvisati dei russi grazie agli Nlaw e ai Javelin britannici. Anche in Nagorno-Karabakh nel 2021 i tank armeni sono stati azzerati sotto il fuoco dell’Azerbaijan, ma più per gli errori tattici dell’Armenia che per i carri per sé.

La guerra in Ucraina è entrata così nella sua fase più elettronica, con l’impiego di droni iraniani da una parte e turchi (Bayraktar) dall’altra. La Russia, tuttavia, non ha saputo sfruttare la superiorità aerea su Kiev, rimanendo a lungo impantanata. Ora, però, si prospettano nuove offensive e l’arma principale per portarle a termine sarà proprio il carro armato.

L’esercito di Mosca in Ucraina ha perso numerosi Mbt di epoca sovietica. l T-64 sarebbero stati distrutti centinaia di volte. Stessa sorte per i T-72, i T-80 e i T-90. Non risultano, tra le perdite, i T-14 Armata, i tank russi più recenti e mai visti in questi 11 mesi di guerra. Il Cremlino punta tantissimo su questi due modelli: negli anni scorsi ne aveva annunciato l’incremento della produzione, in un contesto di generale rinnovamento. Purtroppo per Putin, le sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dall’Unione europea hanno fermato l’industria dei carri armati, rappresentata dai due colossi Uralvagonzavod (fondata sotto Stalin) e Chelyabinsk. Ora che però sulla neve ucraina spunteranno anche i cingolati più pregiati degli eserciti occidentali, la Russia vorrà rispondere quasi alla pari.

Un carro armato russo distrutto a Izyum. Foto: EPA/SERGEY KOZLOV.

Gli Stati Uniti hanno invece presentato a novembre l’ultimo aggiornamento dell’Abrams, l’AbramsX. “Il più grande miglioramento tecnologico nei tank dai tempi della Guerra fredda”, lo hanno definito i funzionari della Difesa Usa. Le caratteristiche sono notevoli: motore hybrid electric diesel, più leggero, consumo di carburante più basso ed efficiente e un’intelligenza artificiale in grado di riconoscere i nemici e i bersagli sul campo di battaglia. È questo il carro armato del Ventunesimo secolo.

Eppure, Washington proviene da due decenni di fallimenti. Nel 2002 gli Usa lanciarono il programma Future Combat Systems per ammodernare l’Abrams M1. Dopo aver speso 32 miliardi di dollari, il progetto è stato cancellato nel 2009. Il suo successore, il Ground Combat Vehicle avrebbe dovuto debuttare con un prototipo nel 2015. Il Pentagono ne ha annunciato la chiusura nel 2014. Non è noto l’importo stanziato dal governo federale per questo programma, ma si suppone che altrettanti miliardi siano stati immessi in un altro buco nero.

Il futuro dei carri armati

I tank stanno comunque resistendo alla prova del tempo. Hanno svolto un ruolo significativo nella guerra moderna sin dalla loro introduzione nella Prima guerra mondiale. Inizialmente, fornivano soprattutto mobilità alle unità di fanteria. Si sono subito dimostrati una risorsa preziosa e hanno continuato a evolversi nel corso dell’ultimo secolo.

Durante la Seconda guerra mondiale, i carri armati sono divenuti ancora più importanti, perché non servivano più soltanto per difendere, ma per guidare le offensive. L’esempio storico più rilevante è la battaglia di Stalingrado e, più in generale, l’operazione Barbarossa. Nel secondo dopoguerra, sono nati i Main Battle Tank (Mbt), pesantemente corazzati e con cannoni più potenti. Questi carri armati sono stati ampiamente utilizzati nelle guerre di Corea e Vietnam. 

La guerra in Ucraina dimostra dunque un paradosso: i carri armati appaiono obsoleti, ma il loro ruolo ha seguito l’evoluzione della guerra moderna ed è un rischio che gli eserciti accettano di prendersi. Lo sviluppo di nuove tecnologie ha portato a un cambiamento nel modo in cui i tank vengono utilizzati sul campo di battaglia. Invece di essere l’arma offensiva primaria, si vedono sempre più spesso come supporto, fornendo potenza di fuoco e protezione alla fanteria e ad altri mezzi. L’esposizione ai droni li rende inoltre più vulnerabili che in passato. 

Ad ogni modo, in futuro “potrebbe essere possibile proteggere i carri armati con difese elettroniche che offrono una corazza elettronica al posto dell’acciaio per proteggersi dalle armi anticarro portatili”, ha scritto Stephen Mihm sul Washington Post. E forse è ancora troppo presto per annunciare il canto del cigno per il cingolato.

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