In Giappone fu condannato alla pena capitale nel 1968
Francesca Sabella — 13 Marzo 2023
Iwao Hakamada è il detenuto più anziano del mondo. Ha ottantasette anni e ne ha trascorsi quaranta nel braccio della morte in un carcere giapponese. Metà della sua vita in bilico tra il qui e l’aldilà. Senza sapere quanto ancora avrebbe vissuto, senza sapere se mai sarebbe uscito da quel limbo infernale. Ora c’è uno spiraglio, un nuovo processo. Un tribunale giapponese ora ha ordinato un nuovo processo, ha riaperto il caso quasi 60 anni dopo la sua condanna per omicidio. Oggi dopo una breve udienza, gli avvocati di Iwao Hakamada sono usciti dall’Alta Corte di Tokyo con striscioni che chiedevano un nuovo processo, mentre i suoi sostenitori gridavano “Hakamada libero, ora”.
“Ho aspettato questo giorno per 57 anni ed è arrivato“, ha detto Hideko, sorella di Hakamada. L’uomo ha trascorso più di quattro decenni nel braccio della morte dopo essere stato condannato alla pena capitale nel 1968 per il quadruplo omicidio del suo capo e di tre membri della sua famiglia. Hakamada ha confessato il crimine dopo settimane di interrogatori in carcere, prima di ritrattare. Da allora ha sostenuto la sua innocenza, ma la sentenza è stata confermata nel 1980. L’ex pugile è stato rilasciato nel 2014 dopo che un tribunale ha ammesso i dubbi sulla sua colpevolezza in base ai test del Dna sugli indumenti insanguinati, la prova chiave nel caso dell’accusa, e ha deciso di offrirgli un nuovo processo.
Ma nel 2018, un nuovo colpo di scena: su ricorso dell’accusa, l’Alta Corte di Tokyo ha messo in dubbio l’affidabilità dei test del Dna e ha annullato la decisione del 2014. La Corte Suprema giapponese ha poi ribaltato la decisione alla fine del 2020, impedendo a Hakamada di essere nuovamente processato nel tentativo di ottenere l’assoluzione. I suoi parenti sottolineano le cicatrici psicologiche lasciate da oltre quattro decenni in cella, con il timore quotidiano di essere giustiziato per impiccagione. Negli ultimi anni, le richieste di nuovo processo sono aumentate nell’arcipelago giapponese a causa dei cambiamenti nel sistema giudiziario, tra cui l’implementazione di giurie popolari per i reati gravi e il fatto che i pubblici ministeri devono presentare prove materiali alla difesa.
In passato ciò non avveniva, con il risultato che le confessioni venivano utilizzate come prove. Il Giappone è, insieme agli Stati Uniti, uno degli ultimi Paesi industrializzati e democratici a utilizzare ancora la pena capitale, alla quale l’opinione pubblica giapponese è ampiamente favorevole. Oggi, più di due terzi dei paesi al mondo ha abolito la pena capitale per legge o nella pratica. Secondo un rapporto del 2021 di Amnesty International ci sono state 579 esecuzioni in 18 stati, con un aumento del 20 per cento rispetto al 2020. Si tratta del più basso dato registrato nell’ultimo decennio. Nonostante questi passi indietro, il totale delle esecuzioni registrate da Amnesty International nel 2021 è il secondo più basso, dopo quello del 2020, almeno a partire dal 2010. La maggior parte delle esecuzioni note è avvenuta in Cina, Iran, Egitto, Arabia Saudita e Siria – nell’ordine. La Cina rimane il paese dove il boia è più attivo al mondo – ma il reale ricorso alla pena di morte rimane sconosciuto poiché queste informazioni sono classificate come segreto di Stato; per questo motivo le cifre globali riguardo esecuzioni e condanne a morte stilate da Amnesty International escludono le migliaia di persone che l’organizzazione ritiene siano state messe a morte o condannate in Cina. Bielorussia, Giappone e Emirati Arabi Uniti hanno fatto nuovamente ricorso alla pena di morte. Amnesty International non ha registrato esecuzioni in India, Qatar e Taiwan, paesi che avevano messo a morte nel 2020.
L’Iran ha messo a morte almeno 314 persone (in aumento da almeno 246 nel 2020), il numero più alto di esecuzioni dal 2017, in contro-tendenza rispetto le diminuzioni annuali registrate da allora. Il numero di esecuzioni registrate in Arabia Saudita è aumentato vertiginosamente, da 27 a 65, con un aumento del 140% percento. Alla fine del 2021, più di due terzi dei paesi del mondo hanno abolito la pena capitale nelle leggi e nella pratica. 108 paesi, la maggior parte degli Stati, avevano abolito la pena capitale per legge per tutti i crimini e 144 paesi avevano abolito la pena di morte per legge o nella pratica. 55 paesi, invece, mantengono la pena capitale.
Giornalista napoletana, classe 1992. Affascinata dal potere delle parole ha deciso, non senza incidenti di percorso, che sarebbero diventate il suo lavoro. Segue con interesse i cambiamenti della città e i suoi protagonisti.
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