L’obiettivo principale è sempre lo stesso: evitare che la Cina possa espandere la propria influenza – economica, politica e militare – nella regione. Poi, però, c’è anche la volontà di non perdere terreno in un’area fondamentale ai fini del mantenimento dell’attuale ordine globale post Guerra Fredda. E ancora, è forte l’esigenza di scongiurare l’esplosione di tensioni destabilizzanti, come un nuovo conflitto coreano o una possibile invasione cinese di Taiwan.
È per tutti questi motivi che gli Stati Uniti hanno intensificato le loro esercitazioni militari in Asia giocando di sponda con gli storici partner locali.
Se il Giappone ha annunciato, con la benedizione di Washington, il suo più grande rafforzamento militare dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, ovvero una strategia di sicurezza dal valore di 320 miliardi di dollari, Corea del Sud e Thailandia sono pronte a rafforzare i legami con l’amministrazione di Joe Biden.
Sottomarini Usa in Corea del Sud
A Seoul il conservatore Yoon Suk Yeol, che in passato ha creato più di un caso diplomatico con l’alleato statunitense, sa bene di non poter fare a meno delle relazioni con gli Stati Uniti. A maggior ragione in un momento in cui la Corea del Nord assomiglia sempre di più ad una scheggia impazzita, e dove non sembrano esserci margini per smarcarsi dal cordone ombelicale militare con gli Usa.
L’ipotesi di dotarsi di armi nucleari proprie, ventilata da Yoon e da altri personaggi politici di spicco, difficilmente verrà concretizzata. Anche perché vorrebbe dire militarizzare il territorio sudcoreano, rischiando una tanto probabile quanto piccata reazione di Pyongyang e pure di Pechino. E allora è lecito supporre che le relazioni militari tra Seoul e Washington si facciano ancora più strette, tra esercitazioni, manovre congiunte e tutela degli interessi reciproci.
A fine febbraio, ad esempio, la 7a flotta statunitense ha annunciato l’arrivo del suo sottomarino ad attacco rapido, lo USS Springfield, presso la base navale della città sudcoreana di Busan, in quella che può essere letta come una apparente dimostrazione di forza rivolta contro Kim Jong Un. “Il sottomarino ad attacco rapido di classe Los Angeles USS Springfield (SSN 761) è entrato nel porto di Busan il 23 febbraio”, ha scritto la flotta su Twitter.
Come ha sottolineato il sito Eurasian Times, questi sottomarini americani sono soliti effettuare scali di routine in Corea del Sud e costituiscono un asset chiave della marina statunitense nell’Indo-Pacifico. Nello specifico, lo USS Springfield è classificato come uno dei mezzi più capaci dell’intera marina americana, e il suo porto di partenza è a Guam.
Nelle ultime settimane, il comando indo-pacifico degli Stati Uniti ha dichiarato che avrebbe mantenuto una stretta cooperazione con le forze sudcoreane alla luce della “recente politica nucleare aggressiva della Corea del Nord e dei progressi nelle capacità nucleari”. In precedenza, e alla luce del blitz effettuato da Pyongyang con alcuni droni alla fine del 2022, Seoul e Washington hanno condotto esercitazioni congiunte proprio per migliorare la prontezza di fronte a minacce del genere.
Il 7 febbraio sono andate in scena manovre presso la base aerea Usa di Kunsan, a Gunsan, 275 chilometri a sud della capitale sudcoreana. In una delle immagini diffuse si poteva vedere un ufficiale dell’aeronautica americana puntare un “drone buster” – e cioè un disturbatore di radiofrequenze che può disabilitare i droni avversari – contro un piccolo UAV nemico.
Al di sopra del 38esimo parallelo, la Corea del Nord ha più volte lanciato sinistri avvertimenti, ribadendo più volte che le esercitazioni congiunte Usa-Corea del Sud sono considerate preparazioni ad un’ipotetica invasione nel Nord.
La maxi esercitazione Cobra Gold: riflettori sul sudest asiatico
Nel sudest asiatico, in Thailandia, nella provincia di Chonubri, è intanto iniziata e procede a pieno regime la maxi esercitazione annuale Cobra Gold. Le protagoniste della scena: le forze armate statunitensi – con il dispiegamento di uomini e mezzi più significativo dell’ultimo decennio – e thailandesi, coadiuvate da decine di altri Paesi.
I numeri di questa edizione sono impressionanti, visto che alle manovre hanno preso parte unità e osservatori da 30 differenti nazioni, mentre il programma ha incluso, per la prima volta, l’addestramento a “disastri spaziali” in grado di compromettere i sistemi di comunicazione satellitari. Scendendo nei dettagli, all’esercitazione Cobra Gold, che andrà avanti fino al 10 marzo, stanno partecipando più di 6mila militari statunitensi e circa 3mila thailandesi. Alla fase principale dell’edizione di quest’anno hanno inoltre partecipato centinaia di militari provenienti da Indonesia, Giappone, Malesia, Singapore e Corea del Sud. Dieci altri Paesi sono stati o saranno coinvolti in un laboratorio sulla pianificazione operativa multinazionale. Altri 10 ancora – tra cui la Germania – assistono nella veste di osservatori.
Ricordiamo che Cobra Gold è l’esercitazione congiunta più longeva nel sudest asiatico. E che, a partire dal 1982, ha fornito un’opportunità a Stati Uniti, Thailandia e una serie di altri partecipanti, di condividere tattiche e manovre militari, oltre all’addestramento all’impiego di nuove tecnologie ed equipaggiamenti.
Sempre a queste latitudini, Washington sta tessendo rapporti con le Filippine, dove le due amministrazioni citate hanno annunciato un accordo che dovrebbe garantire agli Usa di accedere ad altre quattro basi militari in loco, in aggiunta alle cinque dove sono già presenti.
C’è poi da aprire l’enorme parentesi indiana. Come ha scritto The Atlantic, in qualità di potenza emergente dell’Asia, l’India potrebbe fungere da contrappeso cruciale all’influenza cinese, sia nella regione che al di fuori di essa. Abbiamo usato il condizionale, perché il pragmatismo esercitato dal primo ministro indiano Narendra Modi continua ad essere una variabile di complessa definizione.
Quel che è certo è che gli Stati Uniti hanno intenzione di accrescere ulteriormente – o in alcuni casi rivitalizzare – la loro presenza in Asia. Perché qui, sono convinti gli alti funzionari dell’amministrazione Biden, si decideranno le sorti del braccio di ferro tra Usa e Cina.
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