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Il confronto militare-tecnologico Usa-Cina: dove domina Pechino

“La nostra ricerca rivela che la Cina ha costruito le basi per posizionarsi come la principale superpotenza scientifica e tecnologica del mondo, stabilendo un vantaggio a volte sbalorditivo nella ricerca ad alto impatto nella maggior parte dei settori tecnologici critici ed emergenti”. L’Australian Strategic Policy Institute, meglio noto come ASPI, ha appena rilasciato il Critical Technology Tracker, un rapporto che potrebbe certificare una sorta di Grande Balzo in Avanti tecnologico della Cina (clicca qui per leggere il rapporto completo).

Non bastasse il presunto vantaggio cinese in settori altamente strategici ad allarmare l’Occidente, c’è da considerare un aspetto niente affatto secondario: il fatto che Pechino può tranquillamente impiegare molte delle voci tecnologiche elencate in chiave militare. E, date le crescenti tensioni internazionali, la prospettiva non può certo non impensierire Washington e la Nato, che considerano la Repubblica Popolare Cinese un rivale sistemico.

Leggendo il report e consultadone i dati ci troviamo di fronte ad uno scenario che pochi avrebbero preventivato. I ricercatori cinesi sovrasterebbero le loro controparti americane nello studio di dozzine di tecnologie critiche, mentre la Cina stessa avrebbe il dominio assoluto in alcune attività scientifiche e sarebbe pronta a sviluppare importanti scoperte future. Nonostante l’autorevolezza dell’ASPI, abbiamo usato il condizionale perché la fonte di queste ipotesi è pur sempre un rapporto che poi dovrà essere confermato sul campo e dai fatti.

Le premesse non sono tuttavia tranquillizzanti, visto che i cinesi dominerebbero in 37 delle 44 voci passate in rassegna da ASPI. Voci che comprendono energia, intelligenza artificiale, biotecnologia, spazio, materiali avanzati e difesa.

Il rischio più grande è che la Cina possa trasformare il suo vantaggio – vero o presunto – in un autentico monopolio, compromettendo così nel lungo periodo lo sviluppo economico, tecnologico e pure militare del blocco occidentale. Non è un caso che il documento sottolinei come tutto questo dovrebbe essere considerato alla stregua di un fortissimo “campanello d’allarme” da ascoltare con la massima attenzione.

I settori dominati dalla Cina

Il problema principale è che, di questo passo, le democrazie occidentali rischiano di perdere la competizione tecnologica globale, la corsa alle scoperte scientifiche e accademiche, nonché la capacità di trattenere i talenti. Stiamo parlando di ingredienti cruciali, che sono alla base dello sviluppo e del controllo delle tecnologie più importanti del mondo. “A lungo termine, la posizione di leader nella ricerca della Cina significa che si è imposta per eccellere, non solo nell’attuale sviluppo tecnologico di quasi tutti i settori, ma anche nelle tecnologie future che ancora non esistono”, ha ammonito ASPI nelle sue conclusioni.

Nessun’altra nazione è vicina alla Cina e agli Stati Uniti nella corsa alla ricerca, secondo il think tank con sede a Canberra e finanziato principalmente dal governo australiano. L’India e il Regno Unito sono alle spalle di Washington e Pechino nella maggior parte dei settori, seguiti da Corea del Sud e Germania.

Il report afferma inoltre che l’interesse e le prestazioni della Cina nella ricerca nei settori militare e spaziale sono particolarmente notevoli. Anche nel campo dell’ipersonico, dove il Dragone ha testato lo scorso anno la tecnologia di un missile avanzato che ha sembrato sorprendere persino gli analisti statunitensi.

Si evince, poi, che gli analisti cinesi hanno generato oltre il 48% dei documenti di ricerca ad alto impatto sui motori aeronautici avanzati, incluso di nuovo l’ipersonico, e che la Cina ospita sette dei primi 10 istituti di ricerca del mondo focalizzati su tale studio. Uno di loro, l’Accademia cinese delle scienze di Pechino, è al primo o al secondo posto nella maggior parte dei settori classificati.

