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Sparrows Crew, i neonazisti in guerra contro il Cremlino

Nostalgici del regime politico che ha incarnato sogni e speranze delle ale più oltranziste del razzismo scientifico europeo, ovvero il Terzo Reich. Seguaci della versione russa dell’ideologia del potere bianco, Росси́я для ру́сских, che vorrebbero la Federazione abitata soltanto da popolazioni slave e, possibilmente, di fede ortodossa. E, soprattutto, antiputinisti fino al midollo. Sono i neonazisti della Sparrows Crew.

Le origini

Banda degli sparvieri, ossia Sparrows Crew, è il soprannome dato dalla stampa russa ad un’organizzazione extraparlamentare di estrema destra, dichiarata terroristica nel maggio 2021 dalla Corte Suprema di Russia, il cui nome ufficiale è Movimento Nazionalsocialista Internazionale – Potere Bianco.

Ricostruire la storia e l’organigramma della Sparrows Crew non è semplice. Il nome ufficiale di cui si fregia è stato utilizzato, sin dalla fine degli anni Novanta, da una serie di organizzazioni simili, se non identiche, per finalità e azioni. Una vera e propria struttura, con al vertice uno o più capi riconosciuti, sembra mancare. Persino l’impianto ideologico è scialbo: l’organizzazione non ambisce ad un rovesciamento delle istituzioni propedeutico all’instaurazione di un ordine nazista, ma utilizza il suprematismo bianco come pretesto per consumare crimini d’odio verso i cittadini russi di origine non slava e gli stranieri.

La Banda degli sparvieri irrompe con irruenza nel panorama russo nel 2009, anno del brutale omicidio di un cittadino ghanese, Gwajo Avenga, in quel di San Pietroburgo ad opera di due suoi membri, Valentin Mumdzhiev e Georgy Timofeev, accusati anche di aver ripreso la scena via telefono e di aver caricato il video in rete. L’anno seguente, oltre all’arresto dei suddetti, le autorità avrebbero tradotto in carcere altri passeri nel contesto di una più ampia operazione contro il movimento, sino ad allora semisconosciuto, del quale erano stati ricostruiti alcuni crimini.

L’elenco di crimini

Nel corso del maxi-processo alla Banda degli sparvieri, scaturito dall’omicidio di Gwajo Avenga, e che ha visto alla sbarra dieci imputati, fu fatta luce su alcuni dei crimini d’odio più eclatanti dell’epoca. Decine di omicidi a sfondo razziale, commessi in larga parte a San Pietroburgo tra il 2008 e il 2009, risolti grazie ad un meticoloso lavoro di indagine. Ricorrente l’identikit delle vittime: centroasiatiche, arabe o subsahariane. Ricorrenti i luoghi degli attacchi: stazioni, autobus, sottopassaggi. Ricorrenti le armi utilizzate: coltelli e bombe artigianali.

Più devoti al verbo della violenza fine a se stessa che al Mein Kampf, gli Sparvieri hanno dato fuoco a senzatetto, posto esplosivi nei cestini della spazzatura e commesso atti sacrileghi ai danni di luoghi di culto cristiani nel corso della loro storia. Il suprematismo bianco come scusante per picchiare, accoltellare e a volte uccidere persone sulla base della loro carnagione. Il nazismo come pretesto per compiere atti cristofobici, incluso il rogo di icone all’interno di chiese. E un serpeggiante sentimento antisistema, esploso con forza all’indomani di Euromaidan, che negli anni è divenuto il motivo conduttore di attentati contro obiettivi governativi e militari.

Accusato di aver galvanizzato ondate migratorie di popoli né slavi né cristiani all’interno della Federazione russa – nonostante la scarsa simpatia nutrita per il cristianesimo –, il Cremlino è gradualmente entrato nel mirino della Banda degli sparvieri. Il 2014 è stato l’anno della svolta: conclusione del maxiprocesso alla Banda e acme di Euromaidan, coincidente con l’inizio della guerra in Ucraina orientale. Facendo sponda con le e su suggerimento delle controparti ucraine, secondo le evidenze raccolte dai servizi segreti russi, la Banda degli sparvieri avrebbe spostato attenzione e risorse dalla violenza xenofobica al terrorismo ansistema.

In guerra contro il Cremlino

In contatto con lo Sbu, uno dei due servizi segreti dell’Ucraina, la Banda degli sparvieri si è trasformata in una quinta colonna in guerra aperta contro il governo allo scoppio della cosiddetta operazione militare speciale. Tra sabotaggi, trame terroristiche e attentati, sia contro individui sia contro edifici, il movimento ha ottenuto la fama di bestia nera del Cremlino.

La banda degli sparvieri ha figurato tra i protagonisti della campagna di roghi dolosi e attentati dinamitardi contro i centri di reclutamento, iniziata all’indomani dell’avvio della mobilitazione parziale, ma è per un evento accaduto qualche mese prima della chiamata alle armi, il 25 aprile, che è stata illuminata dalle luci dei riflettori: il presunto complotto ai danni del giornalista Vladimir Solovyov.

Solovyov, uno dei grandi, più noti e controversi sostenitori dell’invasione militare dell’Ucraina, sarebbe finito nel mirino dello Sbu, che, secondo quanto emerso da un’indagine targata Fsb, avrebbe delegato alla Banda degli sparvieri il suo omicidio. Nel corso dell’operazione che ha impedito ai neonazisti di consumare l’assassinio su commissione, durante la quale sono state tratte in arresto sei persone, è stato scoperto e confiscato un piccolo ma letale arsenale: bombe artigianali, pistole, granate. Una messiscena secondo gli scettici, la prova di un’alleanza con Kiev per il Cremlino; il caso è aperto.

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