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Putin vuole il quinto mandato nel 2024: cosa significa per la Russia

Vladimir Putin non lascia, raddoppia: vuole il quinto mandato presidenziale nel 2024, il secondo dopo la riforma costituzionale che prospetta per il capo di Stato russo la possibilità di restare al potere fino al 2036.

Putin per sempre?

La riforma, approvata nel 2020, “azzera” di fatto i mandati e consentirà due elezioni consecutive al capo di Stato diventato comandante in capo delle forze russe che hanno invaso l’Ucraina il 24 febbraio scorso. Il tema è di cruciale importanza per capire la determinazione del Cremlino a proseguire l’impegno in Ucraina in risposta a tutte le voci che davano conto di una malattia o di una riduzione del mordente di Putin sul potere nel Paese.

La logica di fondo è chiara: Putin vuole trasmettere l’immagine politica di uno Stato in pieno e regolare ordine nonostante l’affaticamento imposta al sistema e alla sua rete di potere da quasi un anno di impegno militare. E ribadire che le elezioni si terranno regolarmente nella data in cui sono previste, il 17 marzo 2024.

Il Cremlino prepara la campagna

Kommersant, nel dare la notizia della volontà del Cremlino di lavorare al voto presidenziale con Putin candidato, ha ricordato citando fonti qualificate che a dicembre 2023 dovrebbe avvenire la registrazione dei candidati, poco dopo che nei mesi autunnali si saranno tenute le consultazioni per eleggere ventiquattro parlamenti regionali, compresi quelli dei quattro oblast annessi unilateralmente da Mosca nell’Est dell’Ucraina. I voti in queste regioni saranno, per Kommersant, un terreno di prova della consultazione del 2024.

Il Moscow Times sottolinea invece che “il Cremlino condurrà entrambe le campagne con un occhio alle stesse condizioni speciali imposte delle sanzioni occidentali senza precedenti, dei social network vietati e della comparsa dei veterani di guerra ucraini come un nuovo blocco elettorale”. Sarà un grande referendum su Putin che mira non solo a vincere, ma a superare il risultato del 2018, anno in cui ottenne il 77,53% dei voti. Vyacheslav Volodin, fedelissimo di Putin in Russia Unita e presidente della Duma, e il leader ceceno Ramazan Kadyrov hanno già espresso sostegno incondizionato a Putin se sceglierà di correre.



Le fratture nella classe dirigente russa

Lo Stato profondo russo, del resto, si è mostrato molto frammentato al suo interno in questa fase e di fronte all’invasione dell’Ucraina sono emerse problematiche come le sfide interne all’apparato militare, la fragilità dell’intelligence, i regolamenti di conti tra oligarchi che rendono ancora dipendenti dal vertice un sistema complesso di cui Putin è la più alta delle cuspidi, non un leader assoluto. Del resto, dei potenziali candidati alternativi figure come Dmitri Medvedev e Sergey Lavrov si sono appiattiti sul capo del Cremlino, mentre Sergey Shoigu è impegnato sul campo nella guida dell’operazione militare in Ucraina.

La dipendenza della Russia dalla figura di Putin è un segno del problema strutturale del ricambio ai vertici che può far prefigurare, a seconda degli esiti della guerra in Ucraina, anche una selvaggia lotta di potere quando la presa dello Zar sul sistema si indebolirà per ragioni politiche o anagrafiche. Salito al potere nel 1999, Putin è arrivato a settant’anni senza nominare un vero delfino. Nel 2024 ne avrà 72, nel 2030, alla fine di un’eventuale quinta presidenza sarà a 78 anni.

Anche l’Ucraina al voto nel 2024, guerra permettendo

Il tempo di una svolta si avvicina e si fa sempre più pressante per un Paese pressato da crisi economica interna, tensioni sociali e problemi strategici. Ma la volontà di Putin di tirare dritto sulla regolarità dei tempi delle consultazioni rende inevitabile la sua nuova discesa in campo.

Anche perché nel 2024 ad andare al voto dovrebbe essere anche l’Ucraina guidata da Volodymyr Zelensky, eletto cinque anni fa su una piattaforma tutto fuorché ostile alla Russia e la cui regolare consultazione Mosca vuole impedire se la guerra dovesse prolungarsi. Provando a dare ai suoi cittadini l’impressione di una normalità sottratta agli abitanti del Paese limitrofo e che però con la guerra in Ucraina è cambiata per sempre anche in Russia. Rendendo Putin centrale, nel bene e nel male. E indispensabile per sanare la conflittualità, spesso da lui generata, nell’apparato di potere.

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