Roma, 5 apr — Quando pensavi che il caso scoppiato intorno ad Ana Obregon, l’attrice spagnola diventata «madre» a 68 anni grazie all’utero in affitto, avesse già raggiunto inquietanti vette di grottesco, ecco che arrivano nuovi particolari a tingere la vicenda di toni ancora più disturbanti.
A fornire nuovi elementi che avvicinano il caso a una versione 2.0 di Frankenstein creata con l’intelligenza artificiale, è la stessa attrice, la quale ha dichiarato che la bimba nata in Florida non proviene dai suoi gameti, ma dal seme congelato del figlio morto. Il cadavere di Alejandro Lecquio García, deceduto per un cancro nel 2000 a 28 anni, è dunque il padre della piccola; ne consegue che la Obregon, legalmente «madre» della bambina, ne è in realtà la nonna. «Legalmente è mia figlia, e così viene indicato sul suo passaporto. La registrerò presso il Consolato spagnolo e così potrò portarla a casa», ha spiegato in un’intervista rilasciata alla rivista ¡Hola!, lo stesso giornale di gossip che aveva pubblicato in esclusiva in prima pagina la foto della conduttrice appena uscita dalla clinica, immortalata mentre teneva la «figlia» in braccio.
Obregon sostiene che la decisione di concepire un figlio in vitro e condurre la gestazione attraverso l’utero in affitto è stata «l’ultima volontà» di Aless. «Ho preso la decisione di iniziare il processo di maternità surrogata, che come è noto implica la partecipazione di una donatrice di ovulo e di una gestante, il giorno stesso in cui lui è volato in cielo», ha spiegato. Alle critiche del ministro delle Pari opportunità spagnolo, che aveva indicato la pratica come «non legale in Spagna, riconosciuta legalmente nel nostro Paese come una forma di violenza contro le donne», la donna ha risposto assicurando che tutto il procedimento è «legale» e che in futuro non nasconderà l’identità di suo padre biologico alla piccola.
E’ in arrivo anche un libro
«Le dirò: ‘Tuo papà è in cielo e che tu arrivassi era ciò che più desiderava al mondo, e tua mamma è una donatrice, e basta. Che problema c’è?». Nessuno, basta pagare. Basta una strisciata di carta di credito per acquistare un essere umano creato pasticciando con le provette, affittando il corpo di una donna economicamente svantaggiata che darà alla luce una bambina già orfana. Per tutto il resto, è già in fase di lavorazione un libro che racconterà «tutto il processo» legato alla nascita della bambina. Va bene comprare i propri desideri e chiamarli «diritti», ma bisogna anche capitalizzare la vita di ‘sta creatura, cacciarla sotto i riflettori il più presto possibile, no?
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