Roma, 26 mar – Nelle prime battute del manifesto futurista (1909) Filippo Tommaso Marinetti esalta una nuova bellezza, quella della velocità. Secondo l’avanguardia italica “un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia”. No, non abbiamo sbagliato declinazione: sarà il Vate in persona, nel contesto di una lettera all’imprenditore Giovanni Agnelli – prima metà degli anni ‘20 – a “risolvere la questione” del termine al femminile. Sebbene al tempo della missiva dannunziana il mezzo motorizzato non risultasse tanto diffuso – circa ottantamila veicoli contro i cinquanta milioni odierni – anche nel contesto del trasporto su quattro ruote il nostro paese ha tracciato la via. In Italia infatti è stata costruita l’Autostrada dei Laghi, la prima autostrada d’Europa. Anzi, del mondo.

Autostrada dei Laghi, l’iniziativa privata e l’importanza dello Stato

Stiamo parlando della Milano-Laghi che, oggi come allora, collega il capoluogo lombardo con la produttiva Varese e le lacustri zone turistiche di Como e Lago Maggiore. Figura centrale quella di Piero Puricelli. In un paese che iniziava a muovere i primi passi verso il futuro dopo lo stallo liberale, l’ingegnere è stato – per dirla con Il Popolo d’Italia – autentica incarnazione nazionale dei tempi moderni. Già costruttore dell’autodromo di Monza – progetto commissionato dall’Automobile Club Milano, edificato su un terreno appartenente all’Opera Nazionale Combattenti – le sue intuizioni ovviarono alla rigidità gestionale propria della ferrovia. E, nel lungo periodo, rivoluzionato il nostro tempo libero.

Imprenditore e politico pensò quindi a una particolare via di comunicazione riservata esclusivamente al traffico veloce. L’idea, presentata dapprima al Touring Club nel marzo 1922, viene accolta sul finire dell’anno solare dal primo ministro (appena insediatosi) Benito Mussolini. Uno dei primi “fatti” del governo fascista, sintesi tra iniziativa privata e (rinnovata) lungimiranza dello Stato. Fu il Duce in persona, esattamente un secolo fa – il 26 marzo 1923 – a inaugurare i cantieri. E con essi l’imponente programma di opere pubbliche del ventennio: il piccone risanatore che avrebbe provveduto a modernizzare la penisola italica.

Il taglio del nastro

Dopo diciotto mesi di lavori a ritmo serrato – circa quattromila operai e novanta milioni di lire – il 21 settembre 1924 la Lancia Trikappa del re Vittorio Emanuele III taglia il canonico nastro. A Lainate apriva quindi al traffico il tratto dell’attuale A8 Milano-Varese. Un rettilineo con pendenze inferiori al 3% che avvicinava così i due centri lombardi dalle sei del mattino all’una di notte. Il pedaggio? Nove lire per le moto, dodici – che via via crescevano in base alla potenza e all’ingombro del mezzo – per autoveicoli e autocarri.

Milano-Laghi, un primato italiano?

Sul fatto che quella “dei Laghi” sia effettivamente la prima autostrada del mondo è un tema sul quale si dibatte ancora oggi. Sono almeno tre infatti le strade con caratteristiche simili progettate e utilizzate prima della creazione puricelliana: le americane Long Island Motor Parkway e Bronx River Parkway – entrambe site nello stato di New York – e la tedesca Avus. Ma se le lunghe lingue di cemento d’oltreoceano furono originariamente concepite più a scopo paesaggistico che altro, quella germanica fu in principio utilizzata soprattutto a circuito chiuso per permettere alle case produttrici la prova delle proprie automobili. L’unione stradale, veloce e ampiamente usufruibile di due destinazioni è cosa – diciamo così – ben diversa. Ecco perché l’intuizione dell’ingegnere meneghino, l’autostrada propriamente detta, rimane un primato mondiale tutto italiano.

Marco Battistini

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