Ma non è finita qui, perché il Critical Technology Tracker mostra anche che, per alcune tecnologie, tutti i 10 principali istituti di ricerca del mondo hanno sede in Cina e stanno generando un numero complessivo di documenti di ricerca nove volte superiori rispetto al Paese posizionato al secondo posto della classifica (il più delle volte gli Stati Uniti). In particolare, la citata Accademia cinese delle scienze si colloca al top (spesso prima o seconda) in molte delle 44 tecnologie incluse.

Si fa riferimento, per inciso, a minuscoli materiali e rivestimenti su scala nanometrica che possono conferire ai prodotti fabbricati nuove proprietà; alle comunicazioni avanzate come il 5G; alle tecnologie relative alle batterie necessarie per le macchine come i veicoli elettrici; alla biologia che può essere prodotta sinteticamente per aumentare la produzione alimentare; e ai sensori fotonici che offrono nuovi modi per manipolare la luce.

Nella sezione ASPI denominata Difesa, spazio, robotica e trasporti, la Cina domina i settori dedicati ai “motori aeronautici avanzati, inclusi gli Ipersonici (rischio di controllo del monopolio tecnologico: “medio”)”, “droni, sciami (di droni ndr) e robot collaborativi (rischio “medio”)”, “tecnologia di funzionamento dei sistemi autonomi” e “Robotica avanzata” (per entrambi rischio “basso”). Gli Stati Uniti, al contrario, mantengono la leadership alla voce “Small Satellites” e “Sistemi di lancio nello spazio” (per entrambi rischio “basso”).

La ricetta e gli obiettivi di Xi Jinping

I risultati ottenuti dalla Cina sono l’ultimo segnale che evidenzia come Pechino sta raccogliendo i risultati di uno sforzo incessante – prodotto di una pianificazione politica a lungo termine – messo in atto per superare gli Stati Uniti nei settori tecnologici più sensibili. Uno sforzo, per altro, che il leader cinese Xi Jinping ha accelerato durante il suo decennio di presidenza.

La riprova più eclatante di quanto appena detto risale allo scorso ottobre quando, in occasione del XX Congresso del Partito Comunista Cinese, la parola “ricerca” è apparsa oltre dieci volte in un importante discorso politico pronunciato da Xi, che ha quindi promesso maggiori finanziamenti per lo sviluppo di tecnologie avanzate e condizioni di lavoro per i ricercatori.

Stando ai numeri dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale, un’agenzia delle Nazioni Unite, la Cina ha superato per la prima volta gli Stati Uniti nelle domande di brevetto annuali nel 2011. Dieci anni più tardi il computo complessivo dei brevetti cinesi arrivava a 1,58 milioni, raddoppiando il traguardo raggiunto dagli accademici statunitensi. Un altro numero emblematico: sempre più scienziati nati in Cina e formati negli Stati Uniti stanno facendo ritorno in patria. Per il Wall Street Journal oltre 1.400 accademici e ricercatori cinesi hanno abbandonato i loro ruoli a Washington e dintorni per lavorare oltre la Muraglia solo nel 2021.

Come detto, i risultati del report ASPI mostrano sì che la Cina sta costruendo, passo dopo passo, un sostanziale vantaggio tecnologico sui governi occidentali. Allo stesso tempo nel report si fa però presente che è difficile trasformare le scoperte della ricerca in successo produttivo. A titolo esemplificativo, nonostante le ampie prove che dimostrano come la Cina abbia speso molto per padroneggiare i motori a reazione, e di come gli ingegneri cinesi abbiano lottato per decenni per produrli, i suoi settori dell’aviazione commerciale e militare si affidano principalmente a fornitori stranieri.

Il suono degli allarmi però è sempre più forte e sarebbe un errore ignorarlo. Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, intanto, è preoccupato per la dipendenza dalla Cina per alcune tecnologie utilizzate dagli appaltatori e per la fusione delle industrie militari e civili di Pechino. Il gigante asiatico, infatti, potrebbe presto concretizzare il vantaggio accumulato e produrre tecnologia a duplice uso. E cioè, prodotti e articoli con applicazioni tanto commerciali quanto militari.  

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