Le accuse e la polemica
Redazione — 29 Gennaio 2023
Eugenio Albamonte è il capo della corrente della magistratura che si chiama “Area”. Che raduna quel gruppo di magistrati chiamati nel gergo comune le toghe rosse (a me, per la verità, personalmente, non sono mai sembrate rosse…), ed è stato anche capo dell’Anm (il partito dei Pm che dispone di ampia rappresentanza in Parlamento sia nel gruppo dei 5 Stelle sia in vari altri gruppi). Ieri ha polemizzato con il ministro Nordio a proposito delle riforme necessarie alla Giustizia. La differenza di opinioni tra il ministro e il partito dei Pm è nota.
Nordio ha in varie occasioni dichiarato che è necessario ristabilire in Italia lo Stato di diritto, che in questi ultimi trent’anni è stato demolito dai governi e dalla magistratura (anche se fin qui le sue buone intenzioni sono rimaste pure intenzioni…). Mentre il partito dei Pm ritiene che per salvare la giustizia non si debba neppure sfiorare l’assetto di potere attuale perché ogni modifica di questo assetto ridurrebbe comunque lo strapotere delle Procure, e il partito dei Pm ritiene che solo un grande potere delle Procure possa garantire un livello ragionevole di giustizia.
Perciò ieri il dottor Albamonte (Pm a Roma) ha contestato a Nordio l’eccessiva loquacità – in un comunicato ufficiale – imponendogli 10 giorni di silenzio, e subito dopo gli ha intimato di presentare al partito dei Pm una proposta scritta di riforma, garantendo che il partito dei Pm la esaminerà senza pregiudizi. Ora, ferma restando l’idea che forse alle volte i Pm non conoscano benissimo la struttura democratica e la Costituzione del paese nel quale vivono, ci permettiamo di fare due osservazioni, che potrebbero essere utili.
1) I ministri hanno il diritto di parlare, e di rivolgersi ai cittadini per spiegare cosa stanno facendo, cosa vorranno fare, perché, con quale scopo, con quali mezzi. Chiedere loro di fare silenzio ha pochissimo a che fare con qualsiasi idea di democrazia. Chi, piuttosto, in un regime di Stato di diritto pieno, farebbe bene a tacere, sono i magistrati, i quali dovrebbero evitare di occuparsi di politica e di sovrapporsi al potere rappresentativo e a quello esecutivo.
2) Il ministro si è detto orientato a consultare gli avvocati, l’accademia e i magistrati, prima di presentare le sue proposte di riforma al Parlamento. Tuttavia le proposte le deve presentare al Parlamento, non al partito dei Pm. Le leggi, in Italia – al momento – le scrive e le approva il Consiglio dei ministri e poi passano alle Camere. I magistrati invece sono delegati a fare indagini, a farle bene, ad accusare e a giudicare. Per assegnare ai Pm il compito di varare le leggi occurre una riforma costituzionale.
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