«Il merito maggiore di questo libro è l’esperienza di Francesca come reporter in prima linea, sul fronte rovente e tragico degli attraversamenti del Mediterraneo». Così ha scritto Federico Rampini nella prefazione del libro IpocriSea: le verità nascoste dietro ai luoghi comuni su immigrazione e Ong di Francesca Ronchin, edito da Compagnia editoriale Aliberti. Reporter, giornalista e «allergica all’ipocrisia», Francesca Ronchin ha collaborato con diversi media italiani, come il Corriere della Sera, la Rai, Il Fatto Quotidiano, Panorama e La Verità. Si occupa da tempo di immigrazione e, in particolare, delle operazioni in mare effettuate delle Ong. Inviata del programma Report a bordo della nave Aquarius di Sos Mediterranée e Medici senza frontiere, la Ronchin ha svelato con le sue inchieste i lati oscuri dell’accoglienza degli immigrati e delle sedicenti organizzazioni umanitarie.

Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di marzo 2023

Il gioco sporco delle Ong

Da tempo si occupa di immigrazione clandestina attraverso diverse inchieste giornalistiche che hanno svelato il business dell’accoglienza in Italia. Ora ha pubblicato IpocriSea, un libro che mette in luce le zone d’ombra delle Ong. Perché proprio ora?

«Il libro è frutto di un lavoro di ricerca sul tema iniziato nel 2017, quando mi sono imbarcata sulla nave Aquarius della Ong Sos Mediterranée. Una volta a bordo, davanti alle coste libiche mi sono resa conto di una serie di strani movimenti mai raccontati in precedenza dalle decine di giornalisti saliti a bordo di queste navi. A partire dalla sceneggiatura dei “pescatori”. Da lì ho iniziato ad approfondire anche altri aspetti del tema immigrazione, perché man mano che me ne occupavo, mi rendevo sempre più conto che nella narrazione dominante c’era qualcosa che non tornava. Falsificazioni, letture distorte, una serie di luoghi comuni molto distanti dalla realtà ma riproposti ciclicamente. Dal tema del pull factor a quello della sicurezza, fino a quelli più economici. Quante volte ci siamo sentiti ripetere che “non è vero che gli stranieri delinquono più degli italiani” o che “i migranti ci pagano le pensioni”? Ebbene su tutte queste precise tematiche ho cercato di fare chiarezza raccogliendo dati, analisi e cercando di stare il più lontano possibile da qualsiasi approccio ideologico. Per analizzare tutto questo materiale c’è voluto tempo, poi l’anno del Covid ha messo alcune cose un po’ in stand-by, quindi eccoci qua ora».

Perché la scelta di Federico Rampini per la prefazione di IpocriSea?

«Oltre alla sua grande professionalità e competenza, di Rampini apprezzo molto l’onestà intellettuale, qualità sempre più rara. Pur avendo opinioni nette su molti temi, non è vittima di ideologia e preconcetti, come dimostra la sua posizione critica nei confronti delle politiche migratorie portate avanti in questi anni da una certa ideologia liberal progressista, non certo preconcetta ma data proprio dall’osservazione degli errori commessi da queste stesse politiche. Condivido molto anche quello che Rampini scrive sull’Occidente, intrappolato in un atavico senso di colpa che lo porta verso una sorta di cupio dissolvi. Non è un caso che un filone ormai dominante nella sinistra italiana legga l’immigrazione in chiave salvifica e che il migrante sia ormai assurto a una sorta di “eroe salvatore” di tutti i problemi demografici, economici e persino culturali della nostra società. Una lettura favolistica e romantica dell’immigrazione del tutto scollata dalla realtà. Al tempo stesso trovo che anche le posizioni di una certa parte della destra italiana, riassumibili nel “i migranti ci rubano il lavoro”, siano troppo semplicistiche. Ci tengo infatti a precisare che la mia non è una posizione contro o pro migranti, contro o pro immigrazione. Semmai è una posizione a favore di un racconto quanto più realistico e veritiero del fenomeno. Senza incanti di sorta».

Nel 2017, era riuscita a farsi accreditare come reporter a bordo della nave Aquarius di Sos Mediterranée e Medici senza frontiere, documentando la collusione nei trasbordi di immigrati tra le Ong e gli scafisti, quelli che i sedicenti umanitari descrivevano come «pescatori». Può confermare che ciò era una prassi davanti alle coste libiche?

«Confermo. Per i soccorritori e gli operatori delle Ong, i facilitatori e i trafficanti che comparivano in quel lembo di mare erano semplici “pescatori”. Aggiungo che a bordo vigeva una sorta di diktat: queste imbarcazioni non dovevano essere riprese con foto o video. La cosa curiosa è che questi “pescatori” erano pronti a…

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