Dopo l’ok di Germania e Stati Uniti all’invio dei carri armati all’Ucraina, ora Kiev ha scelto di perseguire un altro obiettivo: l’acquisizione di caccia di fabbricazione occidentale. Si parla in particolare degli F-16, uno dei modelli più utilizzati al mondo e prodotto dall’americana Lochkeed Martin in diverse versioni che si possono trovare sia negli arsenali dei Paesi atlantici sia di molti al di fuori del blocco Nato.
I problemi dietro le forniture di F-16
L’ipotesi non è solo figlia del via libera all’invio di carri Abrams e Leopard di questi giorni. La possibilità per l’Ucraina di ricevere i caccia F-16 circola infatti da diversi mesi ed è stata spesso valutata anche da diversi ricercatori e dai funzionari delle difese occidentali. Tuttavia, per diversi mesi, l’idea di inviare questi jet non era stata presa in considerazione per almeno tre ragioni.
La prima era l’assenza di addestramento dell’aeronautica ucraina all’utilizzo di questi mezzi, essendo abituata a pilotare aerei di fabbricazione sovietica e quindi formata anche come tattiche sull’uso di aerei molto diversi da quelli di made in Usa. La seconda ragione per il “no” ai caccia era poi legata al costo di questi mezzi e alle difficoltà logistiche che presentava il loro invio in Ucraina, soprattutto per le condizioni delle basi di Kiev dall’inizio dell’invasione. Infine, terza ragione per la negazione degli F-16 era quella politica: si riteneva – e si ritiene tuttora – che la scelta di mandare degli aerei da guerra per sostenere l’Ucraina fosse un gesto foriero di una probabile escalation con la Russia, con il rischio di confronto diretto.
Cosa è cambiato con l’invio dei tank
La decisione di inviare i carri armati Leopard e Abrams ha tuttavia rovesciato, almeno in parte, le certezze dietro questo rifiuto a mandare gli F-16. In effetti le stesse ragioni addotte per il “no” agli aerei venivano impiegate riguardo il precedente rifiuto all’invio dei tank, mentre abbiamo visto che il complesso negoziato tra Berlino e Washington ha fatto sì che questi ostacoli siano stati rimossi. Per cui non è certo un caso che proprio adesso sia tornato in auge il tema dei caccia al punto che i rappresentanti ucraini abbiano espressamente detto di puntare, come prossimo obiettivo, ad ottenere questi modelli. A confermarlo è stato Yuriy Sak, consigliere del segretario della Difesa ucraino, che in un’intervista all’americano The Hill ha detto che il governo farà di tutto affinché “l’Ucraina ottenga aerei da combattimento di quarta generazione il prima possibile”.
In questo senso, in Europa l’Ucraina può fare affidamento su due alleati: i Paesi Bassi e la Polonia. Il ministro degli Esteri olandese, Wopke Hoekstra, ha detto che l’esecutivo guidato da Mark Rutte valuterò con “mente aperta” la richiesta. Mentre il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, ai microfoni della francese LCI, che esortato la Nato a essere “più audace” promettendo il pieno sostegno di Varsavia in caso di decisione sull’invio dei caccia a Kiev.
Sulla possibilità di invio dei caccia, tuttavia, vanno ricordati quei dubbi accennati in precedenza e che da tempo inquietano gli analisti e i decisori occidentali. Se infatti da alcuni governo già arrivano delle smentite più o meno secche (in primis dalla Germania, già scottata dalla trattativa sui Leopard) per questioni di natura anche solo eminentemente politica, tanti osservatori esprimono perplessità su quanto sia fattibile in concreto l’invio di questi aerei da guerra.
I problemi dietro l’invio degli F-16
Già alcuni mesi fa, il think tank britannico Rusi, uno dei più importanti centri studi legato alla Difesa di Londra, spiegava che per lo stato delle piste ucraine (costruirle di nuove sarebbe difficile sotto i possibili bombardamenti russi), per la facilità nella manutenzione e per il tipo di armi imbarcate, a Kiev sarebbero stati più utili i Gripen svedesi. Mezzi progettati per combattere la Russia e i suoi sistemi e che, a conclusione di diversi rapporti, sarebbero stati più utili sia per la facilità di addestramento sia per la non meno importante possibilità di impiegare una minore quantità di carburante rispetto ai mezzi statunitensi ed europei. Tuttavia, al momento quel tipo di iniziativa è stata accantonata dalla stessa Stoccolma e, pare, anche dalla stessa Kiev, la quale sembra sempre più convinta dell’utilità degli F-16.
