Sono giorni che imperversano polemiche per la provocazione culturale del ministro Gennaro Sangiuliano:
Il fondatore del pensiero di destra in Italia è stato Dante Alighieri. La destra ha cultura, deve solo affermarla. Quella visione dell’umano, della persona la troviamo in Dante, ma anche la sua costruzione politica, credo siano profondamente di destra. Ma io ritengo che non dobbiamo sostituire l’egemonia culturale della sinistra, quella gramsciana, a un’altra egemonia, quella della destra. Dobbiamo liberare la cultura che è tale solo se libera, se è dialettica.
La levata di scudi per queste dichiarazioni è stata generale e multipolare. Non è venuta solo dalla sinistra liberal-progressista, ma anche dal centro e dalla destra, che ovviamente è una realtà corale e non monolitica, come si vorrebbe suggerire in modo semplicistico – e questo, invero, vale anche per la sinistra.
Indipendentemente dalle parole del ministro, con le quali si può essere in accordo o in disaccordo, è interessante vedere cosa è successo dopo.
La solita ipocrisia della sinistra
Si è creata una situazione interessante, nella quale, per dirla con la saggezza immediata dei proverbi popolari, il bue dà del cornuto all’asino.
Se, infatti, è comprensibile che storici, dantisti, letterati, o studiosi e appassionati in genere, insomma, persone che si affacciano alla materia con disinteresse politico, possano nutrire dei dubbi circa il rigore scientifico delle affermazioni citate, non è accettabile l’indignazione di buona parte della sinistra, che è almeno dal 1888 che politicizza personaggi storici senza farsi tanti scrupoli.
Gesù socialista
5 febbraio 1888, Camillo Prampolini, uno dei primi politici socialisti italiani, su La Giustizia pubblicò un articolo dal seguente titolo: “Gesù Cristo rivoluzionario e socialista”. “Sì, Gesù fu socialista”, scriveva Prampolini, “egli proclamò che gli uomini sono tutti uguali; non ammetteva la proprietà privata né la conseguente divisione dei cittadini in padroni e servi, ricchi e poveri, gaudenti e affamati, e predicava invece la comunione dei beni”.
9 ottobre 1991, Antonio Gnoli, evidentemente sulla falsa riga di Popper e di altri filosofi novecenteschi, scrisse un articolo su Repubblica dal seguente titolo: “Platone: la sinistra comincia da lui?”. Una impostazione, questa, in tutta onestà, molto simile a quella del ministro Sangiuliano, ma andava tutto bene, nessuno lo ha fatto notare con lo stesso scalpore, perché non si trattava della destra.
12 novembre 2017, su La Stampa: “Profughi come Enea – Scappava dalla guerra per cercare un destino migliore”, di Andrea Carandini.
9 maggio 2018, The Vision: “Ave Maria, il patriarcato è con te”. Ma la lista potrebbe essere lunga.
Non tutti possono
Il punto non è l’uso di personaggi storici a scopi politici. Si tratta, infatti, di un metodo comunicativo antico quanto l’uomo: anche nelle Città-Stato greche e nelle città romane politici, filosofi, o, in generale, la classe dirigente, era solita reinterpretare figure storiche in funzione di una influenza nella propria direzione politica o filosofica.
Lo ha fatto Aristotele con i presocratici, lo ha fatto Hegel con l’intera storia del pensiero, possiamo farlo anche noi oggi. Il punto è questo: possiamo farlo anche noi oggi? Sì, ma non tutti: perché se lo fa la sinistra va bene, se lo fa la destra, no.
Il problema quindi non è nel metodo, ma in chi lo utilizza, e lo dimostrano almeno due fatti. Il primo è che dopo le parole del ministro, lungi dal tornare su un piano di neutralità politica e fedeltà storica, dalla sinistra ci sono state, invece, delle rivendicazioni: “Dante era di sinistra!” “Dante era anticlericale!” “Dante era rosso-bruno!” “Dante era progressista!”.
Il secondo, invece, è che tutti i titoli degli articoli di sinistra precedenti, scientificamente inesatti, alcuni quasi oltraggiosi, sono praticamente sconosciuti, la cosa non ha proprio fatto notizia, perché è normale, o quasi giusto, il che è un problema serio.
Due opzioni per la destra
Nietzsche era solito dire “il sapere deve volgere il suo pungolo contro se stesso”. Ebbene, presa contezza della situazione, e con la consapevolezza che squadra vincente non si cambia, per cui i liberal-progressisti proseguono con i loro metodi perché funzionano, per la destra ci sono due opzioni: o usare le stesse strategie della sinistra, cosa che ha fatto Sangiuliano, oppure utilizzare un metodo opposto, che sia antitetico: cioè il rigore storico contro l’interpretazione retroattiva e storicista.
Di nuovo, per usare le parole di Nietzsche: “la storia deve essa stessa risolvere il problema della storia”. E in questo senso, in effetti, il ministro Sangiuliano ha ragione laddove afferma che la cultura deve essere dialettica, ma nel senso che deve essere dialogica, come qualsiasi disciplina del resto, certamente non ad uso e consumo di storicismi di parte.