Il bando al software statunitense
Aldo Torchiaro — 2 Aprile 2023
La startup statunitense OpenAi finisce sotto la lente dell’Autorità che tutela la protezione dei dati personali in Italia, che ha messo uno stop all’algoritmo di ChatGpt “finché non rispetterà la disciplina privacy”. Il Garante per la privacy italiano è la prima autorità al mondo ha bloccarne l’uso perché non rispetta il Gdpr per la protezione dei dati personali.
L’Autorità di piazzale Venezia – spiega una nota – ha contestualmente aperto un’istruttoria nei confronti della società, inizialmente no-profit, fondata da Sam Altman e ora guidata da Satya Nadella. Colpisce che la levata di scudi sia tutta italiana, e che le autorità europee, solitamente vigili, non hanno trovato – nei riguardi di ChatGpt – nulla da rilevare. L’Italia stavolta ha messo al bando il software più dibattuto del momento ancor prima delle autorità di censura di Cina, Iran e Corea del Nord. Pur sempre un primato. Sia come sia, il Garante della Privacy, Pasquale Stanzione, tira dritto e in una nota fa sapere di aver “disposto, con effetto immediato, la limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti di OpenAi, la società statunitense che ha sviluppato e gestisce la piattaforma”, e rileva la mancanza di una informativa agli utenti e a tutti gli interessati i cui dati vengono raccolti da OpenAI, contestualmente all’assenza di una base giuridica che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali, allo scopo di “addestrare” gli algoritmi sottesi al funzionamento della piattaforma.
Come peraltro testimoniato dalle verifiche effettuate, le informazioni fornite da ChatGPT non sempre corrispondono al dato reale, determinando quindi un trattamento di dati personali inesatto. Per il mondo della ricerca ci sono dati di cui in effetti rimane incognita la destinazione. “Il blocco di ChatGpt è un’operazione di trasparenza necessaria in considerazione dei rischi che possono derivare da un uso non regolamentato di questi sistemi. Le interlocuzioni tra OpenAI e l’Autorità permetteranno sicuramente di conoscere quali presidi sono stati incorporati all’interno dello strumento e quali sono le garanzie adottate per il corretto trattamento dei dati, nonché le valutazioni dei rischi”, fa sapere Gabriele Faggioli, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Cybersecurity e Data Protection del Politecnico di Milano.
Il Pd, per bocca di Anna Ascani – che di recente ha aderito alla mozione Schlein – chiede che sia il Parlamento ad approfondire con la nomina di una commissione di inchiesta. “Le conseguenze sociali e culturali di uno sviluppo non controllato di sistemi di AI, come l’ormai famoso ChatGPT, sono al centro del dibattito politico anche a seguito dell’appello firmato nei giorni scorsi da centinaia di prestigiosi scienziati, accademici e imprenditori, nel quale si propone una moratoria di almeno sei mesi allo sviluppo delle tecnologie di Intelligenza Artificiale e della recente decisione del Garante nazionale della privacy”.
Anna Ascani, Vicepresidente della Camera dei deputati e Presidente del Comitato di Vigilanza sull’attività di Documentazione di Montecitorio, ha proposto l’avvio nel suddetto Comitato di un ciclo di audizioni di esperti e operatori, nazionali internazionali, per conoscere l’avanzamento dell’intelligenza artificiale e degli algoritmi e per studiare la loro possibile applicazione all’interno della documentazione parlamentare, a supporto dell’attività del Parlamento.
Matteo Renzi non è convinto che basti vietare e bannare per regolare la rete nelle sue complesse articolazioni: “L’idea che le istituzioni italiane possano bloccare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale è una barzelletta”, twitta il senatore di Italia Viva. “Non si ferma l’innovazione per decreto. Preoccupiamoci di costruire il futuro, non di fare battaglie ideologiche con la testa rivolta al passato”.
Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.
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