cosi-la-cina-puo-“paralizzare”-la-marina-americana-nel-pacifico

Così la Cina può “paralizzare” la marina americana nel Pacifico

Ci sono numerosi indizi che lasciano presupporre quale potrebbe essere il prossimo ring sopra il quale si affronteranno Cina e Stati Uniti. Dalla questione taiwanese alle rivendicazioni cinesi nel Mar Cinese Meridionale, senza dimenticare la bomba a orologeria che pende sulla penisola coreana, tutti i riflettori sono puntati sull’Indo-Pacifico. Dove, non a caso, Washington ha avviato un processo di riorganizzazione militare e logistico per rendere la sua presenza in loco più efficace ed efficiente, o comunque più in linea con le nuove aspirazioni di Pechino.

Sono lontanissimi, infatti, i tempi in cui la Repubblica Popolare Cinese era un Paese in via di sviluppo tout court, nonché un gigante irrequieto ma dalle infinite potenzialità e, soprattutto, diventato “buono” nel 1978, dopo le riforme economiche di apertura varate da Deng Xiaoping. All’epoca si pensava infatti che il governo cinese potesse gradualmente abbandonare l’ideologia comunista per abbracciare la democrazia occidentale e il libero commercio.

Non sarebbe andata proprio così, visto che la Cina avrebbe fatto leva sull’ingordigia delle grandi multinazionali occidentali – desiderose di delocalizzare le loro produzioni in una nazione dove i costi erano pari allo zero e i profitti assicurati – per racimolare, nel corso dei decenni, un tesoretto di svariate decine di miliardi di dollari da utilizzare per modernizzare il Paese. Industrie, infrastrutture, tecnologie e, ovviamente, forze armate: Pechino è uscita dal sonno e oggi vuole tornare al centro del mondo, come lo era ai tempi degli imperatori.

Anche se la leadership comunista ripete che l’ascesa della Cina è pacifica, a Washington c’è il timore che il Dragone possa presto stritolare l’Aquila; significherebbe, a quel punto, ammettere che il modello cinese è più funzionale di quello americano (e quindi occidentale). Del resto i falchi del Congresso Usa sono sempre stati categorici: altro che partner, la Cina è e sarà una minaccia per gli Stati Uniti.

Le tensioni tra i due Paesi sono sempre più aspre e adesso, oltre alle diffidenze ideologiche e ai timori economici, sta emergendo il reale punto di scontro sino-americano: quello geopolitico. Per essere una potenza globale Pechino deve prima essere potenza regionale e, per riuscirci, deve distruggere la rete militare e diplomatica creata da Washington in Asia al termine della Seconda Guerra Mondiale. Ecco perché l’Indo-Pacifico ribolle.

Mappa di Alberto Bellotto

La “tirannia della distanza”

È difficile ipotizzare come, quando e se scoppierà un conflitto sino-americano nell’Indo-Pacifico. Gli analisti americani sono però convinti che questa ipotesi potrebbe presto concretizzarsi. La riprova arriva dal grande interesse che i pianificatori militari statunitensi stanno mettendo in due aspetti, cruciali quando si parla di guerra: la logistica e le modalità per affrontare una guerra lunga con un avversario quasi alla pari.

Già, perché la Cina, a maggior ragione se affrontata nella regione indo pacifica, non è certo l’Afghanistan, l’Isis o l’Iraq. Da questo punto di vista, il rischio più grande che corrono gli Stati Uniti in un ipotetico scontro nel Pacifico è la paralisi; Washington deve oliare, o comunque trovare un nuovo meccanismo per rifornire le sue navi, mentre la Cina non avrebbe problemi a continuare a combattere potendo contare su fresche provviste.

Il sito Eurasiantimes ha sottolineato il tallone d’Achille Usa nel Pacifico occidentale, sintetizzabile nel concetto di “tirannia della distanza“. Enormi distanze separano infatti l’area operativa del Mar Cinese Orientale e Meridionale dalla Prima e dalla Seconda Catena di isole, e questo rende più facile per i cinesi colpire le imbarcazioni americane incaricate di trasferire carburante, munizioni e viveri alle navi da combattimento della US Navy.

