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Alla Bce si salda l'asse anti-rigore tra Italia e Portogallo

Da un lato Giorgia Meloni, prima esponente della Destra organica italiana a diventare premier; dall’altro, Antonio Costa, socialista fino al midollo, premier portoghese che in passato non ha avuto problemi a governare anche con i comunisti. Due figure radicalmente diverse nello spettro politico europeo ma accomunate dal ruolo di capofila europei contro il rischio di un ritorno al rigore.

Costa, in particolare, non è nuovo a questa postura: in passato ha messo in riga Mark Rutte e l’Olanda quando ai tempi della pandemia premeva per una stretta monetaria e fiscale mentre contagi e morti aumentavano e imperversavano i lockdown; nel 2021 ha giocato di sponda con il premier spagnolo Pedro Sanchez per implementare l’espansione del Recovery Fund e la riforma del Patto di Stabilità. Da fine ottobre, invece, Costa spinge fortemente contro la prospettiva che la Banca centrale europea aumenti drasticamente i tassi fino o addirittura oltre a quel 3% identificato come target e ha trovato in Giorgia Meloni una compagna di viaggio affidabile.

Lisbona e Roma giocano su tavoli complementari. Sul piano politico è il governo italiano a spingere per la massima pressione sull’Eurotower e Christine Lagarde: le uscite di Meloni e del Ministro della Difesa Guido Crosetto, il più fidato consigliere politico del premier, sull’inopportunità di nuove strette sono state chiare. In sede di riunione della Bce, invece, nel consiglio direttivo il Portogallo conta una delle voci più autorevoli d’Europa, il governatore della Banca centrale di Lisbona ed ex Presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno. Socialista come Costa, in tempi non sospetti avversario del rigore fine a sé stesso, il 56enne Centeno, ricorda La Stampa, ha preso posizione in un recente summit Bce sul fatto che l’inflazione, scesa in Ue al 9,2% a dicembre, possa giustificare con la sua evoluzione una riduzione della corsa dei tassi verso picchi ignoti da prima della crisi dei debiti.

Italia e Portogallo hanno la necessità di espandere il fronte delle colombe ostili a nuove strette come quelle verificatesi tra giugno e dicembre: “Risulta invece più nutrito e compatto il club dei falchi guidato da Germania, Paesi Bassi e Austria”, nota il quotidiano torinese, che aggiunge come premano “per una stretta dei tassi anche i Baltici, dove l’inflazione viaggia attorno al 20%, oltre a Belgio, Finlandia, Lussemburgo, Slovenia e Slovacchia e probabilmente anche la Croazia”.

Con tassi alti e strette monetarie il costo del servizio al debito aumenterà per i Paesi dell’area mediterranea e latina. Un rischio per entrambi i governi capofila della fine del giro di vite: Costa vuole portare a compimento un programma politico fondato su aiuti per ridurre le tasse universitarie, incentivare l’edilizia popolare, aiutare i giovani a accedere a mutui e prestiti agevolati e promuovere investimenti in digitalizzazione e tech. Meloni invece vuole espandere il programma economico del governo avviato con la prima manovra, tagliando le tasse al ceto medio, espandendo i sostegni alla flat tax per le partite Iva e sostenendo le pensioni. Entrambi, soprattutto, vogliono agire senza allentare troppo i cordoni della borsa e in quest’ottica il rigorismo della Bce non aiuta, dato che diverte le poche risorse a disposizione verso il servizio al debito e il sostegno a redditi danneggiati dalle svolte su tassi, mutui, costo della vita.

La battaglia è politica e, potremmo dire, financo “filosofica”. I falchi rigoristi sostengono che solo un’incisiva azione sui tassi, prefigurante un ritorno della censura sui bilanci in Europa, può contenere l’inflazione. Le colombe sono favorevoli a una prudenza sui conti pubblici ma non vincolano tutto ciò a una stretta decisa sulla Bce. I dati dell’inflazione in Francia, i più recenti a disposizione, mostrano che la vera causa determinante del calo del costo della vita è l’alleggerimento del fardello energetico sulle economie europee, vera spada di Damocle sulla ripresa del Vecchio Continente.

Convincere Parigi e, in second’ordine, Madrid nella necessità di combattere la battaglia contro il rilancio dei tassi alti sarà vitale per Italia e Portogallo. Che per ora tracciano un solco, non lasciando ai falchi campo libero in maniera indiscussa. Ma non è detto che, in prospettiva, questo basti a portare a uno stop una corsa alla stretta monetaria che rischia di produrre più danni che benefici all’intera Europa riducendo i margini di manovra politici degli Stati con l’aumento degli interessi su debiti già alimentati dalle risposte alle crisi dell’ultimo triennio.

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