La guerra ai ‘Dimaiani’
Redazione — 20 Gennaio 2023
L’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte come Equitalia, la società di riscossione ‘sciolta’ nel 2017 e diventata un incubo per i cittadini che dovevano ripagare i propri debiti.
Il leader del Movimento 5 Stelle ha infatti preso carta e penna e assieme al tesoriere pentastellato Claudio Cominardi ha firmato le raccomandate partite subito dopo la Befana agli ex parlamentari 5 Stelle che hanno lasciato il partito e che devono soldi alle casse del Movimento.
A darne notizia oggi è Matteo Pucciarelli su Repubblica, entrato in possesso di alcune delle raccomandante spedite agli ex grillini, in gran parte passati in ‘Impegno Civico’ di Luigi Di Maio, il partitino formato dall’ex ministro degli Esteri assieme ai fuoriusciti del M5S che ha ‘floppato’ miseramente alle elezioni del 25 settembre scorso.
L’oggetto della lettera è chiaro: “Regolarizzazione posizione contributiva. Intimazione ad adempiere e costituzione in mora”. La vicenda è nota: come un po’ tutti i partiti, il Movimento 5 Stelle per sopravvivere dopo il taglio del finanziamento pubblico (battaglia degli stessi pentastellati cavalcata sull’onda dell’antipolitica dal resto del Parlamento) chiede a parlamentari e consiglieri regionali di restituire una parte della propria indennità per finanziare la ‘struttura’.
I 5 Stelle si sono però differenziati dagli altri partiti per una seconda richiesta ai propri eletti: una parte delle restituzioni andava infatti ad un fondo con il quale si finanziavano microimprese e associazioni di solidarietà.
Ora nella raccomandata spedita da Conte e Cominardi, scrive Repubblica, si chiedono agli ex 5 Stelle presunti morosi sia la quota non versata per le restituzioni (2 mila euro al mese) che quella per i cosiddetti servizi forniti dal partito (circa mille euro al mese), ovvero quella parte necessaria per il “mantenimento delle piattaforme tecnologiche, scudo della rete, comunicazione e altre spese generali”.
La ‘missiva’, contenente anche il codice Iban per versare la somma calcolata per ogni presunto moroso da Cominardi, si chiude quindi con una minaccia agli ex compagni di strada che scelsero la strada della scissione con Di Maio: “La invitiamo a provvedere immediatamente al saldo pagando, oltre al capitale, anche gli interessi moratori, calcolati al tasso legale, dal giorno della mora al soddisfo”. Se non pagheranno entro 15 giorni “saremo costretti ad adire le vie legali”.
Vicenda che però, come fanno notare alcuni ex pentastellati, rischia di finire in tribunale: “Mi chiedono dei soldi per una piattaforma che non ho richiesto, che non mi è mai servita e che aveva un contratto con l’associazione M5S. Se questa è la scusa per avere fondi per il partito, allora si dovrebbe trattare di erogazioni liberali, che già dal nome sono tali, quindi non obbligatorie. Altrimenti si chiama estorsione di partito”, racconta uno dei riceventi a Repubblica.
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