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Il fusionismo reaganiano: una ricetta ancora attuale per la destra – Nikola Kedhi

L’idea dell’ex presidente del Consiglio e leader storico del centrodestra italiano, Silvio Berlusconi, di un grande partito conservatore merita un dibattito serio e ben ponderato.

Quello di un grande partito conservatore è un mio antico sogno, fin dal 1994. Sarebbe un passo importante verso il compimento della democrazia bipolare in Italia. Un partito di questo tipo dovrebbe essere qualcosa di simile al partito repubblicano negli Stati Uniti, quello di Lincoln e di Eisenhower, di Reagan e di Bush. Dovrebbe essere un partito plurale, al cui interno le idee liberali, cristiane, garantiste, che noi rappresentiamo, dovrebbero avere un ruolo fondamentale.

Molti direbbero che questa idea si sta già realizzando con Fratelli d’Italia, riuscendo forse in un futuro non lontano ad assorbire in sé tutte le fazioni del centrodestra. Partito unico o meno, è difficilmente contestabile il fatto che solo una destra unita può vincere e l’Italia ne è la prova.

Nel 2023, questa unità della destra, indipendentemente dalla formula, dovrebbe essere un obiettivo perseguito da conservatori e libertari sulla base di valori e principi comuni, in Italia e in Occidente.

Destra e sinistra

Gli elettori di destra di solito sono più individualisti e non si adeguano facilmente. Sono esigenti nel chiedere coerenza, serietà e programmi concreti. Se sei un politico di destra, non puoi vincere solo attaccando l’avversario. Devi avere una visione convincente e ottimista per il futuro.

Gli elettori di sinistra invece sono più compatti, perché per loro l’individuo e la famiglia sono secondari. Prima di tutto viene il “bene comune” e il partito che ne è interprete, lo Stato, e la burocrazia che è onnisciente, tecnocratica, più intelligente e capace del singolo nel rispondere ai bisogni della società.

Se capiamo questo, è più facile capire perché la sinistra vuole tasse più alte, meno libertà economica, una religione screditata e più intervento nei mercati e nella società.

La base del fusionismo

Gli elettori di destra mettono l’individuo e la famiglia al centro della società – e per i credenti solo Dio è al di sopra di essi. I conservatori hanno fiducia nel potenziale che c’è in ognuno di noi. Credono nella sacralità della vita e della famiglia, nelle libertà fondamentali – di pensiero, parola e religione – e nella libertà economica, nella nazione, nella tradizione e nella storia.

I liberali classici concordano sulla necessità di ciascuno di questi elementi per una società libera, stabile e prospera. Questa è la base del fusionismo.

Il governo ha un posto nella società, ma non al suo centro. Ecco perché la destra rifiuta ogni forma di autoritarismo, dal fascismo e nazismo, al corporativismo, al socialismo e al comunismo.

Il punto di vista della destra è che tutti gli individui nascono liberi di vivere, pensare e agire purché non danneggino l’altro, rispettando e conservando ciò che è venuto prima in modo che venga trasmesso a coloro che ci saranno in futuro.

È questo il motivo per cui la destra è in genere, o dovrebbe essere, contro l’assistenzialismo, la crescita enorme del debito pubblico, il suo uso improduttivo, mentre è a favore della tassa piatta e bassa e di un governo limitato.

Leader combattivi

Tuttavia, vale dire che molto spesso i conservatori sono lasciati soli a difendere questi valori. Spesso vengono bullizzati ed esclusi, o mal tollerati da parte del sistema mediatico mainstream controllato dalla sinistra, da parte dei cosiddetti woke mob e persino dei politici di destra che cercano disperatamente l’inclusione nei circoli elitari.

È in questo contesto che la maggior parte dei conservatori vede personalità come Donald Trump o Ron DeSantis, Giorgia Meloni e Santiago Abascal come “protettori” o “campioni” di queste convinzioni. I conservatori si mobilitano a sostegno dei leader che finalmente si battono per essi.

Senza comprendere il profondo divario tra la gente comune e le élite progressiste, è impossibile comprendere l’ascesa di leader forti e carismatici che non temono di combattere al fianco della gente comune.

