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È morto Ratzinger ma vogliono seppellire Papa Francesco: il rancore di padre Georg e l’attacco dei media – Il Riformista

L’addio diventa il festival del rancore

Fabrizio Mastrofini — 6 Gennaio 2023

È morto Ratzinger ma vogliono seppellire Papa Francesco: il rancore di padre Georg e l’attacco dei media

«La contingenza storica che ha visto convivere nello stesso tempo due Successori di Pietro ha configurato per la Chiesa una situazione istituzionale inedita, che poteva anche essere delicata. Qualcuno magari ha pensato di approfittarne, e magari ci ha anche provato, per spargere confusione. Ma non è riuscito nel suo intento». Così ha parlato ieri il Segretario di stato, il cardinale Pietro Parolin, in una lunga intervista al Corriere della Sera, per fornire delle spiegazioni e riequilibrare una seconda situazione inedita: dopo la rinuncia del 2013, i funerali di un papa celebrati dal successore. Oggi, dopo la cerimonia solenne ma sobria e dopo l’intervista data da mons. Georg Gänswein, occorrerà, forse, preoccuparsi affinché la “confusione” non prosegua.

A dire la verità c’è chi già chi opera in tal senso, come ha fatto vedere l’account twitter “StopFakeNews” che certifica la falsità su un video del 2011, ora riproposto, secondo cui Joseph Ratzinger in gioventù sarebbe stato respinto dai gesuiti, ordine in cui voleva entrare. Peccato non sia mai accaduto. Intanto il capo del governo, Giorgia Meloni, presente ai funerali, ha twittato sull’ “eredità spirituale e intellettuale” del Papa emerito, “fatta di fede, fiducia e speranza” che tocca preservare e portare avanti. Altri siti di stampo conservatore di qua e di là dell’Oceano, criticano l’omelia di Papa Francesco ai funerali. Si è trattato di un testo breve, dall’impronta spirituale, a commento delle parole di Gesù sulla Croce: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”, che si trovano nel Vangelo letto in Piazza davanti ad una folla compatta, valutata in centomila fedeli. Il primo a dare voce ad un “disappunto” verso l’omelia è stato il cronista e commentatore del Wall Street Journal, il corrispondente da Roma e dal Vaticano Francis X. Rocca, che di questioni ecclesiali si intende e molto.

Ha scritto subito che si è trattato di una solenne cerimonia, però “non si è focalizzata sulla vita e sulle opere del deceduto”. Ed ha aggiunto: «Colpisce il contrasto con l’elogio funebre che il futuro papa Benedetto, allora noto come cardinale Joseph Ratzinger, pronunciò per san Giovanni Paolo II all’ultimo funerale papale, nel 2005. L’omelia del cardinale Ratzinger in quell’occasione approfondiva ampiamente la biografia del papa polacco come modello per seguire Gesù. In confronto, la brevità dell’omaggio di Francesco al suo predecessore di giovedì rischiava di deludere molti ammiratori di Benedetto». E poi hanno molto colpito le frasi del segretario particolare di Benedetto XVI, l’arcivescovo tedesco George Gänswein, che in un’intervista prontamente rilanciata in italiano, ha preso di mira uno dei provvedimenti di papa Francesco: la decisione del 2021 di abolire le norme giuridiche promulgate dal suo predecessore nel 2007 per celebrare correttamente la messa in latino. Nell’intervista al giornale tedesco Die Tagespot, mons. Gänswein si è riferito al Motu Proprio “Traditionis custodes” pubblicato da Bergoglio nel 2021.

