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Nuove sfide e necessità. Le Forze armate di fronte al caos globale

La guerra in Ucraina ha riacceso il dibattito sulla prontezza e sulle capacità della difesa europea, in particolare italiana. Se dal punto di vista industriale è stato più volte sottolineato, anche su questa testata, lo shock dell’invasione russa sulla produzione di armi e sistemi, quanto accade lungo la linea del fronte e in generale sui vari domini in cui si confronta Russia e Ucraina (ma anche Russia e Occidente) ha avuto ripercussioni anche sulle analisi riguardo le forze a disposizione. E su come queste possano essere migliorate di fronte alle sfide future e quelle che già si sono palesato in questo lungo anno di guerra.

Dal punto di vista italiano, come ricordato su Repubblica, i capi di Stato maggiore delle varie forze armate e anche illustri esperti hanno spesso fatto riferimento sia alle qualità in termini tecnologici e umani della Difesa sia alle lacune che devono essere colmate nel più breve tempo possibile. L’ammiraglio Enrico Credendino, capo di Stato maggiore della Marina Militare, ha parlato in commissione difesa alla Camera dei Deputati soffermandosi sulle criticità evidenziate negli ultimi tempi: in particolare sui numeri inadeguati sia a livello di personale che di mezzi a disposizione. Inoltre, Credendino ha sottolineato anche la necessità di un rinnovamento della flotta. “In ordine di priorità avremmo bisogno da tre a sei fregate anti-sommergibile in più, due navi antiaerei in più, una seconda portaerei per garantire di avere per tutto l’anno una portaerei disponibile, una nave logistica e due sommergibili”, ha affermato il vertice della Marina, rilanciando anche la necessità di aerei da pattugliamento marittimo.

Dello stesso avviso l’Aeronautica Militare. Il capo di Stato maggiore, generale di Squadra Aerea Luca Goretti, ha ribadito l’auspicio di avere 131 cacciabombardieri F-35, numero precedente alla riduzione programmata per motivi di budget negli anni passati. “Se vogliamo essere rilevanti in un contesto come quello attuale dobbiamo avere numeri adeguati“, ha detto Goretti. Il vertice dell’Arma azzurra ha confermato anche la necessità di un rinnovamento della flotta per sostituire gli Eurofighter così come gli elicotteri, e, come ricordato anche su Formiche, non va sottovalutato anche il richiamo alla disponibilità di munizionamento di precisione per le forze aeree del Paese. Avvertimenti importanti, che si snodano inoltre in un sistema in cui per l’aviazione assume sempre più importanza anche il miglioramento delle capacità cyber e quelle per il controllo dei cieli, con un promemoria riguardo i satelliti e l’importanza dello Spazio. Una partita, quest’ultima, che solo apparentemente riguarda esclusivamente le superpotenze.

Anche l’Esercito, attraverso il capo di Stato Maggiore, Pietro Serino, ha rilanciato le sue richieste di fronte ai parlamentari della Terza Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato. Il generale, come peraltro già fatto dai suoi omologhi delle altre forze armate, ha voluto ricordare che l’Italia subisce una sorta di ritardo generazionale: l’Esercito si basa su una struttura ancora risalente alla fine degli anni Novanta, quando le minacce non erano lontanamente paragonabili a quelle attuale. Come si può leggere su Report Difesa, Serino ha spiegato che “il modello operativo adottato sul finire degli anni Novanta, orientato principalmente a fronteggiare le minacce asimmetriche e il dilagante fenomeno del terrorismo internazionale, appare oggi superato dagli eventi e inidoneo a soddisfare le complessive esigenze di sicurezza”. Esigenza che si unisce al fatto che l’Esercito, così come l’intera Difesa, ormai “deve essere pronto a operare contemporaneamente nei cinque domini operativi e generare effetti nelle dimensioni cognitiva e fisica”. Questo avvertimento riguarda non solo i numeri del personale, ma anche le varie specializzazioni e la modernizzazione dei mezzi in dotazione.

Le richieste delle forze armate non sono un unicum nel panorama europeo né in quello mondiale. Il mondo, negli ultimi anni, sta assistendo non solo a un processo di riarmo di diverse potenze (tra cui anche quelle più vicine all’Italia), e anche a una forma di continua e sostanziale instabilità. Questi fatti, uniti a un’evidente evoluzione delle minacce, portano molto spesso a rivedere i programmi strategici dei singoli Paesi per evitare il rischio di trovarsi impreparati di fronte a criticità che apparivano inverosimili o improbabili.

Solo negli ultimi tre anni, la pandemia e la guerra in Ucraina hanno certamente rappresentato dei traumi rispetto alle logiche precedenti delle agende belliche. Inoltre, l’essenza “tradizionale” dell’invasione ha rilanciato necessità che la corsa tecnologica e l’avvento del cyber avevano in qualche modo fatto dimenticare, a cominciare dall’artiglieria fino al problema delle munizioni per le armi da fuoco. Inoltre, aumentano le minacce parallele ai conflitti, come dimostrato anche dal recente richiamo della Nato e dell’Unione europea alla protezione delle infrastrutture strategiche, a partire dai gasdotti. L’attacco al Nord Stream, frutto del conflitto russo-ucraino, ha evidenziato le debolezze di un segmento fondamentale come l’approvvigionamento energetico. Cosa che può riguardare anche i cavi sottomarini per le telecomunicazioni. Infine, è ritenuta ormai centrale la sicurezza rispetto agli attacchi hacker: colpi che, se messi a segno in modo chirurgico, possono infliggere danni enormi al sistema bersaglio.

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