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Dmitry Kiselyov, il propagandista del Cremlino

Dmitrij Konstantinović Kiselyov nasce a Mosca il 26 aprile 1954. Cresciuto in un ambiente relativamente agiato per gli standard dell’epoca, in quanto nipote del noto compositore Jurij Šaporin, Kiselyov vuole inizialmente seguire le orme del nonno. Appassionato di musica, in ogni sua forma, si iscrive e si laurea alla Scuola sovietica di musica. Ma la vita aveva altri piani in serbo per lui.

L’Unione Sovietica degli anni Settanta non dona né particolare fama né rilevanti opportunità carrieristiche ai lavoratori dell’industria musicale, perciò Kiselyov, alla ricerca di lavori dignitosi, decide di trasferirsi a Leningrado per studiare filologia scandinava all’Università statale della città. Si laurea nel 1978, ventiquattrenne, e per lui si spalancheranno quasi immediatamente le porte del mondo del lavoro nel prospero mercato dell’informazione.

Forte della conoscenza del norvegese e dello svedese, appresi durante il periodo di studi a Leningrado, Kiselyov viene assunto dalla Televisione statale dell’Unione Sovietica e inviato nel dipartimento dedicato alla trasmissione di programmi e servizi radiofonici in Scandinavia e Polonia. L’inizio di un lungo percorso che lo renderà, col passare del tempo, il propagandista più celebre di Mosca.

Nel 1989, dopo aver folgorato l’allora re dell’informazione sovietica – Eduard Sagalaev –, Kiselyov diventa corrispondente per il programma più seguito dell’Unione Sovietica: Vremya. Preparato e tagliente, Kiselyov è l’inviato giusto per coprire le notizie provenienti dal mondo e non di rado gli viene chiesto di recarsi all’estero per realizzare delle dirette. Nell’aprile 1989, ad esempio, viene mandato in Georgia per seguire la sollevazione antisovietica passata alla storia come la tragedia di Tbilisi.

Nel 1991, a seguito di disaccordi su come coprire le rivolte lituane – ultima propaggine del processo di indipendenza di Vilnius –, Kiselyov viene allontanato dalla Tv di Stato. Ma non gli importa: è consapevole che l’esperienza sovietica è ormai giunta al termine e che riuscirà a ritagliarsi spazi nel nuovo ordine che emergerà. Convinzione alla quale i fatti danno rapidamente ragione: viene richiamato a Vremya, su indicazione di Boris Eltsin, all’indomani del tentato golpe di agosto.

Gli anni Novanta saranno la prima età dell’oro del rinato Kiselyov, il giornalista e presentatore più richiesto dai canali della televisione russa. La sua partecipazione è, infatti, voluta dalle reti più importanti e seguite, in particolare da Prt (oggi Canale1). Curiosamente, in questi anni, sebbene in seguito sia diventato un capofila dell’antioccidentalismo, Kiselyov ricevette un contributo dell’Eurocommissione per la creazione di “Finestra sull’Europa”, un programma interamente dedicato alle relazioni Europa-Russia, e ospitato proprio su Prt.

Entro la seconda metà degli anni Novanta, il presentatore più irriverente di Russia è tanto potente da aver raggiunto una sorta di semi-autonomia operativa: produce programmi, sceglie le linee editoriali, segue l’allargamento delle trasmissioni russe nello spazio postsovietico, in particolare in Ucraina. Abilità, inventiva e stacanovismo continueranno ad essergli riconosciute anche nel dopo-Eltsin, in una misura persino maggiore rispetto al passato, e, nel corso dei primi anni Duemila, Kiselyov verrà investito dell’onere-onere di dirigere la macchina propagandistica del Cremlino da Putin in persona.

Kiselyov trascorre la prima parte del Duemila tra Ucraina e Russia, conducendo e/o producendo programmi televisivi di carattere politico in entrambi i paesi. I suoi programmi attirano ascolti, suscitano polemiche e polarizzano l’opinione pubblica. Di proposito. In Ucraina, nel 2004, anno delle presidenziali, i suoi notiziari vengono accusati di essere sfacciatamente di parte, propaganda a favore di Viktor Janukovyč, e l’esito elettorale giocherà a suo sfavore.

Nel 2006, scaduto il contratto con canale Ictv – non rinnovato dalla dirigenza (anche) per via dei legami con Janukovyč –, Kiselyov si sposta definitivamente in patria. La fine dell’andirivieni e l’inizio dell’egemonia presso il popolarissimo Russia1, nata con la partecipazione all’incendiario talk show “Interesse nazionale”.

Entro il 2010, complice la sua popolarità, Kiselyov occupa i più importanti palinsesti della televisione russa ed è l’intervistatore più richiesto dai potenti del Paese, come ad esempio il patriarca Cirillo. Ma è molto più di un giornalista: è documentarista prolifico, che realizza serie e opere atte a inculcare nel pubblico sentimenti patriottici, valori tradizionali, conoscenza della storia e nostalgia per il passato sovietico. Portano la sua firma i discussi “URSS: Il collasso“, “I cento giorni di Gorbačëv” e “I cento giorni di Eltsin“.

Nel 2012, anno del ritorno alla presidenza di Putin, Kiselyov è ormai, da tempo, il giornalista più affermato di Russia. Dal suo curriculum traspare lealtà (al Cremlino). I suoi numeri suggeriscono che il “formato Kiselyov” funzioni. È l’uomo adatto, evidentemente, a ricoprire il ruolo di propagandista in capo del Cremlino.

Nel 2013, dal grembo di Ria Novosti, viene partorita l’agenzia internazionale Russia Today, di cui Kiselyov viene nominato amministratore delegato. Dei vari figli dell’agenzia, come l’influente Rt, il propagandista diventa lo stratega in capo della loro internazionalizzazione e della loro formazione stilistica. Parole d’ordine: antioccidentalismo di fondo, irriverenza, politicamente scorretto, taglienza. Obiettivo: migliorare l’immagine della Russia, e sottolineare ipocrisie e degenerazioni dell’Occidente, a mezzo di informazione prodotta da media globali.

Tra coloro che hanno popolarizzato l’appellativo dispregiativo Gayropa, molto in voga negli ambienti conservatori russi (e oggi di tutto il mondo), Kiselyov ha giocato un ruolo determinante nel tentativo di inculcamento dei cosiddetti “valori tradizionali” nella società russa, obiettivo conclamato di Putin sin dal 2012, e utilizzato i propri programmi per perseguire tale fine.

La televisione e i media digitali come mezzi per dare compimento alla strategia identitaria del Cremlino, che vorrebbe dare ai russi un io col quale affrontare a modo le turbolenze che si prospettano nel corso del secolo. La televisione e i media digitali come mezzi, caratterizzati da un ottimo rapporto economia-rapidità, per deteriorare l’immagine dell’Occidente nel mondo.

Kiselyov è l’uomo che ha riportato Stalin nei salotti dei russi – e i sondaggi sulla crescente popolarità del fu dittatore indicano che stia avendo successo. È colui che ha lavorato duramente per giustificare agli occhi dell’opinione pubblica, domestica e internazionale, ogni politica interna ed estera del Cremlino: dall’intervento militare in Siria alll’invasione dell’Ucraina. È colui che sa come trasformare l’informazione in uno strumento di condizionamento mentale e comportamentale. È l’Edward Bernays, con le dovute differenze, di Vladimir Putin.

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