«Credo che papa Benedetto abbia letto questo Motu Proprio con il dolore nel cuore», in riferimento all’abrogazione decretata da quest’ultimo testo per il Motu Proprio “Summorum pontificum” del 2007 con cui papa Ratzinger indicava le norme giuridiche e liturgiche per una corretta celebrazione dell’Eucaristia secondo il Messale promulgato nel 1962 da Giovanni XXIII. Consapevole della portata della questione, il testo del 2021 era accompagnato da una nota esplicativa e da una lettera ai vescovi di tutto il mondo in cui il Papa sottolineava la necessità di «ristabilire in tutta la Chiesa di Rito romano una sola e identica preghiera che esprima la sua unità, secondo i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II e in linea con la tradizione della Chiesa». Così una volta deceduto il papa emerito, si vuole far intendere che non sia vera la collaborazione e il rispetto tra i due?

Ma si sa, sul latino si gioca una partita molto complessa: la lingua viene presa come bandiera per quei settori che ancora dopo quasi 60 anni, non accettano il rinnovamento liturgico del Concilio Vaticano II e la decisione di celebrare nelle lingue locali. Per cercare un punto di equilibrio, era rimasta la facoltà di celebrare, su richiesta, la messa in latino. Ma come spiega papa Francesco, invece di riappacificare, le norme hanno inasprito la controversia, favorendo una sorta di contrapposizione tra i riti e da qui la decisione normativa del 2021. Quanto all’omelia, papa Francesco l’ha dedicata alla fiducia nell’azione di Dio. Come Gesù sulla Croce si affida al Padre celeste, fanno lo stesso tutti coloro che credono e pregano Dio, secondo i canoni della “dedizione orante” e della “dedizione sostenuta dalla consolazione dello Spirito”. Quindi – ha aggiunto papa Francesco «anche noi, saldamente legati alle ultime parole del Signore e alla testimonianza che marcò la sua vita, vogliamo, come comunità ecclesiale, seguire le sue orme e affidare il nostro fratello alle mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo, che egli ha sparso e testimoniato durante la sua vita (cfr Mt 25,6-7)».

Si è trattato di un’omelia spirituale e non un elenco dei meriti e delle opere di Benedetto XVI. Ma c’è anche da dire che nel testo dell’omelia, breve, Papa Francesco ha inserito quattro citazioni da opere del suo predecessore. A quanto pare non è bastato agli esegeti più capziosi. Naturalmente si può immaginare che se avesse fatto un’ampia omelia di riassunto e riepilogo dell’opera di papa Ratzinger, sarebbe stato criticato e il testo passato al microscopio. «Si ha quasi la sensazione che si tratti di un’omelia funebre generica, leggermente adattata per Benedetto XVI, e che potrebbe irritare alcuni dei più ardenti sostenitori del defunto pontefice, che la vedranno come un segno di mancanza di rispetto», ha affermato il noto commentatore statunitense John Allen al Wall Street Journal. Le prossime settimane e mesi daranno di sicuro delle indicazioni in merito a eventuali nuovi equilibri andranno raggiunti e trovati.

Resta però un tema centrale, su cui non solo il Vaticano ma un po’ tutta la Chiesa fatica a rendersi conto e riguarda il ruolo dei social media nell’entrare a piedi uniti nel dibattito politico, sociale, culturale, religioso, a volte creando dal nulla delle polemiche destinate a durare anni. Anche perché quello che è pubblicato in rete, lì resta e non si cancella ed è destinato a venire ripescato sia in senso positivo sia negativo come calunnia o falsa notizia da rimettere in circolazione. Come il proliferare delle fake news dimostra, l’importante è scrivere “la qualunque”, tanto si troveranno sempre persone e gruppi disposti a crederci. Se poi dietro a prese di posizione avventate, parziali, riduttive, false, si giocano interessi economici e di potere, sarà meglio attrezzarsi per tempo per contrastarli. E qui la Chiesa avrebbe molto da imparare, anche considerando tutti i mezzi di comunicazione che ha.

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Giornalista e saggista specializzato su temi etici, politici, religiosi, vive e lavora a Roma. Ha pubblicato, tra l’altro, Geopolitica della Chiesa cattolica (Laterza 2006), Ratzinger per non credenti (Laterza 2007), Preti sul lettino (Giunti, 2010), 7 Regole per una parrocchia felice (Edb 2016).

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