la-base-in-cambogia-e-la-difesa-aerea:-perche-pechino-preoccupa-l'occidente

La base in Cambogia e la difesa aerea: perché Pechino preoccupa l'Occidente

Ream è una piccola base navale in Cambogia che si affaccia sul Golfo del Siam non molto lontano dal confine col Vietnam. Questa località sarebbe rimasta pressoché sconosciuta se non fosse stata oggetto, già qualche anno fa, di importanti investimenti cinesi finalizzati all’ampliamento delle infrastrutture portuali.

Il Wall Street Journal, nel luglio 2019, riportava che Cambogia e Cina avevano firmato un accordo segreto che concedeva alla Cina l’accesso alla base di Ream in cambio della costruzione di nuove infrastrutture. Il rapporto citava anonimi funzionari statunitensi che avevano avuto modo di visionare una prima bozza dell’accordo. Secondo quanto riferito, il patto stabilisce che la Cambogia acconsenta l’utilizzo della sua base a truppe, mezzi e navi cinesi per 30 anni con rinnovo automatico ogni 10 anni. Il Wsj riportava che i sospetti di Washington sono aumentati dopo che la Cambogia aveva rifiutato i finanziamenti statunitensi per riparare le strutture portuali di Ream; finanziamenti che Phnom Penh aveva richiesto in prima istanza.

L’ingerenza cinese

Il primo luglio di quell’anno, davanti alle evidenze mostrate da Washington, il portavoce del ministero della difesa cambogiano ha detto che “a Ream, forse, ci saranno dei cambiamenti in futuro”. Questi cambiamenti sono stati osservati dalla ricognizione satellitare: le strutture originariamente costruite con fondi statunitensi sono state demolite per costruirne altre più ampie, e se sino a qualche anno fa l’ingerenza cinese nel sito di Ream poteva solo essere sospettata, la conferma l’abbiamo avuta a giugno 2022 quando in una cerimonia solenne i funzionari cinesi e cambogiani hanno inaugurato i lavori di potenziamento del sito portuale grazie ai finanziamenti della Cina, con l’inviato di Pechino che ha definito la cooperazione militare sino-cambogiana una “collaborazione di ferro” tra i due Paesi.

Le preoccupazioni occidentali riguardano la possibilità che la Cina stia cercando di ottenere un avamposto militare presso la struttura che si affaccia nel Golfo del Siam e il ministro della Difesa cambogiano, Tea Banh, ha respinto decisamente tali affermazioni, sottolineando, durante la cerimonia, che il progetto è in linea con la costituzione della Cambogia, che vieta le basi militari straniere sul suo territorio, e che la nazione del sud-est asiatico è aperta all’assistenza allo sviluppo di altri Paesi. L’aggiornamento della base “non è mirato a terzi e favorirà una cooperazione pratica ancora più stretta tra i due eserciti”, ha rimarcato anche l’ambasciatore cinese Wang Wentian durante l’inaugurazione, ma gli ultimi sviluppi fanno pensare che la realtà sia ben diversa.

La scorsa settimana il governo cambogiano ha rivelato piani per sviluppare un centro di difesa aerea e ingrandire una stazione radar nel Ream National Park, vicino alla base navale in oggetto. Si tratta di due siti che occupano un’area, rispettivamente, di 157 e 33 ettari, quindi con una grandezza che fa ritenere si tratti di un’installazione militare deputata a difendere ben più della piccola marina militare cambogiana che usa una manciata di piccole unità veloci da pattugliamento, ma ancora una volta il ministero della difesa di Phnom Penh smentisce.

Cina e Cambogia hanno intessuto un rapporto di tipo militare sempre più stretto. A marzo, le due nazioni hanno tenuto per la prima volta esercitazioni navali congiunte nelle acque cambogiane. In un rapporto del novembre 2022, il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha avvertito che la Cina “molto probabilmente sta già considerando e pianificando ulteriori strutture logistiche militari per supportare la proiezione delle sue forze navali, aeree e di terra”, in Cambogia e altrove.

Il porto di Ream, infatti, ha un difetto: è poco profondo, quindi non è adatto a ospitare unità di grandi dimensioni. Una soluzione potrebbe essere quella di dragarlo, ma a quanto pare la Cina ha ritenuto più conveniente spostare la sua attenzione verso un altro sito cambogiano, che a differenza di Ream è più idoneo a essere utilizzato da grandi navi, anche militari.

Navi nella base di Ream, in Cambogia, nel 2019. Foto: Epa/Kith Serey.

La concessione della Cambogia

Poco più a nord, infatti, nella provincia di Koh Kong, Pechino ha ottenuto una concessione dal governo cambogiano per la costruzione di “infrastrutture turistiche”: si tratta di un accordo valevole per 99 anni riguardante un’area di 45mila ettari che si affaccia sul mare data in gestione alla Tianjin Union Development Group. Originariamente la concessione, ottenuta nel 2008 e del valore di 3,8 miliardi di dollari, misurava 36mila ettari – violando peraltro le leggi cambogiane che stabiliscono per tali propositi un’estensione non superiore ai 10mila ettari – e prevedeva solamente la costruzione di infrastrutture di tipo turistico sotto il nome di Dara Sakor Beachside Resort.

Ma come spesso accade anche per questioni meno importanti, varianti in corso d’opera ne hanno trasformato la natura in qualcosa di più complesso che prevede un sistema economico praticamente autosufficiente con strutture mediche, condomini, hotel, impianti manifatturieri, un porto profondo di grandi dimensioni e un aeroporto. Sostanzialmente una vera e propria piccola città dotata di tutti i servizi. Una cittadina che, proprio per la natura del fondale marino, potrà vedere l’arrivo di navi militari battenti bandiera cinese.

Il “filo di perle”

La base navale di Ream occupa una posizione strategica vicino all’estremità meridionale della Cambogia, e in generale tutto il Paese è strategico per gli interessi militari cinesi in quanto è prossimo alle acque del Mar Cinese Meridionale e confina col Vietnam, che particolarmente in questo momento storico è un avversario regionale della Cina proprio per le questioni legate alla sovranità su quel mare.

Attualmente la Cina ha una sola base militare “oltremare”, a Gibuti, all’imboccatura meridionale del Mar Rosso, ma sta lavorando alacremente per completare quel “filo di perle” fatto di infrastrutture portuali che le permetterà di mettere in sicurezza i suoi traffici navali legati alla BRI (Belt and Road Initative). Queste infrastrutture, però, oltre ad avere un uso duale in quanto possono ospitare e sostenere l’attività del naviglio militare cinese, si estendono anche oltre le normali rotte commerciali dall’Asia all’Europa: sappiamo infatti che Pechino si sta accordando con alcuni Paesi africani che si affacciano sull’Oceano Atlantico per ottenere concessioni di utilizzo dei porti, quindi, possibilmente, altrettante basi navali.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.

Related Posts

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *