Roma, 14 gen – Lo scafista per le Ong è un “migrante retribuito”. Dal report “Dal mare al carcere” di Arci Porco Rosso, Alarm Phone e Borderline Europe spuntano continue chicche, oltre alla difesa a spada tratta dei trafficanti esseri umani di cui già vi abbiamo parlato.
In quello che – ci permettiamo di dire – è il report decisamente più inquietante degli ultimi decenni, si legge testualmente: “Nell’arco dell’ultimo decennio di migrazione dall’Africa all’Italia, si può sempre riscontrare come in alcuni casi il ruolo del capitano è svolto da persone che vengono pagate – in soldi o in natura – per guidare le barche. Queste persone, al di fuori di questo compito molto limitato, non hanno nulla a fare con l’organizzazione del viaggio o il “business” della migrazione”. Notare la parola business messa tra virgolette, come se fosse una questione inventata. E come se il fatto di essere dei “dipendenti” di un settore quasi spacciato come lavorativo non costituisca un crimine. La neolingua immigrazionista, chissà, un giorno magari proporrà delle buste paga per chi trasporta esseri umani destinati alla schiavitù e alla distruzione dei tessuti sociali dei Paesi di arrivi. E perché no, magari pure delle pensioni. Meno male che si parla anche di “scafisti costretti”. Pardon, “capitani” costretti. Perché ora l’obiettivo è cambiare pure l’attribuzione. Chi siamo noi per definire gli spacciatori di droga dei criminali, in fondo? Chiamiamoli lavoratori…
La cultura immigrazionista, nel frattempo, ci prova da anni
Una timida difesa dell’universo scafista è in corso da anni. Alcune sintesi lo dimostrano in modo inequivocabile (Il Riformista anni fa titolava “Chi sono gli scafisti, capri espiatori di procure e politica”, per fare un esempio: dei poveretti da difendere, insomma). Si cerca di deviare dalle responsabilità di quella che è sicuramente una parte del fenomeno, ma che nessuno si è mai sognato di identificare come la sola. Si fermano gli scafisti per fermare anche chi li invia o dirige: almeno, in teoria dovrebbe essere così. Sappiamo come la pratica sia infinitamente lontana da queste proposizioni, dal momento che il governo attuale – purtroppo – non sta riuscendo nemmeno a svolgere le operazioni basilari di una minima lotta all’immigrazione clandestina. Ma c’è da prevedere che l’avanzata della neolingua, sia concettuale che riassuntiva, sarà inarrestabile anche in questo caso. E da scommettere che, se i clandestini sono per tutti “migranti” (e guai a sostenere il contrario), gli scafisti diventeranno ben presto “capitani”.
Stelio Fergola
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