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Moldavia e Transnistria nel mirino di Putin: l’ossessione per lo spazio sovietico – Michele Marsonet

Nel novero delle repubbliche filorusse più o meno indipendenti si annovera anche il caso della Transnistria, una stretta striscia di territorio incuneata tra Moldavia e Ucraina. Nonostante le limitate dimensioni (poco più di 3.500 km quadrati e circa mezzo milione di abitanti), questa piccola repubblica riveste però un ruolo strategico notevole.

Importanza strategica

Soprattutto dopo l’invasione dell’Ucraina, poiché guardando la carta geografica si nota subito che dal suo territorio sarebbe facile far affluire truppe nel vicino Paese invaso, e altrettanto facile raggiungere città ucraine come Mariupol e Odessa.

In effetti tempo fa, durante una conferenza stampa, il dittatore bielorusso Lukashenko, alleato e vassallo di Vladimir Putin, lasciò intendere che proprio questo era uno degli obiettivi dello zar moscovita, che in quel modo intendeva fare pressione sulla parte meridionale dell’Ucraina. Questo però avveniva nella fase iniziale dell’invasione, quando non si erano ancora manifestate appieno le difficoltà dell’esercito di Mosca sul terreno.

Il caso Transnistria

Quello della Transnistria è un esempio curioso. Ai tempi dell’Unione Sovietica faceva parte della Moldavia, una delle repubbliche della ex Urss. Quando quest’ultima crollò, la Transnistria proclamò in modo unilaterale la propria indipendenza nel 1990. Seguirono due anni di guerra con la Moldavia, che alla fine si rassegnò al fatto compiuto a seguito delle pressioni di Mosca.

La Federazione Russa fece da garante dell’indipendenza de facto, pur se nessun altro Stato in ambito Onu la riconobbe. La popolazione è russofona, e anche piazze ed edifici hanno conservato uno stile sovietico. La repubblica autoproclamata è diventata famosa anche grazie alla squadra di calcio dello Sheriff Tiraspol, che ha vinto molti campionati moldavi ed è pure riuscita qualificarsi ai gironi della Uefa Champions League.

Per un certo periodo l’attenzione per la Transnistria diminuì a causa delle difficoltà incontrate dalle truppe russe nell’invasione dell’Ucraina, che rendevano più lontana la possibilità di una mini-invasione che partisse dal suo territorio. Però non si può mai dire. Nel suo ultimo discorso, Putin ha detto esplicitamente che la Russia sta combattendo per difendere i suoi “confini storici”, col che la suddetta mini-invasione tornerebbe d’attualità.

La russificazione

La Transnistria costituisce infatti in altro esempio del successo della politica migratoria praticata dai sovietici, soprattutto ai tempi di Stalin. I cittadini russi venivano incoraggiati a stabilirsi in altre repubbliche dell’Urss con incentivi economici, e questo spiega la presenza di vaste comunità russofone in altri territori, per esempio la Lettonia.

Ciò consentiva a Mosca un migliore controllo delle immense aree che costituivano l’Unione, nonché di diffondere il russo ovunque quale lingua veicolare. Andare oggi in Transnistria significa in pratica tornare indietro nel tempo percorrendo un territorio che, per quanto piccolo, rammenta in tutto e per tutto la vecchia Urss. Vi sono presenti grandi depositi di munizioni e di materiale bellico sovietico, ovviamente sotto il controllo russo.

Per quanto il turismo non sia incoraggiato, una visita risulta interessante poiché consente di rivivere atmosfere tipiche dell’Unione Sovietica, opportunità che non molti altri Paesi offrono. Da notare pure che, grazie a generosi incentivi, parecchie aziende occidentali – tra cui l’italiana Prada – avevano deciso di delocalizzare qui parte delle proprie attività.

L’illusione di uno “spazio sovietico”

Il punto importante è però un altro. Che intende dire realmente Putin quando menziona la “difesa dei nostri confini storici”? Sembra ovvio a chi scrive che il leader del Cremlino in questo caso parli non tanto da presidente della Federazione Russa, ma come capo di una ricostituita Unione Sovietica (per quanto non identica a quella reale e crollata).

Adottando questa lettura, si capisce pure perché lo zar pensi di avere il diritto di annullare il vecchio decreto che riconosceva la sovranità della Moldavia sulla Transinstria. Occorre tuttavia notare che Putin avrà enormi problemi se vorrà davvero dar vita a un rinnovato “spazio sovietico”.

Gli ucraini, com’è noto, non ne vogliono sapere, e netto è anche il rifiuto dei moldavi. Per non menzionare le repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale (esempio emblematico è il Kazakistan). Tutte si stanno rendendo sempre più autonome da Mosca e cercano a questo fine alleanze alternative.

Putin non si rende conto che è venuto a mancare il collante ideologico, marxista-leninista, della defunta Urss. Né tale collante può essere rimpiazzato dai richiami allo “spirito slavo originario” che, tra l’altro, non convince nemmeno l’intera popolazione russa.

Proprio per questo un eventuale successo militare putiniano in Ucraina sarebbe molto pericoloso, con il rischio di riportare indietro le lancette dell’orologio della storia.

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