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I naufragi dei migranti e la Guardia Costiera: nei guai i marinai veri al posto dei finti capitani – Il Riformista

E’ necessario un cambio delle regole

Luca Casarini — 17 Marzo 2023

I naufragi dei migranti e la Guardia Costiera: nei guai i marinai veri al posto dei finti capitani

Sbagliare il bersaglio, quando si punta il dito contro qualcuno o qualcosa, può derivare almeno da due elementi. Il primo è se il bersaglio puntato frappone fra sé e le accuse qualcun altro o qualcos’altro a fargli da scudo. Il secondo è se chi ha puntato il bersaglio non ha preso bene la mira. Il primo caso riguarda il governo: con la gestione che sta facendo dei fallimenti – e ogni vita umana persa lo è – che hanno causato in mezzo a tanti salvati, anche 130 “sommersi” in pochi giorni molti sono bambini (nel naufragio di Cutro e in quello al largo della Libia), sta mettendo in mezzo, consapevolmente, la Guardia Costiera.

Infatti, in mancanza di una assunzione di responsabilità del politico, capace di assumere su di sé e affrontare i limiti che hanno causato la non possibilità di salvare, la gestione del “giudizio” viene lasciata alla magistratura. Per coprire questa poco onorevole strategia, il politico usa due concetti, sinergici tra loro. “Ho la coscienza pulita” e “Come osate accusare la Guardia Costiera”. Attraverso il primo se ne lava le mani, con il secondo svela di quale scudo vuole fare uso, per parare il colpo. E se le colpe non sono politiche, rimane l’eventuale colpa soggettiva di qualche fallace esecutore di ordini, che per imperizia, per errore, per sottovalutazione, non li ha eseguiti bene.

L’attitudine pilatesca del politico libera la strada all’idea che solo la magistratura possa essere il campo del giudizio. Quante volte lo abbiamo visto fare in questo paese! Sotto i riflettori – o perché tirata in ballo dalle inchieste penali, o perché messa in mezzo da quelli che fanno finta di prenderne le parti ma alla fine suggeriscono che se deve esserci un colpevole quello è – ci finisce la Guardia Costiera. In breve, se un corpo dalla storia gloriosa come il nostro, che a differenza delle altre guardie costiere da Malta alla Grecia le persone in mare le salva eccome, viene messo in mezzo e diventa il “bersaglio”, è perché il bersaglio vero, Salvini, lo sta usando da scudo per non assumersi nessuna responsabilità. A pagare rischiano di essere marinai veri, invece che finti capitani. E’ quel modo di fare politica da bulletti, visto in così rapida sequenza negli ultimi giorni, per cui è la furbizia ad essere virtù, non l’onestà. E se alla fine qualche marinaio sarà impallinato, poco male: ci sono gli altri, più amici e più in linea che già scalpitano per sostituirlo.

“Ho la coscienza a posto”, ripetuto dalla Meloni, madre e cristiana, è l’opposto di quel “mea culpa” che con millenaria saggezza le scritture suggeriscono a tutti di recitare. A tutti, nessuno escluso. Se parliamo del dramma del Mediterraneo nessuno, e tantomeno chi ha o ha avuto in questi anni responsabilità di governo, può scagliare la prima pietra. Nessuno, né l’Italia né l’Europa, ha la coscienza a posto. E se di loro, di quelli che da un decennio si alternano nel perseguire le stesse politiche criminali e fallimentari che ci hanno condotto ai lager in Libia e alla criminalizzazione del soccorso, nessuno può dirsi assolto, nemmeno noi che stiamo fuori, noi società civile, noi elettori o astensionisti, noi grandi firme di grandi quotidiani e volti noti dei talk show, possiamo farlo. Abbiamo voluto vedere troppo tardi e troppo poco, abbiamo fatto troppo poco, ci siamo indignati troppo poco.

Ci siamo incazzati a comando, e in fondo non abbiamo sufficiente voglia di rischiare i nostri privilegi per avere il coraggio di sfidare poteri troppo forti o troppo amici e leggi disumane ed ingiuste. Anche violandole se necessario. A partire da questo, da un bagno di consapevolezza ed umiltà, forse si può evitare l’errore di sbagliarla noi la mira, contribuendo al fatto che il vero bersaglio la faccia franca un’altra volta. Forse per vederci chiaro, dobbiamo evitare di farci distrarre dal contorno: perdere meno tempo su giudizi morali sui karaoke, analisi grammaticali sul parlare coatto e valutazione sulle sintassi da sbirro. Andiamo prima al punto, dritto per colpire. Cosa dobbiamo chiedere al governo, pretendere, dopo questi naufragi entrambi evitabili?

Potenziamento della Guardia Costiera, più uomini e donne e più navi, in particolare quelle con autonomia di oltre 600 miglia; direttive chiare che ribadiscano, anche in termini operativi, che il soccorso ha priorità su ogni operazione di polizia, e come dice il Piano Sar Nazionale, va operato anche al di là delle zone di competenza se questo può salvare delle vite; battere i pugni in Europa per cambiare le regole di ingaggio delle navi militari impegnate nella missione Eunavformed Irini, prevedendo il loro impiego in operazioni di search and rescue quando necessario; assumere le raccomandazioni Onu e le sentenze italiane riguardanti il divieto di considerare la Libia un porto sicuro. Come è possibile che l’Onu, il Tribunale Penale Internazionale e anche i tribunali italiani considerino un grave reato riportare persone soccorse di nuovo in Libia, e Italia e Unione Europea finanzino e forniscano di mezzi le milizie di quel paese per catturare in mare e deportare i naufraghi li da dove scappano?

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