Il Regno Unito di Rishi Sunak si prepara a lasciare la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu). Questa la voce, circolata per prima sul Times, che rimbalza da oltre Manica la scorsa settimana e che lascia pensare che Londra, dopo la Brexit, possa ritirarsi dall’istituzione collaterale al Consiglio d’Europa.
La battaglia parte dalla sfida sull’immigrazione a cui il governo è intento con la Cedu a Strasburgo e con la quale il Partito Conservatore vuole fornire un assist alla sua base per ottenere risultati politici in una fase critica. I sondaggi penalizzano nettamente il governo, Sunak cerca di mediare tra la fronda a destra, liberista in economia e conservatrice sui temi sociali, e i Tory più ortodossi, desiderosi di vedere una nuova concordia interna al partito. La posizione in politica estera, il sostegno all’Ucraina e la centralità nella Nato non bastano a confermare la credibilità del governo come fonte di unità nel partito.
In quest’ottica, il nuovo vessillo identitario è la sfida alle presunte ingerenze Ue che possono minare la futura legislazione sull’immigrazione.
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Come funziona la Cedu
La Cedu, lo ricordiamo, è stata istituita nel 1959 dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950, per assicurarne l’applicazione e il rispetto sia di fronte ai reclami dei singoli individui che alle richieste degli Stati. Attualmente ne sono membri 46 Paesi, dopo che a settembre la Russia è si è ritirata dalla Convenzione e con essa dalla Cedu.
Il tema fondamentale è quello della gestione dei diritti degli immigrati nel Regno Unito, che l’istituzione basata a Strasburgo ha più volte rimbottato fin dal governo di Boris Johnson. Sunak si prepara a stringere i bulloni della sua nuova legge sulla gestione dell’immigrazione e i falchi della destra del Partito Conservatore, guidati dall’inflessibile Ministro dell’Interno Suella Braverman, chiedono che si scavalchino le decisioni prese dalla Cedu su temi come l’accordo col Ruanda per l’espulsione degli irregolari, giudicato illegale da Strasburgo. Il trattato del 1950 e i processi promossi alla Cedu riguardano la tutela dei principi fondamentali, tra cui il diritto a non subire pene degradanti o disumane.
“L’adesione al trattato consente effettivamente ai cittadini all’interno di un paese membro del Consiglio d’Europa di impugnare le decisioni della Corte di Strasburgo che ritengono possano violare le leggi europee sui diritti umani”, scrive Gb News. “Come parte del trattato, i membri del Consiglio d’Europa convengono di affrontare e correggere qualsiasi violazione dei diritti umani riscontrata dalla Corte di Strasburgo”.
Come si schiera il governo britannico
Dominic Raab, ministro della Giustizia, si sta spostando sulle posizioni della parte dura dell’esecutivo. Ma sicuramente, in primo luogo, si pone una questione complessa sul piano legale. L’articolo 58 della Convenzione invocato a marzo, dopo l’invasione dell’Ucraina, dalla Russia dà agli Stati membri la facoltà di ritirarsi dalla Cedu con sei mesi di preavviso, come fatto da Mosca. Ma sul fronte del diritto interno questo imporrebbe a Londra di intervenire pesantemente sulla legislazione nazionale, condizionata dalla common law che vede le giurisprudenza fare sentenza e legge, per capire quali componenti delle deliberazioni della Cedu in oltre sessant’anni far rientrare nel diritto interno britannico e quali no.
Un tema simile si pone, oggigiorno, sul fronte delle leggi comunitarie previste come mantenute nel diritto interno britannico dopo il completamento della Brexit, molte delle quali possono essere ripudiate dal Regno Unito solo dopo un voto parlamentare a cui i Tory intendono dare concretizzazione nel 2023.
Sunak intende mettere in campo una corposa legislazione sull’immigrazione per offrire ai Conservatori una bandiera attorno a cui riunirsi dopo che negli ultimi mesi la legislazione fiscale e la politica economica hanno messo in campo tutte le fratture interne a un partito segnato da tredici anni continuativi di permanenza al potere e messo sotto stress dai due cambi di governo in pochi mesi che hanno portato dopo Johnson Liz Truss prima e Sunak poi a Downing Street.
“I funzionari governativi hanno indicato che la nuova legislazione consentirebbe alle autorità di detenere e deportare chiunque arrivi nel Regno Unito con ciò che considera mezzi illegali e privarli del diritto di richiedere asilo”, nota il Financial Times. La speranza di Sunak “è che, insieme ai piani per deportare i richiedenti asilo che arrivano via mare fino in Ruanda, l’uscita dalla Cedu funga da deterrente” per nuovi ricorsi.
John Major e gli altri Tory ribelli
Non mancano però le voci critiche in casa Tory a questa mossa. Il timore è che Londra finisca, nei fatti, assimilata alla Russia di Vladimir Putin per combattere una battaglia che è presentata diametralmente opposta a quella di Mosca. La Russia ha strappato completamente con le democrazie liberali, Londra vorrebbe evitare ogni intromissione interna nel suo diritto nazionale. E rilanciare l’idea della difesa della propria autonomia legislativa da poteri interni. Ma il Partito Conservatore è la formazione che ha guidato Londra nelle grandi dinamiche storiche dell’ultimo secolo e molte voci critiche all’ipotesi di uscita temono che lo strappo con la Cedu possa danneggiare l’immagine del Paese. Tra questi l’ex titolare della Giustizia nel governo di Sua Maestà, Robert Buckland e il presidente della commissione Giustizia della Camera dei Comuni, Robert Neill. A cui si è aggiunta la voce, tuonante, dell’ex premier John Major.
Sir Major, regista degli accordi di pace in Irlanda del Nord poi firmati da Tony Blair, ha dichiarato che la grande minaccia dell’addio alla Cedu potrebbe essere il caos nella definizione delle regole per l’Ulster di domani durante un’audizione davanti al comitato della Camera dei Comuni per gli affari dell’Irlanda del Nord nella giornata di martedì 7 febbraio.
“La gente pensa che sia un organismo dell’Unione europea, quindi non gli piace”, ha detto Major alla commissione. “Non lo è. Il padre fondatore fu Wnston Churchill e i membri del suo governo. Era un’invenzione britannica”, ha detto Major, ricordando la necessità di essere esempio per il diritto internazionale di domani e il ruolo guida giocato dal Regno Unito in passato in tal senso. Messo a rischio a suo dire in una nazione che si professa “globale” ma non più europea. Con tutte le contraddizioni che questo impone.
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