Trump, Meloni e molti altri leader sono vissuti come argini di difesa in un ambiente di profonde divisioni e conflitti culturali artificiali, causati da una sinistra sempre più aggressiva.

Superare le divisioni

I leader che ho citato hanno capito una cosa: devono unire organicamente la destra per vincere. Prima di loro, decenni fa, il presidente Usa Ronald Reagan e il primo ministro britannico Margaret Thatcher avevano ben compreso come la sinistra avrebbe seminato divisioni all’interno delle fazioni della destra per impedire loro di unirsi e prevalere.

La pluralità di idee, storie, percorsi, è necessaria e benvenuta, una risorsa per la destra, anche dentro un solo partito.

La destra deve essere consapevole e orgogliosa delle proprie idee e radici, e dei precedenti successi, nonostante ciò che le rimprovera la sinistra. In Spagna, ad esempio, cercano di intimidire il Partido Popular per impedirgli di allearsi con Vox. Demonizzano Vox e intimidiscono il PP, mentre il Partito socialista si allea con i partiti comunisti e separatisti.

Il centrodestra italiano ha saputo superare le divisioni. Da Berlusconi nel 1994 a Giorgia Meloni hanno utilizzato lo stesso schema in modo del tutto naturale. E oggi l’Italia è governata da partiti che si sono uniti intorno a valori e principi che, sebbene adattati alle sfide dei nostri tempi, ritroviamo anche nel fusionismo di Reagan.

La sinistra farà tutto ciò che è in suo potere perché questa alleanza duri il più breve tempo possibile.

L’insidia del “bene comune”

E d’altra parte, la destra dovrebbe guardarsi anche da coloro al suo interno, in nome di un “bene comune”, alimentano divisioni e propongono esclusioni.

I post liberal e gli integralisti parlano di un “bene comune” che nessuno definisce ed escludono chiunque vi si opponga, aiutando così ironicamente solo la sinistra.

Il “bene comune” non può essere definito a tavolino dai burocrati – né di destra né di sinistra – ma è il risultato delle interazioni delle persone attraverso il mercato, in base ai loro bisogni, desideri e capacità. Un meccanismo che si corrompe solo quando i governi intervengono per i loro interessi, a favore dei loro clientes.

Solo attraverso il mercato e la responsabilità fiscale si possono creare posti di lavoro, aumentare produttività e competitività – esattamente ciò che all’Italia è mancato in questi anni.

Il governo Meloni

Il governo Meloni dovrebbe quindi sostenere un governo limitato, uno Stato che non interferisca nella vita degli individui e delle famiglie, tasse basse, incentivi alla produzione e all’assunzione.

Nelle questioni culturali e sociali, dovrebbe cercare di difendere la storia, le tradizioni, le comunità e lo stile di vita degli italiani, assediati dalla sinistra per oltre un decennio.

Sebbene Giorgia Meloni con la sua retorica enfatizzi spesso le industrie nazionali e la produzione locale, a causa dei danni che questi hanno subito dalle politiche progressiste, ciò non significa che non creda nel libero mercato e nel capitalismo come strada maestra per fare grande l’Italia.

Il governo Meloni ha la responsabilità di non sprecare l’occasione di mostrare all’Europa e al mondo cosa può fare una destra che unisce, ispira e governa sulla base di una visione e di principi realistici e coerenti, riportando alla prosperità una nazione.

L’Occidente al bivio

Un rinnovato fusionismo può riuscire, come in passato, a portare la destra al successo. Proprio come ha contribuito a far cadere il comunismo negli anni ’80, così oggi può aiutare a sconfiggere il wokeismo, l’interventismo statale e una sinistra autoritaria e progressista.

L’Occidente è a un bivio. Un’Europa e Stati Uniti forti sono necessari per ristabilire un’alleanza che tenga testa a Russia e Cina e per garantire che l’equilibrio di potere rimanga in Occidente. Solo una destra realista e fusionista può raggiungere questo obiettivo.

In questo nuovo anno, conservatori e libertari dovrebbero lavorare nei propri Paesi per stabilire una rete internazionale basata su valori e principi comuni e obiettivi chiari. Il potenziale per un’età dell’oro della destra e dell’Occidente è ancora enorme.

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