Certo, Washington ha le sue cartucce da sparare. Il Corpo dei Marines e la Marina degli Stati Uniti si affidano a concetti operativi quali Expeditionary Advanced Base of Operations (EABO),  Distributed Maritime Operations (DMO) e Ghost Fleet Overlord, mentre la US Air Force (USAF) ha il programma Rapid Dragon per scheramre radar e sensori cinesi, con centinaia di missili da crociera lanciati da aerei cargo riproposti. Il punto è che questi concetti sono ancora in fase di sviluppo e tutt’altro che pronti, ad eccezione dell’EABO/FD-2030 dell’USMC, che sta gradualmente prendendo forma.

Mappa di Alberto Bellotto

Logistica e rischio paralisi

Gli alti comandi militari cinesi avranno probabilmente studiato un episodio accaduto nella guerra in Ucraina. Lo scorso novembre, la Russia si è parzialmente ritirata da Kherson, città situata nel sud del Paese, spostandosi a ovest del fiume Dnepr. Il motivo è semplice: le forze di Kiev hanno iniziato a colpire le linee di rifornimento russe che alimentavano i cannoni a lungo raggio e i sistemi di artiglieria.

La lezione principale è che il nemico può – e se può farlo sicuramente lo farà – prendere di mira le lunghe linee di rifornimento rivali. Proprio come gli ucraini hanno spezzato i cordoni ombelicali russi, i cinesi proveranno a fare altrettanto con gli americani nell’Indo-Pacifico.

Ma come è organizzata la logistica degli Stati Uniti in questa regione? Innanzitutto, nella logistica in alto mare – e non solo quando c’è una guerra da combattere – la componente più importante coincide con il carburante (basti pensare che un cacciatorpediniere in mare richiederebbe mediamente il rifornimento di carburante ogni tre giorni). La maggior parte delle marine non consente mai che la sua disponibilità scenda al di sotto del 25% della capacità complessiva, anche in tempi di pace. E allora, ecco che le navi cisterna sono incaricate di rifornire le imbarcazioni in mezzo al mare trasportando anche ricambi, macchinari critici e pure scorte di munizioni.

Applicando la teoria alla realtà si evince che le petroliere di rifornimento della flotta di classe Henry J. Kaiser dell’USN sarebbero quasi sicuramente i primi obiettivi dell’esercito cinese. L’inventario di missili e il carburante a disposizione di Pechino consente alla Cina di combattere l’armata statunitense fino a quando quest’ultima non si esaurirà.

Mappa di Alberto Bellotto

Gli hub logistici sui quali possono contare gli Stati Uniti dovrebbero agevolare la situazione per la Marina Usa. La US Navy ha basi a Singapore, Yokosuka (Giappone) e Guam, controlla una Forward Operating Base (FOB) a Diego Garcia e un hub logistico ancora a Singapore, il loro pilastro. Tutto dipende però dalle navi di supporto incaricate di collegare le imbarcazioni impegnate in una ipotetica area di combattimento a questi centri operativi. Se queste dovessero essere colpite, la logistica Usa evaporerebbe come neve al sole.

Bisogna inoltre sottolineare che anche il Corpo dei Marines degli Stati Uniti, emergendo come forza in prima linea per combattere la Cina all’interno della sua densa bolla anti-accesso/divieto di area (A2/AD), dipende dalle navi da trasporto anfibie dell’USN.

Incrociando le informazioni fin qui emerse, è lecito supporre che Pechino, in caso di guerra, andrebbe a eliminare per prima cosa le basi logistiche e le navi di rifornimento nemiche. A quel punto Washington perderebbe qualsiasi opzione per effettuare operazioni prolungate. Ecco perché gli Stati Uniti stanno riorganizzando la loro presenza nell’Indo-Pacifico, anche rafforzando i legami militari con i partner locali. 

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.

Related Posts

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *