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Perché Zelensky ha rimosso il comandante delle operazioni in Donbass

Il comandante delle forze militari congiunte ucraine, Eduard Mykhailovich Moskalov, è stato rimosso dal suo incarico. La decisione è stata presa da Volodymyr Zelensky, che nelle ultime ore ha firmato un decreto presidenziale. Il comunicato è stringato, si limita soltanto a ribadire la destituzione, e non fornisce alcuna spiegazione sulle ragioni del provvedimento.

Ricordiamo che il generale Moskalov era stato nominato alla carica della Jfo (Joint Forces Operation) lo scorso marzo, quando il tenente Oleksandr Pavliuk era stato nominato capo dell’amministrazione militare regionale di Kiev.

La Jfo, che coordina di fatto l’offensiva ucraina contro le forze russe nella regione orientale del Donbass, è stata istituita nel 2014 come forza di resistenza dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia. In seguito allo scoppio della guerra ha quindi assunto un ruolo di primo piano nelle operazioni militari contro le forze del Cremlino.

Non è ancora chiaro se la destituzione di Moskalov sia collegata alle indagini per corruzione. Zelensky, come detto, non ha fornito spiegazioni, ma ma la sua decisione è l’ultima di una serie di sostituzioni di leadership effettuate di recente dalla sua amministrazione.



Un’altra rimozione

L’ultima rimozione degna di nota ha coinvolto il generale maggiore Eduard Mykhailovich Moskalov, un personaggio altamente rilevante nell’ambito della guerra in fase di svolgimento, in quanto ex comandante delle forze militari congiunte ucraine.

L’allontanamento di Moskalov è solo l’ultima delle tante destituzioni che hanno riguardato i vertici delle forze armate e le istituzioni politiche ucraine. La maggior parte di queste destituzioni, va detto, rientrava nell’ambito di uno scandalo di corruzione che, tra l’altro, ha quasi portato al licenziamento del ministro della Difesa, Oleksij Reznikov. Quest’ultimo ha mantenuto il suo incarico, ma all’inizio di febbraio ha nominato tre nuovi vice.

Ebbene, non sappiamo se l’allontanamento di Moskalov sia legata al suddetto scandalo corruttivo o se invece sia conseguenza delle difficoltà che le forze ucraine scontano sul campo in Ucraina orientale, dove nelle ultime settimane le forze russe hanno compiuto avanzate territorialmente limitate ma significative, specie attorno alla città di Bakhmut.

Pulizia ai vertici

All’inizio di febbraio Zelensky aveva dichiarato che avrebbe presto effettuato tutte le modifiche necessarie agli alti comandi militari e all’interno delle istituzioni per garantire lo stato di diritto ucraino. Le sue dichiarazioni erano arrivate in seguito alle attività di repressione anti corruzione messe in scena dalle autorità di Kiev in tutta l’Ucraina per combattere “il nemico interno” del Paese, ovvero la corruzione (e i corrotti).

Il presidente ucraino aveva promesso nuove riforme e seri provvedimenti volti a punire gli eventuali colpevoli. “Purtroppo, in alcune aree, l’unico modo per garantire lo stato di diritto è cambiare la leadership insieme a cambiamenti istituzionali. Cambiare quanto necessario per garantire che le persone non si sporchino nelle loro posizioni”, spiegava Zelensky.

Il focus principale dell’operazione: i processi in seno al ministero della Difesa e alle forze armate. “Tutto deve essere assolutamente pulito e onesto. Chi interferisce con questo sarà rimosso dalle sue strutture di competenza”, tuonava ancora il presidente ucraino.

L’ipotesi più probabile che al momento possa spiegare la decisione presa da Kiev su Moskalov è dunque legata alla campagna anti corruzione in atto. L’alternativa, una destituzione legata all’insoddisfazione del governo sul campo di battaglia, non deve essere esclusa ma appare improbabile.

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