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La Russia accelera: ecco perché vuole una base navale in Sudan

Nel corso del tour in Africa, una delle tappe principali del ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, è stato il Sudan. Qui, il capo della diplomazia russa ha dato un annuncio particolarmente interessante: l’accordo per istituire una base logistica per la Marina russa è “in fase di ratifica”. Lavrov lo ha detto durante la conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri sudanese, Ali al-Sadiq. E per il governo russo si tratta di una notizia da non sottovalutare nello scacchiere militare, per quanto ancora non traducibile in un accordo definitivo vista la precaria situazione politica del Paese africano.

L’interesse per la costa del Sudan da parte della Russia va avanti da diversi anni. Alla fine del 2020, diverso tempo dopo il golpe che fece cadere l’ex dittatore Omar al Bashir, emerse la notizia, data anche dai media russi, sull’accordo raggiunto anni prima tra il governo africano e quello di Vladimir Putin per l’istituzione di una base navale sulle coste del Mar Rosso. Il caos politico successivo al colpo di Stato fermò questo processo di accordo, complice anche l’avvertimento degli Stati Uniti sull’isolamento internazionale di Khartoum in caso di approvazione definitiva di questo accordo. Non a caso, appena il Cremlino confermò questa trattativa, il capo di stato maggiore dell’esercito sudanese, Mohamed Osman al-Hussein, disse che non esisteva ancora certezza su quell’hub e che avrebbe rivisto l’accordo. Poi, nei mesi successivi, alcuni incontri di alto livello tra militari sudanesi e funzionari russi ha di nuovo riacceso la pista della base del Mar Rosso. E anche il potente generale Mohammed Hamdan Dagalo si era recato a Mosca per colloqui sulla base ribadendo il sostanziale via libera sudanese.

Il negoziato tra Sudan e Russia ha avuto quindi un percorso travagliato e continua a non essere definitivo. Lo conferma anche il fatto che lo stesso Lavrov abbia detto che è in corso una “revisione” legislativa senza dare tempistiche né certezze sul futuro. L’esercito sudanese, come riportato da alcune fonti di Associated Press, ha detto che si attende la formazione di un governo civile e di un organo legislativo che ratifichi l’intesa. Ma nonostante la volontà e i propositi espressi dalle forze armate di Khartoum, l’assenza di una ratifica appare ancora come un punto interrogativo molto importante sulla vicenda al pari dell’assenza di un parlamento. In ogni caso, il voler tornare a parlare pubblicato di questa trattativa segnala che c’è interesse da entrambe le parti, specialmente al Cremlino.

Per Putin, che attende con ansia la concretizzazione di questo patto, l’istituzione di una base navale in Sudan avrebbe diversi significati. In primis quello politico, e cioè la conferma di un rapporto sempre più stretto tra la Russia e i suoi alleati africani. Il presidente russo ha avviato da tempo un rafforzamento delle relazioni con i Paesi del continente ripercorrendo la strada dell’Unione Sovietica, quando Mosca sosteneva ribelli di matrice comunista o socialista. E questo si vede non solo in Sudan, ma anche in tutti gli Stati africani in cui sono apparsi militari russi, mercenari della Wagner, aziende parastatali e accordi per armi, materie prime ed energia. Inoltre, per il Cremlino, mostrare la capacità di muoversi in tutto il mondo nonostante il crollo delle relazioni con l’Occidente serve come spot per manifestare uno status di potenza al di là della guerra in Ucraina. Su questo punto, l’Africa è quindi sia palcoscenico per uno show diplomatico sia un luogo fondamentale di scontro tra superpotenze.

Dal punto di vista regione e militare, la base ha due risvolti fondamentali. Il primo è rappresentato dalla costruzione di un hub in un tratto di mare di grande importanza strategica, quel Mar Rosso che è un’enorme autostrada dell’energia e anche di passaggio per le flotte dirette verso l’Oceano Indiano. Inoltre, la vicinanza del canale di Suez consente a Mosca di avere due centri nevralgici delle proprie forze navali a nord e sud del canale, ovvero a Tartus, in Siria, e a appunto in Sudan. Questo implica anche l’ulteriore importanza della base per riaffermare quella necessità dell’accesso ai mari caldi che è da sempre un elemento centrale della strategia russa.

Dal punto di vista logistico, infine, la base nell’area di Port Sudan – che secondo le informazioni dovrebbe prevedere un massimo di 300 soldati e la presenza di massimo quattro navi – consentirebbe la sosta delle unità di Mosca senza costringerle a viaggi molto lunghi in assenza di porti nell’Oceano Indiano. Motivi per cui si comprende l’allarme lanciato dagli Stati Uniti e gli avvertimenti lanciati nei confronti di Khartoum.

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