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Cosa è successo tra Creazzo e la Sinatra: il “porco” e la mancata denuncia – Il Riformista

Il caso Csm

Tiziana Maiolo — 24 Febbraio 2023

Cosa è successo tra Creazzo e la Sinatra: il “porco” e la mancata denuncia

Due storie diverse pur se intrecciate, quelle di due magistrati, un uomo e una donna, su cui si è espresso in sede disciplinare il Csm. Lui, Giuseppe Creazzo, già procuratore capo a Firenze, dove ha avuto modo di occuparsi di Silvio Berlusconi indagandolo per strage mafiosa, e anche di Matteo Renzi. Ma in questa vicenda, il magistrato Creazzo è noto come “porco”, perché così lo ha definito “lei”.

Lei, la collega più giovane e compagna di corrente sindacale, è la pm palermitana Alessia Sinatra, che nel 2015 a Roma, quando con il collega era rientrata in albergo dopo un incontro delle toghe di Unicost, era stata da lui violentemente molestata. Non usiamo l’avverbio a caso. Prima di tutto perché c’è sempre un certo tasso di violenza in qualunque gesto, anche se sotto l’apparenza scherzosa, che violi la libertà del corpo di una donna. Anche una pacca sul sedere, come fu nel caso del tifoso di Empoli, che fu processato e condannato. Ma soprattutto perché il procuratore Creazzo si era reso responsabile di ripetuti gesti molto aggressivi e volgari. Sarebbe stata violenza sessuale, se Alessia Sinatra lo avesse denunciato.

In molti si domandano, giusto perché la donna molestata deve essere comunque sempre anche un po’ colpevolizzata, perché lei non abbia compiuto quel gesto. Perché lei, pm non sia andata in procura, come sicuramente lei stessa consiglierebbe di fare a qualunque altra donna avesse subito quell’umiliazione violenta. La verità è che noi donne per prime non abbiamo del tutto chiara la percezione di violenza, e finiamo per “vederla” solo nello stupro. La seconda verità è che nelle donne più colte ed emancipate finisce con esserci maggiore ritrosia verso la denuncia, come dimostrano i vari movimenti “Me too” nati vent’anni dopo fatti di molestie e ricatti sessuali subiti da donne anche famose nel mondo della cultura e dello spettacolo. Più di recente anche le sportive e le donne in divisa hanno fatto sentire la propria voce.

Poi c’è un altro aspetto, che nel caso Sinatra-Creazzo ha aperto la strada al procedimento disciplinare nei confronti della pm, ed è stata la pretesa un po’ presuntuosa di lei di farsi giustizia da sé. Nel caso in questione la donna avrebbe potuto fare quel che una volta suggerivano le mamme e soprattutto le nonne: un bello schiaffone sulla faccia del molestatore o un calcio ben assestato. Alessia Sinatra ha preferito servire fredda la propria vendetta. Il “porco” era stato sanzionato in modo lievissimo, ridicolo, dal Csm, con la perdita di due mesi di pensione e si era poi trasferito da Firenze a Reggio Calabria, a capo della procura dei minori. Perché nel frattempo un fatto privato e privatamente raccontato per telefono dalla pm a un amico, era diventato scandalo pubblico all’interno delle centinaia di chat e telefonate svelate dal telefono del magistrato Luca Palamara indagato a Perugia.

Ed è in quel momento che emerge un fatto paradossale. Una magistrata, una persona che dovrebbe credere nella giustizia più di ogni altro, non solo non denuncia il proprio molestatore, ma ben quattro anni dopo lo ripaga con la moneta peggiore in uso nel suo mondo. Tenta, facendo pressione sul Csm che sta per decidere sulla nomina del successore di Pignatone al vertice della procura di Roma, di segare al “porco” le aspirazioni di carriera. Sono molte e ripetute le telefonate e i messaggi a Palamara finalizzate a convincere una serie di membri del Csm a non votare Creazzo come candidato al vertice della procura di Roma. Imbarazzanti. Non perché la pm continua ad appellare il procuratore di Firenze come “porco”. L’appellativo è più che meritato, e lui sarebbe stato probabilmente condannato se lei lo avesse a suo tempo denunciato.

Ma perché il “sistema Palamara” si è trasformato, come ha sottolineato la procura generale nel capo di incolpazione nei confronti della dottoressa Sinatra, in una sorta di “giustizia riparativa” ad uso e consumo della propria vendetta. E questo è grave, perché quel sistema era finalizzato a qualcosa di illecito, cioè ad alterare la regolarità delle nomine negli incarichi direttivi della magistratura. Per questo è stata censurata, e non per aver definito “porco” il collega, la dottoressa Sinatra. Ma c’è da domandarsi, visto che al Csm nei confronti di altri magistrati ben più responsabili di lei dello stesso comportamento si sono chiusi non uno ma due occhi, non è che in fondo in fondo la dottoressa Sinagra sta pagando proprio per il suo essere donna e aver continuato a gridare “porco”?

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.

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