Inoltre – e questo discorso è simile a quanto affermato da molti osservatori Usa per ciò che concerne gli Abrams – c’è il rischio di una sopravvalutazione del ruolo degli F-16. Sicuramente la combinazione di diversi sistemi d’arma, carri e intelligence può rendere questi caccia uno strumento importante per la resistenza ucraina e per mettere in seria difficoltà le manovre di Mosca. Tuttavia, non va dimenticato che in primis la Russia ha una flotta aerea e una struttura difensiva antiaerea in grado di abbattere i velivoli. Lo ha confermato alla Cnn anche Justin Bronk, ricercatore proprio presso il Rusi.
Inoltre, molti osservatori ricordano che per il tipo di armi utilizzate, gli F-16 richiedono una superiorità aerea che in questo momento non possiede nessuno dei due contendenti. Il pericolo quindi è che questi cacciabombardieri siano inefficaci se utilizzati a una certa quota per eludere i sistemi antiaerei russi. E qualcuno sottolinea che sarebbe comunque necessario un costante impegno della Nato nel supportare la sorveglianza aerea del teatro operativo.
Il nodo dell’addestramento
Tutto questo va poi completato dalle tempistiche per l’addestramento. Anche in questo caso, molti ribadiscono che non si tratta di mezzi di facile impiego, specialmente per piloti addestrato sui caccia sovietici. Come ricorda Politico, alcuni aviatori ucraini sono già impegnati nel training con gli aerei occidentali, ma parliamo di numeri non adeguati a uno sforzo bellico tale da rovesciare le sorti del conflitto.
Intanto, Frank St John, chief operating officer di Lockheed Martin, ha sostenuto al Financial Times che la sua azienda è pronta ad aumentare la produzione per rifornire i Paesi che consegneranno questi aerei a Stati terzi. Questo tema è fondamentale specialmente per quegli Stati che sanno che dovranno in qualche modo sostituire gli F-16 già in procinto di completare il proprio ciclo vitale. Qualcuno anzi ritiene probabile che alcune aviazioni saranno interessate a cedere quei caccia a Kiev per due ragioni: sostenere lo sforzo ucraino contro la Russia ma anche per accelerare un processo di rinnovamento già iniziato da anni.
Sul punto è però fondamentale ricordare che la quantità di modelli F-16 nel mondo è talmente ampia che questa fornitura a Kiev potrebbe essere stabilita anche in assenza di una immediata sostituzione. In ogni caso, tutto dipenderà dalla volontà della Casa Bianca, che in questo momento sembra orientata a confermare il piano di aiuto all’Ucraina anche in virtù di una rinnovata spinta russa a est, ma sembra anche intenzionata a manifestare la sua capacità di leadership e il suo coinvolgimento diretto in questo supporto.
Il possibile piano
Come per i Leopard, è possibile che la cessione di aerei sia pensata come un piano a cui contribuiranno diversi Paesi: tuttavia non può escludersi che il tema della possibile escalation sarà di nuovo al centro del dibattito come lo era stata, del resto, per la scelta sui carri armati. E questo non può condurre che a un ulteriore freno in negoziati che addirittura appaiono più difficili di quelli per i tank.
Certo, il precedente dei tank aiuta a comprendere come poi, in sede Nato, queste perplessità siano nel tempo rimosse e la linea rossa sia stata continuamente spostata in avanti senza che la Russia abbia reagito concretamente come minacciato né nel modo spropositato. Il Cremlino ha tuonato più volte sul rischio di catastrofe senza poi modificare i suoi piani mentre l’Europa e gli Usa si compattavano in favore della causa ucraina. Questo significa che non è impossibile, al momento, confermare o smentire che presto gli F-16 saranno in dotazione all’Ucraina. Anche perché per molti osservatori, il futuro delle forze di Kiev sarà comunque incentrato su mezzi occidentali e non più di matrice russa o sovietica.
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