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Lascia Arestovych, lo stratega di Zelensky: dimissioni o “purga”?

Oleg Arestovych, consulente del Capo dell’Ufficio Presidenziale per le questioni militari, si è dimesso oggi dal governo ucraino di Volodymyr Zelensky. Formalmente assistente del capo di gabinetto Andriy Yermak, il 47enne alto funzionario ha lasciato il governo di cui era, in realtà, un’eminenza grigia comunicativa e politica per quella che in Ucraina è stata etichettata come una presa di posizione “falsa” sui recenti attacchi missilistici a Dnipro.

Arestovych, advisor to the President of Ukraine, decided to resign after his admission about Ukrainian air-defense involvement in the Dnipro explosion dismantled Ukrainian propaganda about an intentional Russian strike. pic.twitter.com/kY6ZjIEBfl

— What’s the media hiding? (@narrative_hole) January 17, 2023

Arestovych ha affermato che il missile russo che sabato scorso ha provocato una strage in un condominio di Dnipro era caduto sull’edificio residenziale perché deviato da un impatto con un razzo dei sistemi di difesa ucraini. Tali dichiarazioni erano state riprese immediatamente dalla propaganda russa, con il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov che le aveva sottolineate. Furibonda la reazione del sindaco di Dnipro, Boris Filatov, che lo aveva accusato di essere “un narcisista con una pattumiera al posto della bocca”. Oleksiy Oleksiyovich Goncharenko, deputato del blocco legato all’ex presidente Petro Poroshenko, ha chiesto le dimissioni di Arestovych a gran voce e anche il Kyiv Independent, megafono della resistenza di Kiev, ha parlato di “affermazioni false”.

Arestovych, ex militare e uomo dei servizi entrato 1994 all’Accademia Militare di Odessa per poi essere indirizzato al Direttorato dell’Intelligence del ministero della Difesa Ucraino, congedato come tenente colonnello nel 2005 e da allora opinionista, analista militare e infine consigliere del presidente, ha costruito la strategia ucraina per resistere nella guerra senza limiti scatenata dalla Russia. Mediaticamente e politicamente ha contribuito a plasmare la narrazione dell’Ucraina assediata dal “nuovo Hitler”, Vladimir Putin.

Guidando la battaglia “mentale” di Kiev e partecipando alla sfida politica per la strutturazione della resistenza di Ucraina, Arestovych ha assunto centralità nelle negoziazioni interne al governo. Un ruolo ancora più ampio di quello che la sua posizione formalmente di nicchia avrebbe garantito. Arestovych ha fatto e disfatto, rilasciato interviste in cui ha parlato di grande strategia, del futuro dell’Ucraina vicina alla Nato. Ha ribadito di essere stato lui, in un intervento del 2019 al canale di notizie Apostrophe.ua, ad aver previsto per primo la prospettiva e le direttrici di un’invasione russa. Si è, insomma, fatto notare e, di conseguenza costruito diversi nemici.

Perché si è dimesso Arestovych

Le ambizioni di Arestovych si sono allargate: parlando con l’Economist si è dichiarato “eccitato” dall’idea di poter contribuire a guidare il Paese in guerra, e ha iniziato a coltivare ambizioni presidenziali per il dopo-Zelensky. Al contempo, però, non ha mai seguito i “falchi” più spinti come Mikhalio Podolyak e la vicepremier Irina Vereshchuk nel cercare la guerra totale con Mosca e il rifiuto di ogni trattativa diplomatica. Ad agosto ha dichiarato a The Post di non essere d’accordo con l’idea in discussione nell’Unione Europea di un divieto generale per i visti a tutti i cittadini russi e i bielorussi, definendo degna di Putin una mossa del genere. A ottobre, parlando con Limes, ha dichiarato che a suo avviso la via diplomatica è percorribile per recuperare i territori conquistati da Mosca da febbraio in avanti. Chi seguiva i fatti ucraini ricordava che la sua stella si fosse gradualmente appannata dopo che le speranze di una fine negoziata del conflitto erano calate.

Due gli scenari, dunque, per la caduta di uno degli uomini fino a pochi giorni fa tra i più potenti d’Ucraina. La prima ipotesi è che l’incidente sul missile di Dnipro abbia fatto venire a galla un’insofferenza da tempo latente nello Stato profondo e negli apparati ucraini verso Arestovych, portandolo alle dimissioni. La seconda è quella del pretesto del missile come scusa per mettere alla porta un uomo diventato scomodo, soprattutto perché da nemico risoluto della Russia e da stratega della resistenza non mancava però di pensare alla soluzione diplomatica come alternativa a ulteriori sofferenze al popolo ucraino. Non è detto che le due ipotesi non possano convergere.

Dimissioni attese o purga di un uomo divenuto troppo problematico? L’equilibrio tra questi due scenari è labile. Ma entrambi segnalano che se Mosca, sul fronte delle lotte di potere, spesso piange, Kiev non ride. E in entrambi i campi il partito della guerra a oltranza, direttamente o meno, guadagna terreno.

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