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Che succede alla frontiera delle tecnologie emergenti? Risposte dal panel Csa – Formiche.net

Intelligenza artificiale, calcolo quantistico, tecnologie abilitanti e uno scenario futuro, tra sviluppo e sicurezza, ancora tutto da mappare. Al Centro Studi Americani si sono confrontati Accoto (Mit), Curioni (Ibm), Marradi (Aeronautica), Pagani (Eni) e Starling (Atlantic Council) sulle implicazioni della corsa alle tecnologie emergenti in campo industriale e militare

Con l’avvento di ChatGPT anche i non addetti ai lavori si sono resi conto delle potenzialità trasformative dell’intelligenza artificiale. Una parabola che si può applicare anche alle altre tecnologie emergenti, come il calcolo quantistico,  Oltre a moltiplicare la produttività, queste tecnologie promettono di rivoluzionare interi settori, a iniziare da quelli altamente strategici, nel giro di pochi anni, o mesi. È la velocità di sviluppo uno degli elementi fondamentali di queste tecnologie, perché in un contesto di superpotenze tecnologiche impegnate in una corsa verso la supremazia, riuscire a imbrigliare l’IA e altre tecnologie emergenti prima e meglio degli altri fa un mondo di differenza.

Questo il filo rosso che attraversava il panel  “The race to disruptive technologies: nations as ecosystems of knowledge,” svoltosi presso il Centro Studi Americani di Roma nel pomeriggio di mercoledì. Moderati dal giornalista Riccardo Luna, il dialogo multisettoriale si è basato sulle riflessioni di cinque esperti multisettoriali, tutti osservatori, da diversi versanti, all’accelerazione tecnologica in corso. In apertura, Cosimo Accoto (research affiliate e fellow del Mit di Boston) ha commentato che queste tecnologie emergenti “sono rilevanti perché stanno compiendo il salto da scienza a ingegneria”, dai laboratori all’impiego pubblico. “Dobbiamo leggere e studiare queste innovazioni con l’occhio culturale e strategico, altrimenti diventiamo vittime della cronaca o della tecnica”, ha avvertito il filosofo.

DALL’INDUSTRIA

Tutto questo vale anche per il versante industriale, dove secondo Alessandro Curioni (IBM Fellow, vicepresidente per l’Europa e l’Africa e direttore della divisione di ricerca di Ibm Zurich) la vera tecnologia abilitante è stata ed è quella dell’informazione. Tuttavia, “gli sviluppi sono così veloci che il modo di utilizzare queste tecnologie cambia in maniera trasformativa”: per esempio, il calcolo quantistico e l’IA espanderanno il raggio delle tecnologie IT individuando strutture nascoste nella mole di dati.

Per quanto riguarda il mondo dell’energia, Dario Pagani (Head of Digital and Information Technology di Eni) ha evidenziato come il passaggio costante da tecnologie emergenti alla loro applicazione ingegneristica contraddistingue la storia dell’azienda, oggi in grado, per esempio, di creare modelli virtuali del sottosuolo per rendere le attività di estrazione meno invasive possibile. Ma andando avanti occorre capire “come vada diretta la macchina”. In azienda, ha spiegato Pagani, si presta grande attenzione al ruolo futuro dell’IA e del calcolo quantistico (e a come formare e sviluppare le competenze) per affrontare i temi della transizione energetica.

… ALLA DIFESA

Tuttavia, il mondo della sicurezza è probabilmente il settore in cui l’impatto delle tecnologie emergenti è già cruciale – e necessaria. “Dove siamo oggi? Il tasso d’innovazione è talmente rapido che le nuove tecnologie sono subito obsolete, [dunque] dobbiamo cambiare noi prima di essere cambiati”, ha commentato il colonnello Francesco Marradi (4° Reparto di Stato Maggiore dell’Aeronautica, Eurofighter Typhoon Programme Office). L’IA, per esempio, è in grado di compiere dei gap analysis per identificare le eventuali manchevolezze. “Sono strumenti che ci impongono una profonda revisione dei processi, per proiettarsi in avanti e catturare questi prodotti”. L’impatto sul suo settore inizia dal reclutamento, ha concluso; “coloro che oggi sono ancora all’asilo avranno cervelli diversi, dobbiamo iniziare a pensare e cambiare gli strumenti” per adeguarsi.

Infine, Clementine Starling (direttore del Forward Defense Program presso lo Scowcroft Center for Strategy and Security dell’Atlantic Council) ha offerto una vista da Washington su come la tecnologia emergente sta influenzando gli eventi di sicurezza e come gli Stati Uniti vi si stiano approcciando – specie in relazione alla competizione con la Cina, che sta ridisegnando i caratteri delle strategie di national defense e national security. Anche nei settori commerciali, dove la parola d’ordine è “garantire che non veniamo superati da avversari che perseguono la tecnologia in modi diversi da quelli che noi intendiamo”, ossia la utilizzano per applicazioni fondamentalmente autocratiche.

“Le quantità massicce di dati (sia di intelligence che quelli open source) hanno un grande valore per capire l’ambiente operativo e le tendenze in atto. Speriamo che l’IA possa aiutarci a digerire questi dati più velocemente”, ha spiegato l’esperta. La Difesa statunitense intende sfruttare le tecnologie emergenti nel quadro delle tre “d”: dirty, dangerous and dull tasks, ossia i compiti “sporchi, pericolosi e noiosi” a cui togliere l’operatore umano (dall’inviare sistemi autonomi in zone di combattimento alla raccolta di informazioni e la sintesi di analisi). Naturalmente, tutto ciò può avvenire solo a valle della sperimentazione e della regolamentazione, ha specificato Starling. “L’elemento umano deve essere mantenuto nel circuito. Nessuno sa dove si andrà a parare […] dobbiamo provare e sbagliare le cose in un ambiente sicuro e contenuto”.

PUBBLICO E PRIVATO

È qui che, di nuovo, il versante militare si intreccia necessariamente con quello industriale per assorbire le tecnologie all’avanguardia che quest’ultimo genera. Dunque diventa necessaria la collaborazione pubblico-privato, ha sottolineato l’esperta, assieme a quella tra governi – favorendo la condivisione delle informazioni tra alleati, dove strutture come la Nato e Aukus possono facilitare. “Nella comunità transatlantica abbiamo molti punti di forza e sistemi aperti, questo è un vantaggio rispetto ai sistemi autocratici,” ha commentato l’esperta. In sintesi, ha concluso, l’approccio Usa consiste nel promuovere la cultura della sperimentazione; rimuovere le barriere alla cooperazione tra il settore privato commerciale e il governo; contemplare le sfide legali ed etiche per raggiungere gli ideali e gli standard; e lavorare con un ritmo di urgenza, perché “i nostri avversari stanno incorporando questo sistema a passo di carica, e possono fare scaling molto più rapidamente”.

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