Roma, 2 mar – E’ stata chiusa dopo tre anni l’indagine sulla gestione del Covid nei primi mesi della pandemia nella provincia della Lombardia maggiormente colpita dal virus. Da quanto si legge nell’atto di chiusura delle indagini, per la procura di Bergamo l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, sono ora indagati “in cooperazione colposa tra loro” per aver “cagionato per colpa la morte” di 55 persone. La procura di Bergamo, nell’avviso di conclusione indagini, elenca poi altri nomi.

Covid, chiusa inchiesta Bergamo. Indagati non solo Conte e Speranza

Indagati in concorso vi sono in tutto altre 19 persone, oltre a Conte e Speranza. Tra quese il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana e l’ex assessore al Welfare lombardo, Giulio Gallera. Ma anche alcuni dirigenti chiave del ministero della Salute, il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro, il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli, il coordinatore del primo Cts Agostino Miozzo e l’allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli.

Secondo la Procura di Bergamo, il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, e altri, tra cui componenti del Comitato tecnico scientifico e dirigenti ministeriali, avevano “a disposizione”, almeno dal 28 febbraio 2020, “tutti i dati” per “tempestivamente estendere” la zona rossa anche alla Val Seriana. Dati contenuti nel “Piano Covid elaborato da alcuni componenti del Cts coordinati dal prof. Stefano Merler”. Un documento che “già prospettava” lo “scenario più catastrofico per l’impatto sul sistema sanitario”.

“Migliaia di morti potevano essere evitati”

“Di fronte alle migliaia di morti e le consulenze che ci dicono che questi potevano essere eventualmente evitati, non potevamo chiudere con una archiviazione”, ha dichiarato il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani parlando dell’inchiesta appena chiusa. “La nostra scelta – ha detto Chiappani – è stata quella di offrire tutto il materiale raccolto ad altri occhi, che saranno quelli di un giudice, di un contraddittorio con i difensori perché è giusto che la ricostruzione la diano gli interessati e da tutto questo ricavare l’esperienza non solo di carattere giudiziario, ma anche scientifico, amministrativo” dunque “una lezione, una grandissima riflessione”

Il procuratore fa notare inoltre che c’è stata una “insufficiente valutazione di rischio. Il nostro scopo – ha affermato – era quello di ricostruire cosa è successo e di dare una risposta alla popolazione bergamasca che è stata colpita in un modo incredibile, questa è stata la nostra finalità, valutare se un’accusa può essere mantenuta come noi valutiamo di fare proprio per questa insufficiente valutazione di rischio”. Con un “decreto” del “23 febbraio 2020 – dice ancora Chiappani – era stata richiamata la legislazione sanitaria precedente, per cui nel caso di urgenza c’era la possibilità sia a livello regionale sia anche a livello locale di fare atti contingibili e urgenti in termine tecnico, cioè di chiudere determinate zone, c’era questa possibilità e poteva essere fatto proprio in virtù di questo diretto richiamo, fatto in un decreto di emergenza del 23 febbraio”.

La Redazione

Ti è piaciuto l’articolo?
Ogni riga che scriviamo è frutto dell’impegno e della passione di una testata che non ha né padrini né padroni.
Il Primato Nazionale è infatti una voce libera e indipendente. Ma libertà e indipendenza hanno un costo.
Aiutaci a proseguire il nostro lavoro attraverso un abbonamento o una donazione.