Mosca accoglie una delegazione di Hamas, Israele accorda la possibilità di vendere sistemi di guerra elettronica contro i droni iraniani usati dalla Russia in Ucraina. Qualcosa si muove, mentre il gruppo palestinese rivendica il suo peso tra le potenze e annuncia un’altra visita importante. Destinazione Cina?
In un’intervista pubblicata sul sito web di Hamas, Saleh al-Arouri, vice capo dell’ufficio politico dell’organizzazione politico-militare palestinese, ha dichiarato che i leader del partito si sono recati in Russia e hanno incontrato il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, aggiungendo che la visita riflette il peso di Hamas tra le principali potenze globali.
Prossima tappa (E se fosse Pechino?)
Arouri ha messo ulteriore pepe, annunciando che potrebbe esserci un altro viaggio internazionale di Hamas “nelle prossime settimane”. Quale sarà la destinazione non è chiaro, ma sarebbe notevolissimo se fosse Pechino, perché per Israele – che combatte militarmente Hamas e ha isolato la Striscia di Gaza da quando l’organizzazione ne ha preso il controllo – sarebbe piuttosto importante.
Pechino è stata infatti il palcoscenico diplomatico dell’accordo storico tra Iran e Arabia Saudita. Un’intesa di massima rilevanza per Gerusalemme, che sta cercando di cucire una trama per normalizzare i rapporti con Riad, mentre tiene una linea guerresca nei confronti di Teheran.
Arouri non ha specificato quando si è svolta la visita a Mosca, dicendo solo che è avvenuta “di recente”. La tappa a Pechino è qui citata in modo puramente speculativo: non ci sono informazioni a proposito, solo quel cenno fatto da Arouri a proposito delle “potenze globali”. Sebbene non sarebbe del tutto sorprendente, visto che la Cina sembra voler iniziare a farsi coinvolgere all’interno di dossier internazionali. Chiaramente, un suo inserimento nella questione israelo-palestinese sarebbe molto più complesso rispetto a quello nel dossier iraniano-saudita, visto che la gran parte del lavoro in questo secondo caso era stato a fatto da iracheni e omanita, assistiti da funzionari occidentali, in dialoghi che durano da oltre due anni.
Propaganda e interessi
Hamas ha interessi a farsi coprire le spalle da potenze internazionali come la Russia. Contemporaneamente Mosca cerca di aver peso su dossier sensibili mentre continua a combattere in Ucraina. In questo caso, ospitare Hamas può avere un triplice senso. Innanzitutto si mostra propositiva, ascoltando le opposizioni palestinesi, mentre in Israele si infuoca il confronto. La Russia ha cercato di aumentare il suo ruolo nel dossier di riconciliazione palestinese, con alcuni palestinesi che sperano che possa rompere il monopolio statunitense sul fascicolo, in stallo da oltre un decennio (anche in questo la Cina potrebbe avere i suoi interessi, infilandosi nella narrazione strategica del “vero multilateralismo” con cui spinge attività politiche come la Global Security Initiative).
Allo stesso tempo prova a mandare a Israele un messaggio dal doppio valore. La Russia vuole inviare il segnale di essere in grado di parlare con i nemici dello stato ebraico e questo può essere utile a Gerusalemme tanto quanto diventare una leva. Da tempo si parla della richiesta inviata a Kiev per ottenere sistemi di difesa aerea israeliana. Difficilmente il governo Netanyahu darà risposta positiva, anche perché teme di avere problemi per le operazioni anti-iraniane a cavallo del confine siriano – dove i cieli sono controllati dalla Russia. Mosca, ospitando Hamas, si dà un’ulteriore garanzia, perchè qualcosa inizia a muoversi nel concreto.
Come vede la guerra Israele?
Israele ha mantenuto una posizione cauta nella guerra, ma la recente visita a Kiev del ministro degli Esteri israeliano, Eli Cohen, si è portata dietro con sé un piccolo cambiamento, poiché Israele è sempre più preoccupato per la cooperazione militare tra Mosca e Teheran e per l’uso di droni iraniani in Ucraina. Tutto si lega, perché gli israeliani temono che il test operativo sul suolo ucraino possa fornire informazioni ai tecnici iraniani per aumentare l’efficienza dei mezzi – e il timore è che poi questi possano venire impiegati contro lo stato ebraico (per altro in forma migliorata).
Per tale ragione – e per non restare indietro sull’allineamento occidentale di assistenza a Kiev – Israele ha recentemente approvato le licenze di esportazione per la possibile vendita di sistemi jamming anti-drone che potrebbero aiutare l’Ucraina a contrastare i velivoli senza pilota iraniani utilizzati dalla Russia.
È la prima volta, da quando Mosca ha invaso l’Ucraina più di un anno fa, che Israele approva licenze di esportazione per la difesa per possibili vendite di armi all’Ucraina, spiega il giornalista di Axios Barak Ravid che ha sempre informazioni molto accurate.
Cosa c’è in ballo
L’approvazione delle licenze di esportazione da parte del ministero della Difesa e degli Esteri Eli Cohen sarebbe arrivata a metà febbraio, mentre Israele stava conducendo una revisione della sua politica nei confronti della guerra ordinata dal primo ministro Benjamin Netanyahu. La revisione è stata completata ma non sono state prese nuove decisioni, secondo i funzionari israeliani sentiti da Ravid. Almeno per ora.
Cohen avrebbe comunicato l’approvazione al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, durante il suo viaggio a Kiev il 15 febbraio. Le licenze sono state approvate per due società israeliane, Elbit e Rafael, che sviluppano sistemi anti-drone. A quanto pare una delegazione del ministero della Difesa ucraino avrebbe anche visitato Israele di recente per ricevere una presentazione dei sistemi anti-drone. Non è stato ancora firmato alcun accordo, però.
I sistemi che Israele ha proposto all’Ucraina utilizzano la guerra elettronica per disturbare e abbattere i droni. Hanno una portata di circa 30 chilometri e possono essere posizionati vicino a centrali elettriche o altri siti critici per proteggerli. Sono questi gli obiettivi civili che vengono presi di mira dai droni kamikaze iraniani lanciati dai russi.
Cosa chiede Kiev
Il punto è che gli ucraini vorrebbero qualcosa di più. I jammer aggiungerebbero non troppo alla panoplia difensiva di Kiev, se si considera che tra il 75 e il 90% dei droni usati dalla Russia sono stati intercettati e abbattuti prima di arrecare danni. Questo perché i velivoli iraniani, soprattutto gli Shahed-136, sono piuttosto rudimentali, e diventano efficaci quando sono lanciati in stormi con l’obiettivo di saturare i sistemi di difesa aerei. In sostanza, lanciarne diverse decine per mandarne a bersaglio qualche unità.
“Quello che ci serve davvero è un sistema difensivo contro i missili balistici”, ha detto un funzionario ucraino a Ravid. Israele però per il momento non intende accordare certe forniture, perché teme che possano essere viste come eccessivamente ostili dalla Russia e alterare gli equilibri sul dossier siro-iraniano. Inoltre gli israeliani potrebbero voler testare sul suolo ucraino l’efficacia dei jammer nell’intercettare i droni iraniani, ottenendo anche informazioni utili per il proprio interesse nazionale.