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Prima linea Kramatorsk: “Resistiamo con i droni”

Kramatorsk (Ucraina). La colonna di fumo nero si innalza verso il cielo plumbeo davanti a Kramatorsk, la linea del Piave degli ucraini nel Donbass. L’ennesima bordata di artiglieria o un missile, come la pioggia esplosiva scatenata in mezzo paese dai russi la notte di mercoledì. Il 15esimo attacco su larga scala con 32 missili da crociera, ma la contraerea ne avrebbe abbattuti la metà.

Kramatorsk, sotto una gelida nevicata, è spopolata. In giro poche macchine e soprattutto militari. La piazza principale è deserta e nessuno sembra fare caso alla colonna di fumo nerastro oltre la collina. Il vero cuore pulsante della città a ridosso della prima linea è il supermercato del centro, che assomiglia a un bunker con i sacchetti di sabbia come protezione. Il pane mancava qualche settimana fa, ma adesso gli scaffali sono ben forniti con tanto di confezione di pranzi pronti e prodotti freschi. I civili sono in minoranza rispetto alle mimetiche. Nessuno ride, scherza o ha uno sguardo sereno. La linea del fronte è a un passo e il macello di Bakhmut, dove si combatte casa per casa, dista una trentina di chilometri in linea d’aria. Yevgeny Prigozhin, il boss della Wagner, l’esercito di mercenari in appoggio a quello russo, che sostiene il grosso degli assalti, ha messo le mani avanti. La Stalingrado ucraina non cadrà il 24 febbraio, nel primo, tragico, anniversario dell’invasione russa dello scorso anno, ma “a marzo o aprile per colpa della mostruosa burocrazia militare” russa. Secondo il viceministro della Difesa ucraino, Hanna Malyar, alcune unità d’assalto di Mosca avrebbero perso l’80% dei soldati contro la piccola cittadina trasformata in fortezza, che argina l’offensiva nemica per conquistare tutto il Donbass.

Nelle foreste a ridosso del fronte si prepara alla battaglia l’unità di ricognizione della 25esima brigata. Una squadra specializzata nell’utilizzo dei droni, come quelli in vendita su internet, si addestra a usarli con granate modificate sempre più micidiali. “Abbiamo aggiunto delle alette per equilibrare la caduta e queste piccole biglie d’acciaio fissate con del banale nastro adesivo”, spiega Sova, “sparviero”, nome in codice, che è il pilota della squadra di tre uomini.

Il ronzio del drone a quattro rotori si sovrappone al rombo del cannone che arriva, a intermittenza, dalla prima linea. Uno spilungone in mimetica, armato fino ai denti, che avrà vent’anni, tiene in mano il drone grigio fino a quando non schizza verso l’alto sopra la linea degli alberi. “Ne abbiamo fatti fuori parecchi di russi, che speravano di trovare riparo nelle trincee. Un fante stava scappando quando è stato centrato in pieno dalla granata. Il corpo si è spappolato in quattro pezzi” racconta Vog, nome di battaglia preso da una granata, che ha gli occhi di un ragazzino. In prima linea, a un’altezza di 50 metri, il rumore delle piccole pale non le senti e il drone è come se fosse invisibile, un puntino nel cielo. Il simbolo dell’unità è uno sparviero con gli occhi da cattivo. I tre giovani veterani della squadra di ricognizione e intelligence raccontano di quando hanno affrontato un carro armato russo salvandosi per miracolo. La guerra li ha induriti, ma come portafortuna portano sul giubbotto anti proiettile un peluche di Tigro. E ogni drone viene chiamato con un nome tratto da film o fumetti. “Il nostro è Sakura”, dichiara Sova mostrando l’adesivo dell’eroina dei manga giapponesi appiccicato sul guscio.

La strada verso Kramatorsk è una pista ghiacciata, in mezzo a villaggi straziati dalle armi pesanti. Il ponte di barche dei genieri supera un fiume ghiacciato, ma il paesaggio di rovine attorno emana solo morte e distruzione dopo un anno di guerra. Oltre ai soldati e poliziotti infreddoliti dei posti di blocco non sembra esserci anima viva. A parte Lidya, 72 anni, che indossa una vecchia pelliccia e una sciarpa sulla testa davanti a una misera casupola ancora in piedi. I militari le portano pane e generi di prima necessità. “Non me ne sono mai andata, neanche quando dovevo nascondermi sotto terra per le bombe che volavano da tutte le parti. Speriamo che non arrivino più”, dice fino a quando un groppo in gola e gli occhi lucidi spezzano la frase.

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