“Non parliamo per il presidente Zelensky, ma noi non sosteniamo un cessate il fuoco in questo momento che favorirebbe Mosca”. Con queste parole, pronunciate durante un briefing telefonico, John Kirby, il portavoce del National Security Council della Casa Bianca, ribadisce la posizione degli Usa sulla guerra in Ucraina: nessuna tregua finché Vladimir Putin non cambierà idea sull’occupazione dell’Ucraina.
Il messaggio ha un destinatario in particolare, la Cina, che dagli albori del conflitto tenta di accreditarsi come potenza responsabile e interlocutrice super partes tra Occidente e Russia. In realtà, secondo Washington, il disegno di Pechino sarebbe un altro. “Gli Usa sono profondamente preoccupati dalla possibilità che la Cina possa tentare di posizionarsi come artefice della pace nel conflitto in Ucraina, promuovendo un cessate il fuoco che offrirebbe alla Russia la possibilità di riorganizzarsi e riprendere poi gli attacchi a proprio piacimento”, ha continuato Kirby. Un’alleanza mascherata quindi quella tra Putin e Xi Jinping, che si incontreranno lunedì 20 marzo per dei colloqui ad alti livelli che dovrebbero portare alla firma di un nuovo accordo.
“Speriamo che il presidente cinese Xi Jinping si metta in comunicazione diretta con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, perchè è importante che Xi ascolti la posizione dell’Ucraina e non solo quella della Russia”, ha poi aggiunto il funzionario americano, che dubita fortemente della sincerità cinese nel condurre queste trattative per “una pace duratura”. Il vertice Xi-Putin della prossima settimana è, agli occhi della Casa Bianca, un “tentativo di aumentare l’influenza cinese”. E in effetti i famosi 12 punti per la pace, tra i quali il rispetto dell’integrità territoriale, l’indipendenza e la sovranità, enunciati dal ministero degli Esteri il 24 febbraio scorso sono la foglia di fico delle intenzioni cinesi. Come ha ammesso Kirby, d’altronde, un cessate il fuoco rappresenterebbe una ratifica delle acquisizioni territoriali accumulate dal Cremlino in quest’anno di guerra, che solo una controffensiva ucraina potrebbero annullare.
L’amministrazione Biden adesso punterebbe ad armare in maniera poderosa l’esercito ucraino per metterlo nelle condizioni di sferrare un attacco nelle regioni occupate nel sud del Paese, dunque Zaporizhzhia, Dnipropetrovsk, Kherson e, il piatto più goloso, la tanto agognata Crimea. Rimangono comunque voci contrarie e più pessimiste dentro alle stanze dei bottoni di Washington: secondo un’indiscrezione riportata da alcuni quotidiani statunitensi, l’Ucraina avrebbe esaurito la spinta per un contrattacco primaverile. Il motivo sarebbe da rintracciare nella decisione di Zelensky e dei leader militari di proseguire a oltranza con la difesa di Bakhmut, la città-fortezza del Donbass dove i combattimenti tra le due armate continuano da mesi senza novità importanti.
Eppure, il presidente ucraino ha accolto favorevolmente la proposta della Cina, nonostante gli avvertimenti e le riserve degli Usa. L’ambiguità di Zelensky serve forse per costruire e mantenere nel tempo quel largo consenso internazionale di cui la sua nazione ha vitale bisogno per mettere in risalto l’isolamento che la Russia si ritrova a dover fronteggiare.
La realtà però è un’altra. Pare infatti che la Repubblica Popolare non solo parteggi nemmeno troppo velatamente per il partner russo, ma che lo stia supportando militarmente con fucili, droni e giubbotti antiproiettile. L’evidenza sarebbe emersa dall’analisi dei dati doganali tra i due Stati, che rivelerebbero una collaborazione costante lungo tutto il conflitto.
Dimostrare che le aziende cinesi agiscano direttamente per conto del governo di Pechino è però un’azione oltremodo complessa e la mancanza di conferme, malgrado le minacce degli Stati Uniti, consente a Xi Jinping di muoversi contemporaneamente su due binari. Da un lato, il nuovo leader dell’ordine globale alternativo a quello unipolare, volto a soppiantare l’egemonia americana; dall’altro il volto del garante del diritto internazionale e della pace tra i popoli. Un equilibrio precario che gli Stati Uniti stanno cercando di spezzare con ogni energia per smascherare la volontà cinese.
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