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I possibili risvolti politici degli aiuti dell'Italia in Siria

Almeno due voli nei giorni scorsi sono decollati da Pisa con destinazione Beirut. All’interno dei velivoli della nostra aeronautica militare c’erano ambulanze, medicine, mezzi di soccorso e di ricerca, viveri e altri aiuti. La destinazione finale però non era la capitale libanese. Il materiale imbarcato in Italia è destinato alle zone terremotate della Siria. Quelle dove il conteggio delle vittime sta salendo giorno dopo giorno e dove, al contempo, il numero di mezzi arrivati appare drammaticamente ancora molto al di sotto della sufficienza.

L’Italia, tra i Paesi europei, è stato il primo a inviare aiuti e a rispondere alla richiesta di soccorso ufficiale inoltrata da Damasco all’Ue tramite il meccanismo europeo di protezione civile. Un elemento che potrebbe avere anche risvolti politici non indifferenti: in una fase dove il governo siriano, per via dell’emergenza terremoto, sta riallacciando parziali contatti con l’occidente, l’Italia potrebbe giocare un ruolo di primo piano nella ricucitura dei rapporti.

L’arrivo degli aiuti tramite Beirut

Appare importante però chiarire un aspetto: Roma e Damasco non hanno intrapreso iniziative volte a normalizzare i rapporti. Tutti i mezzi inviati dall’Italia stanno arrivando dal Libano. In primis per motivi logistici, visto che lo scalo di Aleppo risulta parzialmente danneggiato e quello di Damasco è più distante dalle zone danneggiate. Ma ci sono anche motivazioni politiche. Italia e Siria, da quando nel 2011 è iniziata la guerra civile, hanno interrotto i contatti diplomatici. Non solo, ma anche Roma ha più volte dato il suo benestare alle sanzioni imposte dall’Ue contro il governo siriano guidato dal presidente Bashar Al Assad.

Fare leva sul Libano quindi, ha evitato contatti diretti tra le parti e ha reso più veloci i tempi di consegna del materiale. Gli aiuti infatti, una volta giunti a Beirut, sono stati presi in carico dalla mezzaluna rossa, l’equivalente della nostra croce rossa.

Roma arrivata prima degli altri Paesi Ue

Anche se non ci sono stati diretti contatti con la Siria, gli aiuti italiani sono stati inviati dopo l’attivazione del meccanismo europeo di protezione civile richiesto da Damasco. Roma, in poche parole, si è mossa rispondendo a una precisa e ufficiale richiesta di soccorso delle autorità siriane. E si è mossa prima di altri Paesi europei. Lo ha sottolineato l’inviato Ue per la Siria, Dan Stoenescu, ringraziando l’Italia per il suo apporto.

Sul perché i voli italiani diretti a Beirut sono stati i primi ad alzarsi in Europa, possono esserci almeno due spiegazioni. Anche in questo caso una è di natura logistica, l’altra di natura politica. A livello tecnico, l’Italia tra i Paesi Ue è quello con una più vasta esperienza nelle emergenze causate da disastri naturali. Dunque la macchina logistica che sta dietro ad operazioni di soccorso e di invio di aiuti in zone disastrate risulta tra le più collaudate in Europa. Scattato il meccanismo europeo, le nostre autorità hanno potuto da subito soddisfare le richieste siriane.

Possibile un lavoro di ricucitura con Damasco?

La motivazione politica invece partirebbe da due presupposti. I rapporti tra Italia e Siria prima del conflitto sono sempre stati molto stretti, sia a livello politico che commerciale. Basti pensare che nel 2010, a un anno dall’inizio della guerra, l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è recato a Damasco in visita ufficiale conferendo peraltro ad Assad la nomina a cavaliere di gran croce. L’altro presupposto ha invece a che fare con le posizioni espresse dall’attuale presidente del consiglio, Giorgia Meloni, durante la guerra. Da leader di Fratelli d’Italia, più volte Meloni ha aperto alla possibilità di tornare al dialogo con il presidente Assad.

Nel 2015, nel corso di un’intervista su La7, ha ad esempio invocato il ritorno a una collaborazione con Damasco in funzione anti Isis. In quel momento infatti il califfato stava dilagando sia in territorio siriano che iracheno. Nel 2018, Giorgia Meloni inoltre si è mostrata prudente nell’attribuire ad Assad accuse riguardanti gli attacchi chimici in Siria: “La paura è che qualcuno cerchi un pretesto per scatenare una nuova guerra – ha scritto la leader di Fratelli d’Italia il 10 aprile 2018 – che farebbe casualmente molto comodo a chi è uscito recentemente sconfitto dallo scacchiere mediorientale. Fratelli d’Italia non è disposta ad assecondare operazioni spregiudicate di questo tipo”.

Con il sisma del 6 febbraio, il contesto internazionale ha già subito importanti cambiamenti. Gli Usa hanno sospeso alcune sanzioni per i prossimi sei mesi e, come detto, l’Europa ha risposto a una richiesta ufficiale di Damasco sugli aiuti. L’emergenza obbligherà le parti, in Siria come all’estero, a cercare almeno degli accordi momentanei. Roma quindi, alla luce dei rapporti pre bellici con Damasco e delle posizioni di Giorgia Meloni, potrebbe ricevere delle aperture di credito da Assad ed assumere un ruolo importante in caso di ricucitura dei rapporti tra la Siria e l’occidente.

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