Il Giappone sta acquistando petrolio russo a prezzi superiori al tetto dei 60 dollari a barile, stabilito dal price cap proposto dagli Stati Uniti e dai loro partner occidentali nel tentativo di indebolire il sistema economico della Russia. Tokyo, uno dei più stretti partner di Washington in Asia, in seguito al via libero americano, ha così “rotto” il tacito accordo, creando un potenziale e pericoloso precedente.
Il Wall Street Journal, che ha riportato la notizia, ha scritto che il governo giapponese ha convinto gli Usa a superare il suddetto limite per scongiurare il rischio di perdere l’accesso all’energia russa, fondamentale per il sostentamento del sistema nipponico.
Detto altrimenti, la concessione giapponese mostra la dipendenza del Giappone dalla Russia per quanto riguarda i combustibili fossili. Una dipendenza che, a detta di vari analisti, avrebbe anche contribuito a frenare il pieno e immediato sostegno di Tokyo all’indirizzo dell’Ucraina.
Non è probabilmente un caso che, in virtù di questo delicatissimo equilibrio da mantenere, il premier giapponese Fumio Kishida sia stato l’ultimo leader del G7, in ordine cronologico, ad aver visitato Kiev. E non è forse neppure un caso che il Giappone sia l’unica nazione del Gruppo dei Sette a non fornire armi letali all’esercito ucraino.
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La mossa del Giappone
Come se non bastasse, mentre molti Paesi europei hanno ridotto la loro dipendenza dalle forniture energetiche del Cremlino, nel corso dell’ultimo anno il Giappone ha intensificato i suoi acquisti di gas naturale russo.
Certo è che Tokyo ha espresso chiaramente la propria posizione condannando Mosca e imponendole sanzioni economiche. In più, Kishida ha ricordato che il vertice del G7 in programma il prossimo maggio nella sua città natale di Hiroshima dimostrerà ulteriore solidarietà all’Ucraina. Tokyo ha inoltre ribadito di essere impegnata a sostenere Kiev ma di non poter inviare armi a causa delle restrizioni, di lunga data, all’esportazione di tali prodotti.
Nonostante questo, gli acquisti di petrolio russo, sebbene esigui e autorizzati dagli Stati Uniti, rappresentano una rottura nell’unità degli sforzi guidati dalla Casa Bianca nel tentativo di imporre un limite globale di 60 dollari a barile sugli acquisti di greggio proveniente dalla Russia.
È importante sottolineare che le importazioni russe di gas naturale in Giappone sono relativamente piccole, rappresentando circa un decimo dell’offerta di Tokyo e una frazione della produzione di Mosca. La maggior parte di ciò che la Russia esporta nel territorio giapponese proviene dal progetto Sakhalin-2, situato nell’estremo oriente russo.
Sicurezza energetica e price cap
Le nazioni del G7, dell’Unione europea e l’Australia hanno concordato un prezzo massimo di 60 dollari al barile sul greggio russo trasportato via mare per ridurre le entrate della Russia dalla vendita di petrolio, prevenendo al contempo un aumento dei prezzi globali dell’oro nero. L’anno scorso, era stata concessa un’eccezione, con un limite fino al 30 settembre, per il petrolio acquistato dal Giappone dal richiamato progetto Sakhalin-2.
Al contrario, la Germania, che faceva affidamento sulla Russia per il 55% delle sue importazioni di gas naturale prima della guerra, ha tagliato completamente l’import di risorse energetiche russe, rimodellando le proprie infrastrutture di importazione.
Non mancano quindi le prime polemiche. “Non è che il Giappone non possa farne a meno (delle risorse energetiche russe ndr). Può farlo ma semplicemente non vuole”, ha detto al WSJ James Brown, professore al campus giapponese della Temple University. Il prof. Brown, che studia le relazioni tra Russia e Giappone, ha affermato che il Giappone dovrebbe ritirarsi dai progetti Sakhalin alla fine “se è davvero serio nel sostenere l’Ucraina”.
Nei primi due mesi di quest’anno, il Giappone ha acquistato circa 748.000 barili di petrolio russo per un totale di 6,9 miliardi di yen, secondo le statistiche commerciali ufficiali. Al tasso di cambio attuale, ciò si traduce in 52 milioni di dollari, o poco meno di 70 dollari al barile. La Russia esporta milioni di barili di petrolio al giorno, rendendo gli acquisti del Giappone una quota minuscola della produzione russa totale.
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